Mauto: Sergio Scaglietti, lo scultore delle Ferrari
Il prossimo 9 gennaio ricorrono i cent’anni dalla nascita di Sergio Scaglietti e per questo, con la rassegna a lui dedicata, il Mauto di Tornino ha pensato e agito in grande. Al primo piano del museo, lungo il percorso che dall’atrio accompagna i visitatori allo spazio dedicato ai più grandi car designer di ieri e di oggi, manichini, immagini, filmati e automobili mozzafiato raccontano l’avventura imprenditoriale del carrozziere di fiducia di Enzo Ferrari, autore – a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta – delle più belle berlinette e auto da corsa di Maranello.
COME UN TEMPIO GRECO. “Sergio Scaglietti costruiva un’automobile come gli architetti greci costruivano un tempio”, recita il grande pannello che riassume la biografia del carrozziere modenese. Un uomo umile e fortemente legato alle sue origini contadine, “ma al pari dell’ingegner Forghieri circondato da un’aura di leggenda” spiega la direttrice del museo, Mariella Mengozzi, che nel suo lungo trascorso in Ferrari – dodici anni dal 2001 al 2012 in cui ha ricoperto diverse cariche manageriali – ha incontrato Scaglietti in più di un’occasione. Occhi e mani da scultore, con una carezza Scaglietti comunicava con le sue carrozzerie attraverso i polpastrelli. Vedeva difetti agli altri invisibili, capiva con uno sguardo se l’alluminio aveva dato tutto o se invece si poteva ancora osare col martello per ottenere forme più ardite, di quelle che su un tecnigrafo è difficile anche solo immaginare.
COME NASCE UN’AUTO DA SOGNO. Il manichino del frontale della Ferrari 250 GTO, appeso a una parete con tanto di lastra d’alluminio semilavorata appoggiata sulla parte destra del musetto, mostra una parte del processo di creazione della Ferrari oggi più ambita dai collezionisti. Della 750 Monza invece, che negli anni Cinquanta con le sue forme aerodinamiche e il suo piccolo motore quattro cilindri segnò pagine sportive memorabili per la Ferrari, è esposto un magnifico esemplare color giallo Modena e l’intera maschera sulla quale Scaglietti e i suoi operai lavoravano a martello ogni singola parte di carrozzeria. Anche queste speciali attrezzature – formate da tondini di ferro intrecciati e gentilmente prestate al museo dalla carrozzeria Brandoli di Modena – meritano lo status di opera d’arte: basti pensare che senza di esse perfino per un abile battilastra come Egidio Brandoli, ex dipendente di Scaglietti e oggi sopraffino restauratore di Ferrari d’epoca, sarebbe impossibile riottenere le forme di un tempo.
DEDICATO A TE. La rassegna, che resterà nelle sale del museo fino al prossimo 19 gennaio, è anche l’occasione per osservare da vicino le Ferrari che hanno reso famoso in tutto il mondo il cavallino rampante. Le 275 GTB 2 e 275 GTB 4 – secondo Forghieri, le Ferrari più belle di sempre -, l’elegantissima 250 GTL e, ancora, le sportive 250 SWB e Dino 246 GTS: sculture su ruote dalle linee senza tempo e portatrici di una bellezza eterna che raccontano la vita e l’opera di un uomo straordinario. A cui non a caso, nel 2004, la casa di Maranello ha dedicato la 612 Scaglietti. Una granturismo veloce e raffinata le cui forme, oggi come allora, fanno sognare.
