40 anni fa Kawasaki fece un’iniezione di modernità

40 anni fa Kawasaki fece un’iniezione di modernità

A guardarla oggi, la Kawasaki Z1000 Classic non sembra proprio una bomba sexy, diciamocelo. A metà strada tra una custom e una naked, forse 40 anni fa, quando è stata lanciata, questa cruiser vagamente ibrida faceva un altro effetto. Certo, nel 1980 i quattro cilindri erano ancora una cosa relativamente nuova e un motore sportivo sul telaio da Harley mancata, aveva sicuramente il suo fascino. Bene, ma allora perché ne parliamo? Mi aspettavo la tua domanda. E così ho studiato e ho la risposta pronta: perché è rivoluzionaria. Almeno, oggi diciamo così. Allora, invece, venne additata come diabolica, una specie di eresia motociclistica. So cosa ti passa per la testa: ti è venuta voglia di rivedere le foto, per individuare il dettaglio che ti è sfuggito e che l’ha resa così importante. Un indizio? Fossi in te guarderei la placca sul fianchetto. E leggerei bene anche le scritte in piccolo (che di solito sono quelle che ti fregano) e dicono iniezione elettronica. E allora? Signore e signori, ecco a voi la prima moto ad adottare questo tipo di alimentazione.

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CI PENSA ‘IL COMPUTER’. Oggi che sono tutte così, fa sorridere pensare che quando nei cinema usciva ‘L’Impero Colpisce Ancora’ l’elettronica venisse vista come il demonio, vero e proprio incubo per pistolatori incalliti e riparatori caserecci (che a quel punto preferivano risparmiare qualche soldo e comprarsi la versione a carburatori). L’oggetto del peccato era quell’iniezione prodotta dalla Japan Precision Electronics, su licenza Bosch, e catapultata nel mondo delle moto direttamente da quello delle macchine (non è un caso che il sistema sia identico a quello delle coetanee Datsun). Negli Stati Uniti, il principale mercato delle cruiser, fu accolta con l’immancabile ‘wow’ che saluta le innovazioni tecnologiche, seguito a ruota dalla preoccupazione che, in caso di guasto elettrico, non ci sarebbe stato niente da fare… Ecco, tu adesso immaginati il centauro americano per cui il rimanere in panne vuol dire trovarsi appiedato nel bel mezzo del deserto, a centinaia di chilometri da qualsiasi cosa. Ovviamente si diffuse il panico. A tal punto che Kawasaki, nella pubblicità a stelle e strisce ha dovuto rasserenare gli animi dichiarando: “l’iniezione elettronica è sempre stata una buona idea. Ma averla fatta funzionare è ancora meglio”. Per poi continuare decantando le doti del computerino ‘transistorizzato’, capace di mettere insieme un’enorme quantità di dati (numero di giri, posizione dell’acceleratore, flusso e temperatura dell’aria), come fossero gli ingredienti di un cocktail perfetto.

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FA LA DIFFERENZA. Vuoi sapere che effetto fa passare dai carburatori all’iniezione, al di là della riduzione dei consumi e della qualità dell’erogazione? Hai due strade. Puoi provare una moto con un sistema (considera che le italiane sono andate a carburatori fino a fine anni ’90) e poi salire sull’altra. Oppure fidarti di quello che facevano nei motosaloni per convincere i più scettici: metti in quinta, piazzati a 1000 giri e accelera. E la dolcezza di quel quattro che riprendeva senza sosta fino alla zona rossa faceva il resto. È così che il concessionario sapeva, al rientro dal giro di prova, di aver appena venduto l’ennesima moto.

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