Quanto mi costa un’auto che ha fatto la storia?

Quanto mi costa un’auto che ha fatto la storia?

Quanto occorre mettere a budget per portarsi a casa una delle automobili che hanno motorizzato i principali paesi europei? Abbiamo setacciato in lungo e in largo i principali portali online dedicati alla compravendita di veicoli storici per capire a quanto ammonta in media l’investimento necessario per mettersi in garage una Fiat 500, una Citroen 2CV, una Volkswagen Maggiolino o una Mini. E abbiamo scoperto che…

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FIAT 500 (1957-1975). Amatissima dagli italiani, produce una tenerezza infinita nei cuori di chi in passato l’ha avuta e magari ci ha anche imparato a guidare. Trovare una Fiat 500 d’epoca non è difficile: nel corso della nostra ricerca ne abbiamo individuate circa 600 in vendita solo nel nostro paese. L’importante è reperire un esemplare in condizioni almeno decenti, che ne consentano un utilizzo immediato. Se ne trovano da 4.500 euro in su (sotto questo budget si trovano solo macchine bisognose di restauri più o meno importanti e costosi), per arrivare a 12.000 euro nel caso di pezzi in condizioni da concorso o per le più anziane, che valgono di più. Punti a favore? La manutenzione, semplice ed economica, ma occhio alla carrozzeria: tende ad arrugginirsi con una certa facilità e spesso viene rimessa in sesto da carrozzieri avari di pazienza ma non di stucco. 

Citroën 2CV Charleston 40_1 

Citroen 2CV (1948-1990). Quando debuttò, nel 1949, per via della sua estrema semplicità la Citroën 2CV si guadagnò l’epiteto di “bicicletta con l’ombrello”. Essenziale che più essenziale non si può, questa super utiliaria francese piccola fuori e ariosa dentro si trova più facilmente in patria che in Italia, ma attenzione: i margini di risparmio che si ottengono acquistandola oltralpe si assottigliano a causa dei costi delle pratiche di prima nel nostro paese. Da noi se ne trovano da 5.000 a 17.000 euro e gli esemplari più diffusi sono quelli di più recente produzione, ovvero quelli costruiti negli Anni 80. Le Charleston con carrozzeria bicolore e le ancor più rare Spot spuntano quotazioni molto elevate, specie quelle tenute come “gioiellini”. Nessun problema sul fronte dei ricambi: ce ne sono in abbondanza e molti sono riprodotti da specialisti francesi. Tra le 2CV 4 e le 2CV 6 (cambia il motore, da 435 a 602 cc) meglio puntare sugli esemplari più potenti (si fa per dire, sono auto piuttosto fiacche in accelerazione e ripresa…), che si destreggiano nel traffico più agevolmente.

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Mini (1959-2000). L’offerta di Mini classiche è molto ampia, ma per trovarne una “a posto” bisogna investire da 4.000 a 6.000 euro per quelle a marchio Innocenti e da 5.000 a 8000 euro per le meno datate Austin-Rover, prodotte fino al passaggio del marchio sotto l’ala della BMW, negli Anni 90. Queste ultime, specie quelle mosse dai pimpanti motori 1.3 a iniezione, sono la scelta ideale per chi vuole un look un po’ più sportivo: hanno ruote da 13 pollici e parafanghi allargati (le serie speciali come la British Open Classic, inoltre, offrono anche il tettuccio in tela ad apertura motorizzata). Per una Cooper bisogna spendere almeno 8.500 euro (che salgono a 15.000 per una “1300”), ma qui entriamo già in un ambito di collezionismo-investimento da intenditori. 

Museo VW Käfer Cabriolet 1949

Volkswagen Maggiolino (1938-2003). Di Volkswagen Maggiolino se ne trovano ancora in gran numero in Germania, anche a prezzi di saldo, mentre in Italia la reperibilità è meno vasta e si spende di più. Attenzione: occorre spuntare il nome “Kafer” per visualizzare sui portali di compravendita internazionali gli esemplari in vendita in Germania, “Coccinelle” per quelli in Francia ed “Escarabajo” per quelli in Spagna, dato che ogni Paese aveva il suo nomignolo per la più classica delle Volkswagen. Più pregiate le cabriolet, che arrivano a costare anche a 18.000 euro, ma per una berlina in discrete condizioni bastano 4.000 euro in Italia, senza particolari distinzioni tra “Maggiolino” e “Maggiolone”, ovvero il modello con il parabrezza curvo e le sospensioni anteriori McPherson. Fanno risparmiare qualcosina le “Mexico” prodotte negli Anni 90 sull’altra sponda dell’Atlantico e ancora reperibili in Germania, anche con il tetto in tela apribile e il motore “1600” a iniezione. In questo caso possono bastare 2.500-3.000 euro, al netto delle spese d’importazione.

A metà degli Anni ’70 la Giulia comincia a sentire il peso degli anni, ma è una vettura aerodinamica, sicura, veloce e – soprattutto – ancora molto apprezzata dal pubblico alfista. In attesa del lancio della nuova Giulietta, la Nuova Super subisce un profondo restyling, svolgendo alla perfezione il ruolo di anello di congiunzione tra la più piccola ed economica Alfasud, costruita a Pomigliano d’Arco, e la più grande e lussuosa Alfetta, nuova reginetta di Arese

Alfa Romeo Giulia (1962-1977). Trovare un’Alfa Romeo Giulia d’epoca in buone condizioni e al prezzo “giusto” è sempre più difficile: la ruggine ne ha risparmiate poche e quelle rimesse a nuovo hanno prezzi sempre più speculativi. In Italia, la cifra minima per portarsi a casa un esemplare pronto all’uso si aggira intorno agli 8.500 euro, ma si tratta di esemplari spesso bisognosi di cure estetiche e meccaniche. E non si creda di risparmiare granché con le Nuova Super di metà Anni 70, meno iconiche ma più recenti e, quindi, teoricamente più “fresche”. Il mercato tedesco è proibitivo: si parte da 20.000 euro, il che suggerisce, quindi, di pensare di acquistare in Italia e vendere all’estero per ottenere un buon margine di profitto. 

Costruita in pochi esemplari a partire dal 1987, la Renault 4 Frog con carrozzeria senza tetto né portiere oggi può valere fino a 20.000 euro

Costruita in pochi esemplari a partire dal 1987, la Renault 4 Frog con carrozzeria senza tetto né portiere oggi può valere fino a 20.000 euro

Renault 4 (1961-1992). L’alternativa più logica alle Citroën 2CV e Dyane si chiama Renault 4 e consente di ottenere risparmi significativi rispetto alle connazionali con il “double chevron” sul cofano. L’offerta in Italia è ampia e parte da 2.500 euro per vetture in buono stato, mentre in Francia c’è davvero l’imbarazzo della scelta (anche se non si risparmia un granché). Da considerare anche la complicazione della leva del cambio che, come sulle connazionali Citroën, è nella plancia: usarla, almeno all’inizio, non è così intuitivo.

Milano Autoclassica

ALLA FINE DELLA FIERA… Qualche considerazione per aiutare il lettore a fare una scelta consapevole: le vetture esaminate sono state progettate almeno sessant’anni fa, sono prive di qualsiasi dispositivo di sicurezza attiva e, in quanto a sicurezza passiva, va messo in conto che non ne offrono in senso assoluto, sia perché sono piccole sia perché le lamiere, dopo tanto tempo, non presentano più la pur modesta rigidità torsionale e flessionale di cui erano dotate in origine. Questo vale anche per il Maggiolino, nonostante il formato maggiore, e per la Giulia, che può vantare una scocca a deformazione progressiva (davvero all’avanguardia, all’epoca) e si guida come un’auto moderna. In definitiva, si tratta di auto da destinare per lo più a un impiego a corto raggio, lontano da autostrade, strade a scorrimento veloce e anche dal traffico urbano (ammesso di potervi accedere, viste le sempre maggiori restrizioni a cui sono soggetto le Euro 0 con meno di quarant’anni di età…), dove un urto contro una suv potrebbe comportare seri danni riportati alla vostra “piccola classica” e ai suoi occupanti. Un vantaggio è che fanno risparmiare parecchio sul bollo (si pagano, a sencoda delle regioni, circa 30 euro all’anno solo se si circola, a patto che l’abbia abbia più di trent’anni) e sull’assicurazione (ci sono polizze agevolate per le auto certificate come di interesse storico e collezionistico dall’Automotoclub storico italiano).

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