Le auto più… ‘discutibili’ del mondo

Le auto più… ‘discutibili’ del mondo

Vorremmo svuotare l’aggettivo ‘brutta’ di tutto il suo significato per renderlo un accrescitivo. Per noi appassionati di automobili, infatti, le auto di cui parliamo hanno tutte un senso positivo perché riferito a un momento storico, al lavoro di un team di tecnici, a un obbiettivo sportivo o di mercato. Vorremmo che venisse considerato solo un termine ironico. Siamo sicuri troverete, come noi, un elevato significato culturale che diventa apprezzamento, ammirazione. E diventerà desiderio di possederne una (forse!).

Gatso 4000

Gatso 4000

GATSO 4000 SPORT ROADSTER E AERO COUPE 1947. Nel 1946 olandese Maurice Gatsonides progetta una sportiva scoperta con il V8 quattro litri della Ford Mercury. La Sports Roadster è una spider dalle forme esagerate, curvy e abbondanti, costruita su un telaio tubolare in acciaio vestito con una carrozzeria in duralluminio. La potenza può arrivare a ben 175 cv e la trasmissione a tre marce, grazie all’overdrive optional, consente elevate velocità di crociera. Lo stile è decisamente originale, un tipico caso di forme ‘all’americana’: nella parte anteriore si può (con grande sforzo), riconoscere qualcosa della Cisitalia 202 ma è al centro che la macchina si fa eufemisticamente sconcertante. È infatti presente un grande faro simile a una luce di segnalazione. La contemporanea Aero Coupé porta questo concetto alle estreme conseguenze: è una ‘vezzosa’ versione chiusa con abitacolo sovrastato da un cupolino in plexiglas rimovibile e tetto scorrevole con due larghi posti più due. L’architettura di base è la stessa ma il gigantesco occhio centrale è ancora più grande come, del resto, la grande griglia inferiore somigliante a una gigantesca bocca.

Talbot Matra Rancho

Talbot Matra Rancho

TALBOT MATRA RANCHO 1977. Entra in listino nel 1977 e vuole essere una specie di Range Rover di Francia, un’automobile per la vita all’aria aperta con tanto spazio e opportunità di carico. Dal punto di vista tecnico è una Simca 1100 con passo allungato e una nuova carrozzeria con molte parti in vetroresina. Stilisticamente non ha una personalità ben identificabile: è una multispazio, con ‘paramucche’ anteriore, cestello sopra il tetto, due sole porte, portellone superiore in vetro e parte inferiore a ponte levatoio; un po’ suv, un po’ crossover, un po’ camper. Ma senza trazione integrale. È più versatile che bella, caratteristica che oggi le dona un fascino inconsueto. Naturalmente, attenzione: bella ok ma… chi tenterebbe di iscriverla al Concorso di Villa d’Este?

Keller Superchief

Keller Superchief

KELLER SUPERCHIEF 1948. La storia inizia con la Bobbi Car Corp. Di San Diego, California, che successivamente si trasforma in Keller Motors Corporation e si trasferisce in Alabama ad Huntsville. Da qui parte la commercializzazione della Superchief. Si può acquistare con carrozzeria roadster o station wagon. Nel caso della Convertibile l’innovazione di Keller è nella brillante architettura modulare: motore, frizione, volano, trasmissione e differenziale sono in un unico componente. Ciò significa che il gruppo moto-propulsore di una Keller può essere alloggiato davanti o dietro (e all’occorrenza spostato) a scelta del proprietario per trasformare il layout della macchina. La Convertibile si può avere con capote in tela o con hardtop e diventare una coupé. Oppure si può montare una carrozzeria familiare rialzata e creare una ‘giardinetta legno’. Per non dire della possibilità di installare un letto matrimoniale e ottenere un camper.

Keller Superchief

Keller Superchief

Se la versatilità della Superchief è stupefacente lo stesso non si può dire del design, che nella parte anteriore la fa assomigliare a un calorifero. La produzione della Superchief si conclude nel 1950. Studi successivi hanno evidenziato che la versione station wagon potrebbe configurarsi come uno dei primi suv della storia dell’automobile.

Condor Stinger-ads-1977CONDOR E CONDOR STINGER 1977. Potrebbe essere un tipico caso di ‘vorrei ma non posso’. La Condor di Miamisburg (Ohio) produceva una kitcar che, nelle riviste di settore, veniva pubblicizzata con un entusiasmo a dir poco travolgente. Voleva infatti “stabilire nuovi standard di eccellenza nel campo di questi prodotti” offrendo un’auto con caratteristiche mai viste, dettagli, finiture e qualità secondi a nessuno. La Condor, costruita su telaio tubolare, era disponibile in due versioni: la prima equipaggiata con motore boxer e assale anteriore entrambi di origine Volkswagen. La Stinger, modello di punta, aveva nientemeno che un otto cilindri di origine Chevrolet abbinato a un cambio automatico. Ora nello scenario dell’omicidio del povero Bertone francamente non si capisce cosa fosse peggio: l’abominevole stile rubato alla Countach? L’apertura del cofano motore sullo stile della Lancia Stratos ma visibilmente apocrifo? O l’angosciante espressione, nell’immagine pubblicitaria della modella in accoppiata al suo ‘stile sexy’?

Chaparral 2J

Chaparral 2J

CHAPARRAL 2J 1970. Il texano Jim Hall fonda la Chaparral nel 1960 per partecipare alle gare nazionali dell’SCCA. Nella metà degli Anni ’60 entra nella serie CAN-AM e nel Mondiale Sport. Nel 1970 è il turno della 2J, la più avanzata di tutte per la serie americana-canadese. Per ottenere la maggiore spinta possibile verso l’asfalto viene inventato un piccolo bicilindrico da 55 cv che comanda due grandi ventole. Esse aspirano l’aria dal fondo e creano una zona di bassa pressione che ‘succhia’ la coda verso il terreno. Ciò produce un forte aumento della tenuta di strada ma, d’altro canto, crea il problema opposto: bisogna mantenere costante quest’area tra macchina e asfalto e assicurare la guidabilità del veicolo. Perciò vengono applicate minigonne che, grazie alla regolazione idraulica dell’assetto, mantengono l’altezza dal suolo a un pollice.

Chaparral 2J

Chaparral 2J

In gara la 2J è altalenante: ottima in prova ma penosa in corsa per continui guai meccanici. A fine stagione, in ogni caso, l’SCCA la stronca: era infatti stata omologata al 100 percento a inizio campionato Can-AM ma erano arrivate le lamentele. Molti piloti non tolleravano le ventole aerodinamiche: queste aspiravano di tutto dall’asfalto e lo scagliavano contro il casco dei piloti, che venivano investiti da pezzi di gomma, di asfalto, olio, pulviscolo ecc. Così appellandosi alle regole sulle parti aerodinamiche mobili, l’SCCA riesce a mettere la 2J fuori dai giochi.

Cadillac Le Monstre

Cadillac Le Monstre

CADILLAC 61 ‘LE MONSTRE’ 1950. Briggs Cunningham si affaccia al mondo delle corse negli Anni ’30. Dopo la guerra fonda il team Cunningham e inizia a correre nelle gare nazionali e a guadagnare fama. Sono anni di transizione, in cui i regolamenti sono ancora di manica larga e chiudono gli occhi su molte cose. Perciò creare un’automobile da zero e darle il proprio nome anche se è un esemplare unico è ancora relativamente semplice. Alla 24 Ore di Le Mans del 1950 il Team Cunningham iscrive due Cadillac 61. La prima è una macchina completamente di serie. La seconda viene smontata e ri-creata come auto da corsa ma con una carrozzeria talmente estrema da valerle il nome di ‘Le Monstre’. La Cadillac-Cunningham 61 non è un prototipo: è un’auto da corsa ‘esplorativa’, allestita solo per l’evento di Le Mans e monitorare comportamento e risultato. Monta un V8 da 5,4 litri con cinque carburatori, per 250 cv e 1680 kg di peso. È unica per quanto è brutta e rumorosa (nemmeno così veloce e competitiva a causa di problemi al motore) ma riesce senza dubbio a puntare i riflettori sul marchio Cunningham. Il quale può sfruttare il buon ritorno di immagine grazie a un onorevole undicesimo posto al traguardo.

  • 1
  • The-Gattso-Streamliner
  • scan-189
  • gatso-1948-roof-off
  • Matra-Rancho-veloce-11
  • Matra-Rancho-veloce-1
  • Talbot-Matra-Rancho-veloce-4
  • Matra-Rancho-veloce-5
  • Matra-Rancho-veloce-10
  • Keller-Superchief-veloce-1
  • Keller-Superchief-veloce-2
  • Keller-Superchief-veloce-4
  • Condor Stinger-ads-1977
  • Condor-Stinger-veloce-1
  • Condor-Stinger-08
  • Condor-Stinger-veloce-2
  • Condor-Stinger-09
  • chaparral-2j-2 (1)
  • chaparral-2j-14
  • chaparral-2j-2
  • chaparral-2j
  • cadillac-cunningham-monstre-1950-veloce-
CONDIVIDI SU
Un commento su “Le auto più… ‘discutibili’ del mondo”
  • Alberto Spriano ha scritto:

    La forma segue la funzione, ovvero quando un’idea diventa una vettura da corsa.

    Sullivan, uno dei protagonisti della Scuola di Chicago concettualizzò il funzionalismo “Form follows function” riferendosi all’idea che il design esterno di un oggetto dovrebbe riflettere le diverse funzioni interne, o meglio, le prestazioni funzionali, aggiungerei.

    Vale a pena di precisare che fu Jim Hall che inventò ed applicò per primo il principio dell’estrazione forzata dell’aria dal fondo sigillato di una vettura.

    Hall inventò la Fan Car con la 2J Chaparral per il campionato Can Am.

    L’estrazione dell’aria era a doppio flusso costante, in quanto le doppie eliche d’estrazione, orizzontalmente parallele avevano una rotazione indipendente dal motore principale in quanto messe in rotazione da un motore ausiliario a due tempi.

    Hall per rendere efficiente l’effetto vacuum, sigillò come nella spazzola dell’aspirapolvere, la maggior area possibile del fondo della vettura a contatto del suolo utilizzando il Lexan tagliato in bandelle, applicato non solo alle fiancata, come nelle Wing Car, bensì a tutto il perimetro possibile reso rettilineo, poiché le minigonne dovevano scorrere verticalmente aderendo al meglio al suolo.

    Se una minigonna si sollevava, immediatamente avveniva una perdita di depressione.

    Murray nel tentativo di porre fine al dominio della wing-car Lotus 79 con semitubi di Giovanbattista Venturi che generavano depressione nelle pance delle fiancate, adattò la convenzionale Brabham BT46 ai dettami fan-car di Hall.

    L’adattamento fu rapido ma infelice, in quanto non era possibile in termini regolamentari prevedere un motore ausiliario per l’estrazione forzata dell’aria. Venne quindi prolungato l’albero primario di trasmissione per collegarlo ad una ventola di grande diametro alta più della vettura.

    La generazione della depressione era problematica in quanto l’elica di estrazione girava secondo la rotazio e dell’albero di trasmissione primaria rapportato al regime variabile di rotazione del motore. Il pilota doveva frenare e decelerare molto prima dell’ingresso in curva facendo salire i giri motore, per poi accelerare a metà curva senza però cambiare marcia per evitare di perdere aderenza. Per cui doveva impostare la marcia “giusta” prima dell’ingresso in curva aumentando i giri motore per percorrere tutta la curva in accelerazione costante.

    Murray per segnalare al pilota la perdita di depressione collego un indicatore ad un vacuometro che misurava la perdita di depressione del fondo vettura con il suolo. Se la lancetta segnalava un calo di depressione il pilota doveva scalare marcia immediatamente anche se non era necessario per ristabilire la giusta depressione per affrontare la curva.

    Oltre a questo problema si aggiungeva quello delle minigonne che dovevano essere aderenti al suolo come delle paratie per evitare infiltrazioni d’aria richiamata dalla depressione dall’esterno. 

    Il pilotaggio era problematico e il rischio di improvvisa perdita di depressione era notevole.

    Più metaforicamente: “Se la spazzola dell’aspirapolvere ha il contorno aperto non si aspira nulla.”

Lascia un commento

INCENTIVE
VIDEO
ALTRI VIDEO