Che meraviglia (e che peccato): le BMW M3 mai nate

Che meraviglia (e che peccato): le BMW M3 mai nate

Ventidue anni. Tanto ci è voluto perché la BMW si decidesse ad ampliare la gamma della leggendaria M3 oltre le tradizionali versioni berlina, coupé e cabriolet. Ma, a ben guardare, la neonata BMW M3 Touring non rappresenta una prima volta in fatto di carrozzerie “alternative”, per la variante ad alte prestazioni della Serie 3. Ventidue anni fa, appunto, a Monaco avevano accarezzato con le migliori intenzioni l’idea di allargare la famiglia alla giardinetta, ma alla fine l’auto, nonostante fosse stato condotto un approfondito studio di fattibilità per la messa in produzione, non vide mai le luci della catena di montaggio. Ma c’è di più. Compiendo qualche passo indietro nella storia della casa bavarese, infatti, si scopre come, in realtà, la suggestione di una M3 “fuori dagli schemi” abbia origini assai più lontane, e che almeno altri tre sono gli esperimenti in tale direzione passati alla storia, eppure poco conosciuti dalla maggior parte degli appassionati. Eccoli.

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UN PICK-UP PER CONSEGNE MOLTO VELOCI. Quando vide la luce nel 1986, la BMW M3 di prima generazione non raccolse pareri entusiasti solo tra i clienti “sportivi” della casa tedesca e i giornalisti della stampa specializzata. La macchina fece stragi di cuori anche in coloro che l’avevano messa a punto, ovvero gli uomini della divisione BMW Motorsport. Secondo alcuni di loro, così vuole la storia, quell’auto così esuberante e piacevole da guidare, oltre che per correre sarebbe stata perfetta anche per trasportare velocemente attrezzi da lavoro e pezzi di ricambio nei reparti della fabbrica di Garching, alle porte di Monaco. L’unico, evidente problema era che la capacità di carico non rientrava esattamente tra le doti migliori della M3. Come fare, quindi? La soluzione si rivelò più semplice del previsto: modificare una Serie 3 cabriolet, già senza tetto ma forte di una carrozzeria più robusta, ricavando un ampio cassone nella parte posteriore. Inzialmente l’auto fu equipaggiata con il motore da due litri e 192 CV della 320iS, la cosiddetta “M3 italiana”, per poi ricevere, qualche tempo dopo, l’unità “originale” da 2,3 litri e 200 CV. È rimasta in servizio per tantissimi anni, fino al 2012, diventando una vera mascotte per i dipendenti del reparto Motorsport della casa dell’elica.

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LA MAMMA DELLA M2. Non tutti forse sanno che l’odierna BMW M2 ha un’antenata spirituale con un nome un cognome. Si tratta della BMW M3 Compact del 1996. Basato sulla carrozzeria a due porte accorciata della Serie 3 E36, questo modello fu pensato espressamente per i clienti più giovani, come biglietto d’ingresso al mondo delle BMW ad alte prestazioni. Se fosse entrata in produzione, la macchina, che ferma l’ago della bilancia a quota 1.300 chili (150 in meno rispetto alla coeva M3 Coupé), sarebbe stata con ogni probabilità leggermente depotenziata per “giustificare” il suo ruolo di modello d’accesso alla gamma M3. Ma così non fu, motivo per il quale, trattandosi di un prototipo sul quale ormai non valeva più la pena proseguire con la sperimentazione, gli ingegneri della divisione BMW Motorsport non cambiarono una sola vite al motore S50B32, un raffinato sei cilindri in linea da 3,2 litri e 321 CV. Il fatto che non abbia mai superato lo stadio di prototipo rimane un rimpianto gigantesco, almeno a giudicare dalle parole con cui la descrisse, dopo averla provata, la rivista tedesca Auto Motor und Sport: una macchina “più leggera, più agile, più solida e con ancora meno compromessi” rispetto alla normale M3.

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LA (VERA) PRIMA VOLTA DELLA TOURING. La presentazione della nuova BMW M3 Touring, la prima nella storia della casa bavarese, è l’occasione perfetta per riaccendere i riflettori sull’auto che, nel 2000, ne anticipò lo spirito, pur senza raggiungere il traguardo della produzione in serie. Rimasta un prototipo, fu, come spiegò sei anni fa, in occasione del trentesimo compleanno della M3, Jakob Polschak, che lavora in BMW Motosport da più di 34 anni, un progetto basato sulla serie E46 portato avanti per scopi interni, in quanto permise di dimostrare che “almeno da un punto di vista puramente tecnico integrare una M3 Touring nelle linee di montaggio della BMW Serie 3 Touring era possibile, e con pochissime difficoltà”. Uscita dalla linea, la vettura, le cui portiere posteriori per raccordarsi ai passaruota più larghi “potevano essere modificate senza dover utilizzare nuovi e costosi attrezzi”, aveva solo bisogno di una messa a punto finale da eseguire a mano. Piccolezze come il montaggio delle parti specifiche per i modelli M e alcuni dettagli nell’abitacolo.

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PESCE D’APRILE. Vedendola “tirare la carretta” senza mai prendere fiato per tutti quegli anni, un bel giorno nei dipendenti della divisione Motosport maturò la consapevolezza che la BMW M3 pick-up non avrebbe potuto rimandare ancora per molto il momento di una più che meritata pensione. Prima di consegnarla nelle mani dei curatori del museo aziendale, però, bisognava pur trovare una degne erede. Così, nel 2011, la storia si ripetè all’incirca identica a quella di tanti anni prima, e partendo da una Serie 3 con carrozzeria aperta gli operai specializzati della BMW cominciarono un minuzioso lavoro di “taglia e cuci”. Finché a qualcuno venne un’idea geniale: mancando ormai poco al 1° aprile, la nuova M3 Pick-up sarebbe stata il pesce perfetto per suscitare un gran clamore tra gli addetti ai lavori e accendere la curiosità dei giornalisti. Detto, fatto: la BMW realizzò un servizio fotografico ad hoc e, nel breve volgere di qualche ora, le immagini di quel furgoncino mascherato spinto dallo stesso 4.0 V8 da 420 CV della M3 Coupé finirono sulle pagine web dei giornali specializzati di mezzo mondo, alimentando le voci su una possibile (e forse imminente) messa in produzione. Anche il comunicato stampa ufficiale fu redatto ad arte, facendo credere che fosse tutto vero, salvo concludersi con una breve frase da cui, finalmente, si apprendeva la reale destinazione del nuovo pick-up ad alte prestazioni: avrebbe preso il posto dell’antenato degli anni ’80, diventando così la nuova mascotte della fabbrica di Garching. Un luogo dove, a pensare fuori dagli schemi, succedono cose davvero straordinarie.

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