24 Ore di Spa ’20, la notte più lunga del motorsport

24 Ore di Spa ’20, la notte più lunga del motorsport

Diciamocelo subito: resterà nella storia la gara che si è conclusa ieri in una Spa spettrale, (in semi lockdown) e nel suo circuito, nel quale era obbligatorio tener su la mascherina anche per andare in bagno. E non solo per le mille difficoltà imposte dal distanziamento e dal lavorare mascherati, ma anche dalle condizioni meteo inusuali (in genere si corre a luglio) che hanno trasformato in quasi inverno – un inverno umido e capriccioso – l’eterno autunno delle Ardenne. In più c’è stato il passaggio dall’ora legale a solare, il che ne ha fatto l’edizione della 24 Ore più buia – nel senso con più ore di buio, 15 – della sua storia quasi secolare e che ha tentato gli organizzatori di farla durare 25 ore. Non se ne è fatto poi nulla e la 24 Ore è rimasta di 24 ore, che sono però bastate a farne venir fuori una corsa spettacolare e aperta fino agli ultimissimi giri. E da far esclamare a chi l’ha corsa, permessa (migliaia di tecnici tra i quali un centinaio della sola Pirelli, monofornitore) e vista (una ventina di giornalisti, niente pubblico): “Signori, questo è il motorsport”.

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UN FINALE ‘SCIVOLOSO’. In un finale al cardiopalma, la Porsche vincitrice – guidata da Nick Tandy, Earl Bamber e Laurens Vanthoor – ha avuto un grave problema al cambio, ha perso olio dal cambio e ha lasciato una piccola chiazza di petrolio dietro di sé che ha tenuto a bada i suoi inseguitori. Roba d’altri tempi. “A metà del penultimo giro ho sentito questo forte rumore che annunciava il guaia”, ha detto Tandy. “Possiamo solo scusarci per questo, ma ci ha salvato… Ho dovuto guidare l’ultimo giro e mezzo senza spingere, e ho dovuto tagliare le curve per non causare più danni. Ma alla fine, vincere è una sensazione incredibile”.

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GOMME, UN TERNO AL LOTTO. Il compito più arduo per i 56 equipaggi in gara è stato di far fronte alle condizioni alternate di asciutto e bagnato. Con l’inizio e l’arresto continui della pioggia, spesso in diverse aree del tracciato di sette chilometri delle Ardenne, i piloti si sono spesso trovati con il tipo di pneumatico sbagliato. Man mano che la pista si asciugava, le condizioni erano estremamente scivolose e variabili, rendendo la scelta della gomma corretta e il momento giusto per fare un pit stop assolutamente fondamentale. Le condizioni difficili hanno fatto sì che ci siano stati diversi periodi di giallo e safety car, che hanno spinto molti team a fermarsi per perdere meno tempo ai box (la tattica generalmente adottata dalla Porsche vincente). Alla fine c’è stato un continuo alternarsi di equipaggi in testa.

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TEDESCHE E ITALIANE. L’ha spuntata la Porsche ma Ferrari e Lamborghini si sono battute bene, stando spesso nelle posizioni di testa della gara. Il vantaggio dei vincitori è stato di soli quattro secondi sopra i secondi i Patric Niederhauser, Mattia Drudi e Frederic Vervisch, con l’Audi Attempto. Terzi Matteo Cairoli, Christian Engelhart e Sven Muller con la Porsche Dinamic Motorsport. In totale, sette vetture di quattro diversi produttori sono finite nel giro di testa, con l’auto vincente che ha percorso 527 giri pari a 3691 chilometri. Poi tutti a dormire, dopo aver preso il caffè nelle tante mense da campo allestite sotto l’Eau Rouge, rimasticandosi i momenti salienti, come zollette di zucchero. A volte si fa la storia, anche se solo di uno sport, per caso. E questo è stato il caso.

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