Goodwood Revival 2025: in pista e fuori, che show!
La pista? “Incredibile, ma complicata”. L’auto? “Non è facile… ti devi dare da fare”. Jacques Villeneuve è figlio d’arte (a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, con la sua guida spericolata, papà Gilles è entrato per sempre nel cuore dei tifosi della Ferrari), corre da quando ha tredici anni e nel 1997 si è laureato campione del mondo di Formula 1, ma il circuito di Goowdood, coi suoi insidiosi falsipiani e le sue temibili curve a doppio apice, non fa sconti a nessuno.
CAMPIONI E AUTO LEGGENDARIE. Per il canadese classe ’71, chiamato a “domare”, sotto una pioggia insistente interrotta solo a tratti da timidi sprazzi di sole, una feroce Shelby Cobra del 1964, il primo Goodwood Revival da pilota è stato un battesimo di fuoco. Certamente aveva un’idea più chiara di cosa l’avrebbe atteso Jenson Button, che il Mondiale di Formula 1 l’ha vinto nel 2009 e, di questa stravagante e pittoresca “tre giorni” inglese che catapulta piloti, meccanici e spettatori nell’epoca romantica delle corse, è ormai un habitué: nel Freddie March Memorial Trophy che venerdì, al calar del sole, inaugura il fitto weekend di gare, con una Jaguar C-Type del ’52 ha assaporato in coppia con Alex Buncombe quella vittoria che due anni fa gli era sfuggita per un guasto meccanico, rifilando più di un minuto agli inseguitori più vicini.
CAVALLI (IMBIZZARRITI) À GOGO. Insieme al pilota inglese c’era anche il figlioletto Hendrix di sei anni, ai nastri di partenza con la sua azzurra Austin J40 a pedali per la Settrington Cup, gara riservata alle automobiline dei più piccoli in cui vince chi pedala più veloce, e non chi ha più cavalli sotto il cofano. I cavalli contano eccome, invece, nelle gare dei “grandi”, anche se, con macchine tanto emozionanti quanto imprevedibili nella guida al limite, ancor di più conta saperli tenere a bada. E per chiunque abbia cullato il sogno di diventare un pilota, e appoggiato alle ringhiere della pista darebbe di tutto per essere al posto loro, non ha prezzo osservare i campioni “giocare” con il volante e il pedale dell’acceleratore in cerca di quel pizzico di grip che fa la differenza tra rimanere dentro il nastro d’asfalto e scivolare fuori pista.
UNA TRENTINA DI BOLIDI… E CINQUANTA PECORE. Dal 1998 il cuore pulsante del Goodwood Revival sono le corse, ma le attrazioni, dai negozi in stile vintage ai box aperti a tutti in cui i meccanici, con tute e attrezzi d’epoca, si prendono cura delle auto dopo le “battaglie” in pista, non si contano sulle dita di due mani. Per non parlare dei tributi alle leggende dell’automobilismo: quest’anno i riflettori erano puntati sull’Alfa Romeo e su Jim Clark, ed è stato bello veder sfilare in parata le auto che hanno contribuito a creare il mito del Biscione nelle corse e quelle guidate dallo “scozzese volante”, dalla Porsche 356 con cui nel 1957 ottenne la sua prima vittoria assoluta alle Lotus con cui vinse il Mondiale di Formula 1 nel ’63 e nel ’65. E se il sovrapporsi dei rombi dei motori è stato un concerto da pelle d’oca, per i più appassionati, a rubare la scena è stata l’invasione di pista di una cinquantina di pecore. Una spiritosa trovata per ricordare le origini della famiglia di quel ragazzo di campagna che, con un volante tra le mani, correva più veloce di tutti e in pista faceva magie.
Foto: Goodwood Revival, Davide Guglielmin, Alberto Amedeo Isidoro, Rolex