Puch? Sì, Bravo. Ciao. Gli americani e i moped

Puch? Sì, Bravo. Ciao. Gli americani e i moped

In California c’è una città che è la meno americana di tutte. Per una serie di motivi. Per le piazze, per le stradine, per la quantità di italiani che ci vive. E per i motorini che si vedono in giro. Occhio, ho detto motorini, non scooter. Perché San Francisco è dove vivono le Creatures of the Loin (che letteralmente sarebbero ‘Le creature del Tenderloin’, che è un quartiere di dubbia fama. Ma in realtà se le chiami bestie di Satana non sbagli). In una terra di motori di 5000cc V8 e di macchine che fanno rumori da motoscafo se vuoi essere originale non ti resta che il downsize, una riduzione drastica, estrema. Ecco come si spiega il fenomeno dei moped (i ciclomotori qui si chiamano così). Quindi se in Valencia Street, a metà tra i Navigli milanesi e il Trastevere romano, vedi un hipsterino tutto fighetto, be’ stai sicuro che quello lì guida come minimo un Ciao (o un Sì o un Puch). E che il weekend di solito va a Reno, in Nevada, che è una specie di Las Vegas in miniatura. A far cosa? Gare di velocità uso dragster, quelle pronti via, a chi arriva prima là in fondo. Già perché in quello Stato la polizia chiude più di un occhio se si gira su roba truccata. O senza casco. O se metti insieme tutte queste cose e ti lanci al massimo su una strada aperta al traffico, magari dopo aver rubato i coni dei lavori in corso per fare il traguardo.

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SENZA ETÀ. “Il Ciao ha un telaio fantastico”, sostiene Johnny che di professione trucca ciclomotori. “Puoi mettere l’aspirazione lamellare, un carburatore maggiorato e superare le 60 miglia orarie (100 km/h) in tutta tranquillità…”. Non c’è niente da ridere, siamo stati tutti Johnny. Da ragazzi. Ma Johnny ha 38 anni. E pistola motorini per gente che ne ha 60. Come Peter. “In pista non ci posso più andare, se cado adesso me lo ricordo per tutta la vita… Ma col motorino al massimo posso solo anticipare i tempi della dentiera”. Quando si dice pragmatismo americano. E così, il venerdì sera, si ritrovano l’uno nel garage dell’altro per aiutarsi a caricare i moped sul Blazer di turno e partire alla volta di Reno, sconosciuta capitale mondiale dei motorini truccati. La classifica ideale del mopedista mette il Ciao al primo posto (che negli USA quei geni del marketing avevano chiamato Vespa Ciao, Piaggio di là dell’oceano non dice niente…), poi c’è il Puck (anni ’60, col telaio stampato, ma meglio quello successivo che era un ‘tubone’), il Peugeot 103 (in America piace perché è francese e cromato). Seguono l’Honda Hobbit e il Sachs che si comprano giusto per l’affidabilità. Rarissimo l’Indian (proprio quella Indian là che, conoscendo i suoi polli, l’aveva fatto quattro tempi) che non grippa mai, ma fa velocità podistiche.

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UNA RARITÀ. Le creature del Tenderloin si aggirano nel sottobosco di meccanici e ricambisti sempre alla ricerca di nuovi moped da cannibalizzare. Dave fa notare “che in realtà non costano tanto. Ma pensa che quando ho chiesto di assicurare il mio mi hanno detto che non assicurano motoseghe… I cinquantini da noi sono come gli UFO. Cose mai viste. Il problema insomma non è comprarli, ma trovarli” e Johnny, il solito meccanico, rincara la dose “…una volta venivano venduti nei grandi magazzini come le lavatrici. La gente li portava a casa, e quando finiva la miscela che c’era dentro ci mettevano la benzina. E grippavano. Per questo quelli che si trovano abbandonati nei garage hanno tutti 10 miglia…”.

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