
Best Lap: cala il sipario sulla Honda Civic Type R
Diamine, si allunga ancora la lista delle “vittime illustri” del delirio ecologista che sta rischiando di mandare in pezzi il mondo dell’auto. A fine anno, per evitare pesanti multe sulle emissioni inquinanti, la Honda toglierà dai listini europei la Civic Type R.
PER L’ITALIA NE RESTANO 99. Un’altra compatta sportiva che se ne va ed è un addio amaro, sia per il costruttore sia per gli appassionati. Ma se addio dev’essere, che sia memorabile. Di quelli in grado di lasciare il segno e coronare come si deve quasi 25 anni di “belve” a trazione anteriore capaci di catturare i cuori di tanti automobilisti europei amanti delle sportive giapponesi. Così ha pensato la filiale italiana della Honda, che per le ultime 99 auto destinate al nostro paese dalla linea accessori ha pescato il Carbon pack che prima offriva come optional a poco meno di 4.500 euro.
UN BEL TOCCO DI CARBONIO A VISTA. Alettone, tunnel tra i sedili e battitacco in fibra di carbonio, più un portachiavi e una targhetta celebrativa con su scritto Best Lap, ossia il nome di quest’ultima serie speciale italiana, che costa 63.900 euro (4.000 in più della Type R “standard” appena uscita dal listino). Per il resto, la Honda Civic Type R rimane quella che conosciamo dal 2022, con il suo bel 2.0 VTEC turbo da 329 CV e una messa a punto double-face che le consente di sfrecciare sul filo dei 270 orari e di scarrozzare comodamente (sospensioni rigide a parte…) quattro adulti sulle strade di tutti i giorni con la stessa disinvoltura.
IN PISTA SI SENTE A CASA. Non c’era d’altronde bisogno di chissà quale colpo a effetto, per rendere speciale un’auto di per sé speciale, e che oggi rappresenta uno degli ultimi baluardi del piacere di guida, quello vero, senza dover valicare i confini della realtà e avventurarsi con la fantasia nel paradiso bello e impossibile delle supercar a cinque o sei zeri. E allora casco in testa e via, per l’ultimo giro di valzer tra i cordoli dell’autodromo di Modena: due chilometri e una manciata di metri, undici curve e un paio di rettilinei troppo brevi per riuscire ad “appoggiare” la quinta, ma lunghi abbastanza per accarezzare i 170 orari. Quarta piena, piede a tavoletta sul freno, terza, seconda, e poi di nuovo sull’acceleratore, con lo sguardo fisso sulla porzione d’asfalto successiva, da aggredire col fiato sospeso fino a 6.500 giri, quando il binomio tra il VTEC e il turbo giunge al culmine e, nel cruscotto, l’ultimo pallino luminoso indica che è arrivato il momento di staccare la mano destra dal volante e cambiare marcia.
EMOZIONI A NON FINIRE. E che piacere, che gusto farlo, con quella pedaliera e quel pomello del cambio in alluminio a vista che in pratica rendono il punta-tacco un obbligo morale. Cambi manuali così, oggi, sono merce rara, ma è tutta l’esperienza di guida, dall’equilibrio dell’assetto nelle staccate più violente e nei cambi di direzione più rapidi, all’allungo poderoso del quattro cilindri, a disegnare sul viso un sorriso grosso come una casa. Addio, Civic Type R, o meglio, arrivederci. Perché certi miti non finiscono mai…