Ford Mustang: che goduria, la Dark Horse
Sono un grande fan della Ford Mustang. Lo sono sempre stato: Soprattutto della prima generazione e delle versioni speciali. Se non avete mai sentito il rumore di una Boss 429 (1969-1970), cercate di rimediare al più presto e diventerete fan anche voi. Tornando al presente, nel 2024 la Mustang compie sessant’anni e festeggia con l’arrivo in Europa della settima generazione, che negli Stati Uniti era stata presentata alla fine del 2022. La Ford ha risparmiato al mercato europeo le versioni con il 2.3 quattro cilindri turbo e si è concentrata sulle 5.0 V8.
LOOK VINTAGE. Così la gamma italiana della Ford Mustang è composta dalla fastback e dalla convertible, entrambe in allestimento GT, a cui si aggiunge la Dark Horse, più estrema e solo con il tetto in lamiera. È lei che abbiamo provato, ma prima di raccontarvela, un piccolo cenno allo stile, che è diventato più fedele a quello degli anni Sessanta: dalle nervature sul cofano alle possenti spalle, passando per la forma dei fari e per le proporzioni del corpo vettura; insomma, basta un’occhiata per riconoscerla.
L’URLO DEL COYOTE. All’interno il doppio display digitale – cruscotto di 12,4” e infotainment di 13,2” – domina la plancia. Il sistema multimediale funziona bene, ma è fin troppo tecnologico per un’auto che deve la sua fama ai tanti muscoli della sua carrozzeria e alla sua guida verace, vecchia scuola. Quindi non parlerò delle sue mirabolanti capacità, ma mi concentrerò sul motore, uno dei pochissimi V8 senza turbo rimasti sul mercato. Il 5.0 della famiglia Coyote è stato aggiornato e declinato in due versioni, una da 446 CV e una da 453 CV. La seconda è quella montata sulla Dark Horse ed è progettata per avere il “fiato” lungo anche quando il gioco si fa duro in pista.
MENO CAVALLI (MA VA BENE COSÌ). Tra le due unità cambiano alcuni componenti interni, a partire dall’albero motore, e vale la pena sottolineare che sul mercato americano gli stessi V8 erogano rispettivamente 486 CV e 500 CV. Da noi la potenza scende a causa delle normative antinquinamento (nello specifico, quelle sul filtro anti-particolato). In effetti dando gas si percepisce che il V8 è un po’ frenato nel salire di giri e che potrebbe dare di più, sempre tenendo presente che questa è un’auto da 18 quintali e lunga 4,8 metri. Dimensioni e peso sono sempre ben evidenti nella guida, così come lo sterzo un po’ troppo demoltiplicato, che in curva non è il massimo anche per via della massiccia corona del volante.
TREMEC: UN NOME, UNA GARANZIA. Insomma, la Mustang è sempre molto americana e questo rende poco omogenei gli altri due componenti chiave della versione Dark Horse, ovvero il cambio manuale a sei marce della Tremec (il classico Getrag manuale rischierebbe di andare in escandescenza dopo qualche giro veloce in pista…) e i freni dell’italiana Brembo. Il primo è preciso, ben contrastato e con la corsa corta, mentre il pedale del freno ha un attacco pronto ed è molto consistente. Peccato che lo sterzo sia morbido, poco incisivo e con un bel punto morto centrale; infatti è lo stesso della GT e non è specifico della Dark Horse.
TRA LE CURVE SI FA DARE DEL TU. Ma a parte questo, andare in giro con la Mustang è sempre un piacere e il V8 è il grande protagonista, anche a livello sonoro. Basta aprire le valvole e inizia il concerto. A livello dinamico, invece, la Dark Horse è sincera e comunicativa. Le sospensioni adattive verificano le condizioni della strada mille volte al secondo e modificano l’assetto dell’auto in tempo reale. Così la Mustang è sempre composta, ha pochi trasferimenti di carico e una buona trazione, grazie anche al differenziale posteriore a slittamento limitato. Se in Italia non ci fosse il superbollo, sarebbe anche abbastanza accessibile, visto che i prezzi partono da 58.000 euro per la GT e da 70.000 euro per la Dark Horse. Già, se non ci fosse il superbollo…