In pista con la Lotus Esprit ex Colin Chapman

In pista con la Lotus Esprit ex Colin Chapman

COLIN CHAPMAN PER UN GIORNO. Chiudete per un attimo gli occhi e immaginate d’aver fondato e di guidare una casa automobilistica tra le più rinomate al mondo. Con sette titoli costruttori e sei piloti, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del Novecento le vostre macchine da corsa hanno dominato la Formula 1, contribuendo, con le loro geniali innovazioni, a cambiare per sempre lo sport e l’industria delle quattro ruote. Siete inglesi, avete un sorriso da Oscar, un bel paio di baffi brizzolati e lavorate a Hethel, un minuscolo villaggio sperduto nel verde tra gli alberi secolari della contea di Norfolk. Se di motori un po’ ve n’intendete, non vi servirà Akinator, il genio del web, per capire che il personaggio famoso di cui stiamo parlando è Anthony Colin Bruce Chapman, lo storico patron della Lotus.

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CON LA SUA ULTIMA AUTO AZIENDALE. Ora, non aprite ancora gli occhi e immaginatevi l’auto con cui ogni giorno, per un anno abbondante, avete affrontato – presumibilmente alzando pochissime volte il piede dall’acceleratore… – il tragitto casa-ufficio. Una Lotus Esprit Turbo terza serie. Colin Chapman la ritirò, fresca di fabbrica, nell’agosto del 1981. E la guidò, percorrendo poco più di 7200 chilometri, fino alla sua prematura morte: aveva 54 anni quando, la mattina del 16 dicembre 1982, un infarto improvviso lo strappò all’inseparabile moglie Hazel (la storia vuole che, sin da quando erano fidanzatini, Colin la chiamasse Lotus, come il fiore…) e alle corse, unico vero motore della sua vita professionale.

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LA GUIDÒ ANCHE MARGARET TATCHER. La Lotus Esprit ex Colin Chapman, naturalmente, è diversa da tutte le altre Esprit. Nel suo abitacolo piccolo ma accogliente – rivestito da cima a fondo in morbida pelle rossa e moquette tanto da sembrare di accomodarsi sul divanetto di un pub inglese, e non sul sedile di una macchina sportiva -, con un pizzico di fantasia si possono respirare i sogni e i pensieri di una vera icona dell’automobilismo. Un uomo che, giusto per rendere l’idea, per gli inglesi equivale un po’ al nostro Enzo Ferrari. Nel nostro recente viaggio a Hethel, dove abbiamo provato in pista e su strada la nuova Lotus Emira, abbiamo avuto il piacere e l’onore di provare queste sensazioni. Nella nostra breve “sgambata” sul circuito di prova aziendale non abbiamo impugnato il volante – privilegio, quest’ultimo, comprensibilmente riservato a pochi, selezionati membri dello staff -, ma possiamo raccontare con una certa emozione di esserci seduti al posto di Mr. Chapman: nell’agosto del 1981, infatti, il boss della Lotus fu passeggero sulla sua Esprit, accompagnando Margaret Thatcher in un breve giro di prova sulla pista dell’aeroporto di Norfolk. “È davvero bella da guidare, quasi quasi me ne tornerei a casa con lei…”, confessò divertita al quotidiano Eastern Daily Press l’allora primo ministro del Regno Unito.

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UNICA COME NON POTREBBE ESSERE ALTRIMENTI. Seppur dal sedile del passeggero, non possiamo che essere d’accordo con le parole della mitica “Lady di Ferro” britannica: la Lotus Esprit ex Colin Chapman è davvero comoda e, accarezzando i cordoli, sembra quasi di galleggiare su un tappeto volante. Il rombo del motore 2.0 quattro cilindri (uno dei soli 143, stando ai registri di produzione della Lotus, dotato di lubrificazione a carter secco) è ovattato, ma i 210 CV di cui dispone, una volta chiamati alla carica dall’ingresso del turbo, rispondono con l’impeto che ci si attende da una vera Lotus. Non facciamo le corse, ci godiamo il viaggio, piuttosto, annotando, una dopo l’altra, le modifiche richieste da Chapman: da un assetto più basso del normale – desiderio più che comprensibile per un manager delle corse che non aveva mai dimenticato i suoi trascorsi giovanili di pilota – a uno speciale filtro antipolline per alleviare i sintomi della febbre da fieno di cui soffriva. Non sono i soliti nemmeno i cerchi in lega: gli originali Compomotive sono stati rimpiazzati con dei ben più grintosi e robusti BBS – il meglio che si potesse desiderare, all’epoca. Ma da un punto di vista squisitamente tecnologico, l’innovazione più importante è un’altra: il servosterzo, una comodità che il fondatore volle sul suo esemplare, ma non era disponibile sulle versioni di serie (il primo modello di serie della casa britannica a esserne dotata risale a più di dieci anni dopo).

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UNA LEGGENDA SU RUOTE. Oggi la Lotus Esprit che fu di Colin Chapman è una mascotte per l’intera comitiva della Lotus: tutti in fabbrica la guardano con tenerezza e profonda ammirazione, perché da ogni singolo poro della sua carrozzeria argentata trasudano la leggenda del fondatore, il suo credo, la sua contagiosa passione per le auto leggere, veloci e belle da guidare. La cosa che ha davvero dell’incredibile, osservandola, è che quando la Lotus l’ha riportata a casa, un paio d’anni fa, non sono stati necessari chissà quali interventi di ripristino per farla tornare indietro di oltre quarant’anni e restituirle lo smalto dei suoi giorni migliori. Una bella lucidata, un tagliando completo e nulla di più, visto che l’odometro segnava meno di 18.000 chilometri e i sedili in pelle erano praticamente come nuovi. Molto meglio così, e non tanto perché restaurarli è una faticaccia e in pochissimi saprebbero fare un lavoro a regola d’arte, ma perché lì, per più di un anno di fila, si è seduto Colin Chapman. E scusate se è poco…

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