Smart city, la rivoluzione intelligente delle città

Chi segue un minimo i social e magari trascura i post sui gattini, la tenzone Salvini-De Luca e l’ultima polemica sulla carbonara con la panna, si sarà forse accorto che uno dei dibattiti più accesi in questi giorni in Italia riguarda lo smart-working e che uno degli hashtag ricorrenti è South-Working. Due paroline, queste ultime, che mettono insieme tante cose: Sud e lavoro concreto (non da reclamare, ma in esecuzione), il rifiuto della metropoli (leggi Milano, in particolare), un certo (sacrosanto e comprensibile) revanchismo meridionale, ma soprattutto la volontà di mettere in positivo la mazzata psicologica ed economica che il Covid-19 ci ha inferto senza pietà. O quanto meno provare a tramutare in opportunità quel ‘lavoro in grotta’, distanziati e connessi, che l’emergenza ha reso per settimane il nuovo standard.

ITALIA, UNA ‘MEGALOPOLI’. Il punto sul quale si interrogano quei post e i promotori di un’accelerazione soprattutto in direzione a-territoriale dello smart o quanto meno dell’home working è la possibilità di cogliere l’occasione di cambiare non solo le modalità di lavoro, ma anche i nostri stili di vita, ripensando radicalmente le città, i loro spazi, le interazioni tra agglomerati e quindi soprattutto gli spostamenti, ovvero la mobilità. Se solo la metà di quanto dibattuto, auspicato e talvolta temuto si realizzasse saremmo di fronte a una nuova megalopoli interconnessa chiamata Italia (limitandoci a chi parla la nostra lingua, ma potenzialmente europea), multicentrica e diffusa con alcuni punti nodali, hub imprenscindibili (eh sì signori: Milano ancora, tra questi, facciamocene una ragione) e intorno miriadi di satelliti, spesso non perfettamente in asse e ancor più spesso appena delle unità individuali. Il che non solo trasformerebbe Atalanta-Lecce in un derby stracittadino e Ustica in un potenziale luogo dove organizzare una scalata alle Generali, ma comporterebbe cambiamenti radicali nella mobilità urbana e interurbana, oltre a richiedere infrastrutture in fibra ottica più che in acciaio e cemento.

SMART CITY. È per questo che si ripropone come attuale un libretto al quale chi scrive è particolarmente affezionato e per buone ragioni: l’approccio, le argomentazioni e le intenzioni dell’autore. Si tratta di Smart City di Giuliano Dall’Ò, edito da il Mulino. Il titolo non è nuovissimo (risale al 2016 ma è sempre reperibile on-line e fisicamente da Hoepli), eppure Smart City non solo è rimasto sempre di giornata per temi e impostazione, ma mai come ora appare una lettura fresca per prendere dimestichezza con quel che troppo spesso è solo un sentito dire. Non a caso, il libro di Dall’Ò è usato come strumento complementare per gli esami di Geografia Urbana: perché facile e veloce da leggere (meno di 130 pagine, formato tascabile) e perché tocca i concetti essenziali per misurare l’intelligenza di una città e di chi la abita. Dall’Ò, che insegna Fisica tecnica ambientale al Politecnico di Milano (aridaje) e non è un sognatore né un predicatore, snocciola esempi e case history di successo che portano alla ribalta città tecnicamente ‘marginali’ quali Manchester (United e City a parte, si intende), Salonicco, Lisbona e Bari. Realtà distantissime tra loro, ma che in comune hanno l’essenziale: rispondere ad alcuni parametri che di radical chic hanno solo la fama, ma sono la sostanza di un futuro praticabile e necessariamente da praticare.

PAROLA D’ORDINE: INCLUSIVITÀ. Basta leggere le parti dedicate alla sanità e all’istruzione per confermare l’urgenza di città smart, così come quelle dedicate alla mobilità e alla socialità. Il tutto alla luce di un concetto ancora più basilare: l’inclusività, ingrediente irrinunciabile per quella resilienza, che nel libro è innanzitutto ambientale, ma alla quale tutti noi abbiamo fatto appello in questi giorni. Perché la vera sostanza di tutta la questione è quella: siamo a un bivio e solo una delle due strade porta avanti. L’altra, fatta di nostalgie e rimpianti del bel tempo che fu, curva e torna alla partenza. E così le piste ciclabili non sono un opzione, così come non lo sono il rinnovo degli impianti di riscaldamento, le reti a banda (mentalmente) larga di confronto pubblico. Il che tutto insieme fa democrazia e partecipazione, che sono i veri beni in gioco.

SPUNTI DI RIFLESSIONE. Smart City, che non a caso appartiene alla collana Farsi un’idea, non fornisce soluzioni né prende posizione, anche se si capisce che il quartiere di Vauban (Friburgo sarebbe una bella meta da raggiungere in auto questa estate, a proposito) gli piace più di qualche banlieu. Si limita a illustrare esperienze, soppesare risultati e per questa via fornire strumenti di riflessione, indispensabili per partecipare in modo consapevole a un dibattito e a una trasformazione già in atto, lo si voglia o no, che precede il Covid e che il Covid può accelerare. Perché i cambiamenti – pensiamo all’elettrificazione delle auto – li si può subire o guidare. E per guidare, si sa, ci vuole la patente. Anche se fai South-Working.

Giuliano Dall’Ò
Il Mulino
Prezzo: 10,45 euro

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Un commento su “Smart city, la rivoluzione intelligente delle città”
  • Alberto Spriano ha scritto:

    Attenzione alla scala spaziale.

    L’eco-quartiere rappresenta l’unità costitutiva più riconoscibile delle città e costituisce il punto di partenza o di arrivo, purtroppo, delle attuali strategie di rigenerazione urbana. Spesso sono confinati nelle periferie e sorgono su aree bonificate.

    Le città, sono i luoghi in cui si concentra la maggior parte della popolazione che consumano risorse, producono rifiuti, inquinano l’aria e gravano sui trasporti congestionandoli.

    Detto questo, la prima domanda da porsi è:

    – quali sono i lavoratori e le imprese che non richiederebbero il pendolarismo e quali invece richiedono?

    Mantenendo ed implementando lo smart working eviteremmo perdite di tempo, spreco di energia e produzione di inquinamento. È necessario favorire lo smart working e l’adeguamento delle reti e dei sistemi di connessione negli appartamenti dei lavoratori. Sostegno economico e detassazione alle imprese.

    Per chi inevitabilmente si deve spostare deve essere applicato lo standard C-V2X per comunicazioni dirette e basate su rete 5G, che offre sicurezza, efficienza del traffico e supporto per rendere tutti i veicoli automatizzati, nessuno escluso. Priorità in città ai mini schuttle a guida autonoma, metropolitana, tram a guida autonoma e citycar EV a guida autonoma come il programma IDP14 britannico, la piattaforma per lo sviluppo della mobilità urbana con veicoli leggeri progettati per soddisfare i requisiti di sicurezza (MOTIV il pod monoposto di Gordon Murray).

    Taxisti, corrieri, fattorini, autisti di bus e manovratori di tram si troverebbero senza lavoro.

    Poi bisogna affrontare il problema risorse e trasporti delle risorse.

    Ogni città deve avere una o più fattorie verticale coperte con coltivazione aeroponica. Un impianto di 69.000 mq coltiva in aeroponica due milioni di chili di verdure ed erbe a foglia, senza suolo ogni anno. Oltre a portare cibo fresco, nutriente, e senza pesticidi introduce anche nuovi posti di lavoro e la figura del contadino verticale in città.

    Tre semplici misure immediatamente attuabili.

    Smart working, trasporti autonomi e aeroponica devono diventare i protagonisti delle attuali trasformazioni strutturali e comportamentali essenziali per affrontare la sfida della crisi pandemica, economica, sociale ed ecologica che la realtà ci impone.

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