BMW M3 E30 Redux: la M con l’accento inglese

BMW M3 E30 Redux: la M con l’accento inglese

Nei lontani Anni ’80 circolava la voce che furono proprio le prestazioni della BMW M3 a spingere la Ferrari a progettare la F40. Infatti, il Drake alzò l’asticella a Maranello, perché si diceva infastidito dalle dicerie che davano la M3 come più performante delle vetture del Cavallino. Ecco, ora immaginiamo per un giorno che il reparto M di BMW non abbia mai smesso di sviluppare la M3 E30: bene, il risultato potrebbe essere qualcosa di simile a quello che ha fatto la Redux. La fame di restmod è sempre più insaziabile e la creatività del tuner britannico si è occupata di attualizzare e migliorare il simbolo delle berline sportive dell’ultimo secolo: la BMW M3 E30. La versione stradale di una regina, che alla fine degli Anni ’80 dominava il gruppo A del DTM con Eric van de Poele e Roberto Ravaglia, torna quindi ai giorni nostri (dopo ben 4mila ore di restauro e 18 mesi di lavoro), per dimostrare al mondo il suo retaggio di leggenda.

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30 IL NUMERO PERFETTO. Delle 18mila BMW M3 E30 costruite, Redux procederà al restmod di sole trenta esemplari (che casualità), offrendo anche un servizio di ricerca dell’auto donatrice perfetta, grazie a una rete di contatti sviluppata in Gran Bretagna, Europa e Nord America. Per chi invece già possiede la berlina tedesca, Redux gestirà la logistica in officina e l’ispezione della vettura prima del restauro, perché la base di partenza deve essere proprio una M3 E30 originale. E se tra i lettori ci fosse uno tra i trenta fortunati, preparatevi a versare tra i 60mila e 100mila euro della E30 a cui aggiungere 330.000 euro per il lavoro della squadra di Simon Lord.

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RAPPORTO PESO POTENZA. Il lifting anti age dal sapore inglese parte proprio dalla meccanica. Grazie al restauro della Redux, la BMW M3 E30 incrementa le sue performance, passando dai 200 cavalli per tonnellata toccati della M3 Sport Evo (la più potente e la più evoluta della gamma E30) ai 260 cavalli per tonnellata ottenuti dalla BMW in salsa british. Entrando nel dettaglio: la base di partenza del veicolo resta il blocco motore della famiglia BMW S14, con il 4 cilindri aspirato tedesco maggiorato a 2,5 litri. Propulsore a cui i tecnici Redux aggiungono corpi farfallati rivisti, pistoni da 95 millimetri, albero motore BMW Motorsport e sistema di scarico realizzato a mano – entrambi ad alte prestazioni. Un incremento di prestazioni che passa anche da un’elettronica sofisticata di ultima generazione, con l’installazione di una ECU MoTeC M130 (per la gestione del motore) e due moduli di distribuzione della potenza PDM 30 sempre della MoTeC. Questi elementi portano il motore della M3 a sviluppare una potenza massima di 300 cavalli, ben 100 in più rispetto all’originale. E come se non dovesse bastare, la Redux offre come optional la possibilità di produrre blocco motore, testata e coperchio valvole in alluminio ricavati dal pieno, con specifiche e tarature studiate ad hoc. Non manca infine, sempre come accessorio, anche il sistema di scarico Inconel.

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RIVISTA DA CAPO A PIEDI. In sintesi, la M3 secondo Redux vanta un propulsore ‘dopato’, ma pensato anche per essere affidabile, grazie all’installazione di componentistica attuale, più prestazionale e quindi anche più resistente. Ne è un esempio il reparto trasmissione, che vede il differenziale a slittamento limitato BMW Motorsport (con rapporto 3:91) con copertura in alluminio realizzata su misura da Redux, insieme a volano e frizione alleggeriti TTV. Per mantenere l’anima analogica e purista, la vettura rimane fedele al cambio a cinque marce dog leg (con la prima in basso) a rapporti ravvicinati. Innovazione che  dal cofano passa anche alle sospensioni, con ammortizzatori da competizione coilover EXE-TC e barre antirollio regolabili. Stesso discorso anche per l’impianto frenante, che vede nuove pinze AP racing a 6 pistoncini con dischi da 362 millimetri all’anteriore e 315 al posteriore (disponibili anche carboceramici), coperti da cerchi in lega a 18 a pollici, con design ispirato alle vetture turismo dei primi Anni ’90. 

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MISSIONE LEGGEREZZA. Con un peso di soli 1150 chilogrammi, la M3 E30 di Redux ne perde 42 rispetto all’originale. Una maggior leggerezza, raggiunta grazie alla costruzione dei panelli del tetto e delle portiere, dei montanti e dello splitter anteriore in materiale composito. Ma la stessa leggerezza passa anche dagli interni, con la possibilità di creare elementi e modanature in alluminio o in fibra di carbonio, su misura, a seconda dei propri gusti. Un abitacolo sì sportivo, ma dall’animo comunque lussuoso, con parti in pelle e Alcantara e rivestimenti fonoassorbenti per pavimento, schienale e portiere per migliorare l’acustica all’interno della M3. Lievi differenze anche nell’estetica della vettura: la carrozzeria della tedesca si fa più aggressiva, con un paraurti anteriore allargato di 40 millimetri e passaruota posteriori più larghi di 50 millimetri. La vista laterale si fa, invece, più radente a terra, grazie a minigonne più pronunciate che abbassano l’altezza da terra del veicolo.

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RESTAURO A REGOLA D’ARTE. Sono 4mila le ore spese dalla Redux per il restmod della M3 E30: tempo necessario per un meticoloso lavoro di smontaggio, controllo e rifinitura di tutte – ma proprio tutte – le parti. Infatti, la sportiva di Monaco oltre a essere rivista sotto l’aspetto meccanico, viene riportata al suo periodo di gestazione, con telaio e scocca separati, tirati a lucido, pari al nuovo, grazie a processi di allineamento, sabbiatura e trattamenti di finitura anticorrosione (per esempio il sottoscocca subisce un rivestimento di zinco a caldo). Infine, 550 ore vengono spese dal tuner britannico per preparare, applicare, levigare a umido e rivestire la vernice della M3, per donarle un colore unico nel suo genere. Completano il processo una serie di shake-down, così da poter verificare e assicurare una configurazione e un settaggio perfettamente in linea con le esigenze di ognuno dei 30 fortunati proprietari. Questo è il vantaggio dei restmod: dare la possibilità ai miti senza tempo di vivere una seconda generazione, per appassionare, per (ri)vivere storie passate delle icone a quattro ruote impossibili da dimenticare, e a giudicare dalle prime recensioni, Redux con il suo lavoro c’è proprio riuscita. (Testo: Federico Giavardi, foto: Alex Penfold)

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