Alfa Romeo Giulia: i 60 anni di un’icona italiana

Alfa Romeo Giulia: i 60 anni di un’icona italiana

60 ANNI OGGI. Esattamente sessanta anni fa, il 27 giugno 1962, veniva presentata alla stampa, nella cornice dell’Autodromo Nazionale di Monza, la Giulia, primo modello dell’era moderna prodotto dall’Alfa Romeo. Quanto precorresse i tempi lo dimostra il suo ciclo di vita, durato 15 anni, contro i 10 della sua progenitrice, la tondeggiante Giulietta del 1955, che rimase comunque a listino nei primi anni di produzione della Giulia 1600 TI, fino al 1965, per completare l’offerta della Casa del Portello con una berlina di 1300 centimetri cubi di cilindrata. Con 572.646 esemplari venduti la Giulia berlina non solo sarà il modello di maggior successo fino a quel punto della storia dell’Alfa Romeo ma stabilirà un primato destinato a durare molto a lungo. Aggiungendo i modelli derivati, tra cui le coupé di Zagato e Bertone, la spider (Duetto) di Pininfarina e la cabriolet Giulia GTC, anch’essa di Bertone, questo modello arriverà al milione di esemplari prodotti, numeri sensazionali in quel periodo.

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STESSO SCHEMA TECNICO DELLA GIULIETTA DEL 1955. Nata all’inizio degli anni Sessanta col compito di sostituire la Giulietta, l’Alfa Romeo Giulia ne riprendeva lo schema meccanico di base, con motore anteriore longitudinale e trazione posteriore. Il propulsore, un 4 cilindri di scuola aeronautica con distribuzione bialbero, era realizzato interamente in alluminio. Rispetto a quello della sua progenitrice si distingueva oltre che per l’incremento di cilindrata da 1290 a 1570 cc, per l’importante innovazione delle valvole di scarico raffreddate al sodio (le valvole erano cave, e la cavità conteneva granuli di sodio che trasportavano il calore dal fungo verso lo stelo). Le sospensioni anteriori presentavano uno schema particolarmente sportivo a quadrilateri sovrapposti, mentre il retrotreno, pur utilizzando la classica e un po’ conservatrice soluzione a ponte rigido, fu reso più efficace spostando gli attacchi di molle e ammortizzatori dai semiassi ai bracci longitudinali, mantenendo la scatola del differenziale in alluminio ed evolvendo il disegno del braccio superiore di controllo dello scuotimento laterale. Il cambio era manuale a 5 marce, mentre i freni erano a tamburo, con quelli anteriori a 3 ganasce e tamburi in alluminio alettato, sostituiti in seguito da un impianto a 4 dischi Dunlop (ATE dal 1967). Nel 1970 altre modifiche meccaniche, le più sostanziali sono la pedaliera ora infulcrata in alto e il freno a mano, la cui leva viene spostata da sotto la plancia, di fianco al piantone dello sterzo, alla più convenzionale leva sul tunnel centrale in mezzo ai sedili anteriori.

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UNA LINEA INCONFONDIBILE E AERODINAMICA. Se la meccanica dell’Alfa Romeo Giulia era d’avanguardia (a parte alcune soluzioni della primissima serie, come il comando del cambio al volante, con quello a cloche offerto in opzione), anche la scocca a deformazione differenziata con cellula abitativa rigida e la linea della carrozzeria erano molto moderne. Grazie alla coda tronca, alle incavature laterali alla base della linea di cintura (che accompagnavano l’aria dal muso alla coda) e al muso basso e sfuggente, la Giulia vantava un coefficiente di penetrazione aerodinamica (CX) particolarmente basso per l’epoca e la categoria (0,34) ottenuto anche grazie all’utilizzo, durante la sua progettazione, della galleria del vento. Famoso fu lo slogan “la Giulia, l’auto disegnata dal vento”. Questo stile, unito al particolare andamento del frontale, con quattro fari circolari, di diametro maggiore quelli esterni, conferiva al modello un tocco di notevole aggressività.

UN PO’ AL PORTELLO, UN PO’ AD ARESE. L’Alfa Romeo Giulia, secondo le strategie dei vertici del costruttore, doveva essere lanciata in concomitanza con l’inaugurazione del nuovo stabilimento di Arese, ma a causa dei continui ritardi nella consegna dello stesso, i primi esemplari della Giulia, che furono assemblati nel 1962, vennero realizzati interamente allo storico impianto milanese del Portello. In seguito, per circa 2 anni, si ebbe una curiosa fase di transizione durante la quale le scocche erano prodotte ad Arese, mentre la componentistica meccanica proveniva ancora dal Portello. Ciò fu possibile per la distanza dei due siti produttivi, che era di soli 15 chilometri. La prima vettura a essere prodotta interamente ad Arese fu invece la coupé Giulia GT Sprint del 1963, che della berlina riprendeva la meccanica.

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DA PRIMA DELLA CLASSE. Al debutto l’Alfa Romeo Giulia si poneva uno o due gradini sopra la concorrenza di pari cilindrata, per prestazioni e tenuta di strada. Grazie alla cilindrata di 1570 cc e all’alimentazione con un carburatore doppio corpo verticale Solex 32 PAIA/7, il motore poteva erogare una potenza di 92 CV DIN (106 CV SAE, l’unità di misura più in voga al momento). Il cambio a 5 rapporti, all’epoca una chicca in genere riservata a vetture dichiaratamente sportive e costose, presentava di serie un tradizionale ma poco sportivo comando con la leva al volante, che ne condizionava la manovrabilità permettendo, però, l’adozione di un sedile anteriore unico e di conseguenza l’omologazione per 6 posti. La plancia (in plastica grigia) incorporava una strumentazione ad andamento orizzontale (con tachimetro a nastro e un piccolo contagiri circolare sulla sinistra).

LA TI SUPER. Nel 1963 venne presentata la versione alleggerita e potenziata “Giulia Ti Super“, pensata per la partecipazione alle gare della categoria Turismo. Esternamente la “Ti Super” si riconosce per la sostituzione dei fari di profondità con prese d’aria circolari protette da una retina metallica e per il simbolo del quadrifoglio presente tramite adesivi sulle fiancate, un dettaglio che per la prima volta appare su un’Alfa Romeo di serie. Omologata nel Gruppo 2, la TI Super diede buona prova delle sue qualità, restituendo parecchie soddisfazioni all’Alfa Romeo che coniò lo slogan: “Giulia, la berlina che vince le corse”.

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FRENI A DISCO E CAMBIO AL PAVIMENTO PER TUTTE. Dopo averli sperimentati sulla Ti Super, nel 1964 l’Alfa Romeo aggiornò anche la “1600 TI” adottando 4 freni disco (dopo 22.000 esemplari con freni a tamburo), sedili anteriori separati e pensionando il cambio al volante in favore della cloche sul pavimento, prima disponibile solo a richiesta. Nel 1965 la “1600 TI” venne affiancata dalla “Giulia Super” conosciuta come “Bollo Oro” fino al 1969 e “Biscione” dal 1969 al 1972, a causa dei due fregi distintivi applicati ai montanti posteriori. Quest’ultima è la più riuscita, apprezzata e ricercata dai collezionisti. Finiture più curate (plancia rivestita in legno, strumentazione circolare, sedili ridisegnati, profilo “sottoporta” cromato, diversi fregi posteriori, biscioni smaltati sui montanti posteriori) erano le caratteristiche salienti della “Super“, insieme con il motore che, grazie all’adozione di due carburatori doppio corpo orizzontali (Weber 40 DCOE4 oppure Solex 40 PHH/2 entrambi con venturi da 27), erogava 98 CV DIN (112 SAE). Il nuovo rapporto al ponte 9/41 le consentì di raggiungere una velocità di punta di poco superiore alla precedente “TI”, ma raggiunta a un minore regime di giri, con un miglioramento del comfort e dei consumi.

Nel 1967 la “1600 TI” uscì di listino venendo rimpiazzata, come versione di accesso, dalla “1600 S”, che era dotata di un motore (sempre con un singolo carburatore doppio corpo) potenziato a 95 CV DIN (109 SAE), strumentazione simile alla “Super” ed eliminazione di quasi tutti i profili cromati. Nel 1969 la “Super” venne potenziata a 102 CV DIN (116 SAE) grazie a nuovi alberi a camme e all’aumento del diametro dei tubi Venturi (da 27 a 30) dei carburatori (Weber 40 DCOE27 o Dell’Orto 40 DHLA o Solex C40 DDH/6) che le consentivano di raggiungere una velocità massima effettiva prossima ai 180 km/h.

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LE GIULIA 1300. Una storia a sé stante è quella che riguarda l’Alfa Romeo Giulia 1300 che, nel 1964, pensionò definitivamente la Giulietta. Dotata di un motore di 1290 cc, alimentato con un carburatore doppio corpo e accreditato di 78 CV DIN (89 SAE), evoluzione di quello montato sulla Giulietta TI, disponeva di un cambio manuale a 4 marce, frontale con due soli fari (anziché 4 come sulla 1600), interni molto semplificati e dotazione di accessori ridotta all’osso (mancavano anche la luce di retromarcia, i rostri ai paraurti e il servofreno). Nonostante le economie si affermò immediatamente come la 1300 più veloce del mondo, con una punta dichiarata di oltre 155 km/h.

Nel 1966 venne presentata la 1300 TI, con motore di 1290 cc alimentato sempre da un carburatore doppio corpo verticale Solex 32 PAIA/7, ma potenziato a 82 CV DIN (94 SAE) grazie al superiore rapporto di compressione (9:1 invece di 8.5:1) e ai collettori di aspirazione e scarico maggiorati, simili a quelli della 1600 TI. Dalla 1600 ricevette anche il cambio (“L’unica 1300 a cinque marce”, reclamizzava la Casa) e finiture più curate. Sempre invariato il frontale con due soli fari. Nel 1967 anche la 1300 TI venne dotata di servofreno, la strumentazione abbandonò l’andamento orizzontale per assumere quello circolare e venne montato un nuovo volante sportivo a 3 razze. La calandra fu modificata adottando una semplice rete nera con tre listelli orizzontali cromati e variarono le feritoie alla base del parabrezza. Anche la Giulia 1300 “base” adottò le stesse modifiche esterne, pur rimanendo senza rostri ai paraurti.

Nel 1969 la 1300 TI venne dotata di frizione a comando idraulico con molla a diaframma; nel 1970 ricevette un nuovo impianto frenante a doppio circuito, la pedaliera infulcrata in alto, il correttore di frenata al retrotreno, l’alternatore al posto della dinamo e i cerchi da 14″ con pneumatici 165/80 (quest’ultima modifica fu estesa anche alla 1300 “base”). Era accreditata di una velocità massima di oltre 160 km/h.

Nel 1970 nacque la Giulia 1300 Super, che riprendeva le finiture della 1600 Super (ma il frontale rimaneva a fari singoli) raggiungendo prestazioni ancora più elevate grazie al motore 1300, alimentato con 2 carburatori orizzontali doppio corpo (Weber 40 DCOE 28, o Dell’Orto DHLA 40, o Solex C 40 DDH/4), da 89 CV DIN (103 SAE) già utilizzato sulla GT Junior fin dal 1966. Velocità massima dichiarata: 165 km/h. Nel 1971 anche la 1300 “base” ricevette il servofreno e la pedaliera infulcrata in alto ma, nello stesso anno, venne tolta dal listino senza aver subito altre modifiche.

LA GIULIA “UNIFICATA”. Nel 1972, in occasione di un leggero ma significativo restyling, la gamma venne semplificata e l’offerta ridotta a due soli modelli. Le modifiche estetiche riguardarono la calandra (ora solo nella unica configurazione nera con 5 barre cromate), l’eliminazione delle cornici cromate attorno alle luci posteriori e i cerchi ruota con borchie cromate e bulloni a vista. All’interno venne mantenuto l’allestimento Super, con alcune semplificazioni (come pavimento in gomma anziché in moquette). La Giulia Super (questa la nuova denominazione) era disponibile nelle due versioni, quasi identiche (a parte i gocciolatoi e canaline cromate per la 1600) anche nel frontale a 4 fari, “1.3” da 89 CV DIN (103 SAE) e “1.6” da 102 CV DIN (116 CV SAE).

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LA NUOVA SUPER (ANCHE DIESEL). Nel 1974 un restyling più consistente diede vita alla Nuova Super. A cambiare furono il frontale (nuova calandra in plastica nera, diverso scudetto Alfa Romeo, cofano motore liscio, quattro fari circolari di diametro uguale), i paraurti più avvolgenti, la coda (cofano liscio, diversa distribuzione dei colori e delle funzione nei gruppi ottici) e gli interni (plancia rivista, consolle centrale con bocchette di ventilazione frontali, pavimento in moquette, sedili con poggiatesta). Per quanto riguarda invece la meccanica, non ci fu nessuna novità. La gamma rimaneva composta delle versioni “1,3” da 89 CV e “1,6” da 102 CV (DIN). Nonostante gli anni trascorsi, la Giulia continuava a distinguersi, anche in quest’ultima versione, per le doti motoristiche , telaistiche e aerodinamiche.

Nel 1976 venne lanciata la Nuova Super Diesel, mossa da un 4 cilindri a gasolio di 1760 cc prodotto dalla Perkins Engines (lo stesso dei veicoli commerciali Alfa Romeo F12) e nata sulla spinta della crisi petrolifera. Esprimeva 52 CV DIN, per una velocità massima dichiarata di 138 km/h. Costruito interamente in ghisa, già per l’epoca era considerato poco adatto ad una berlina di impostazione sportiva a causa del suo eccessivo peso. La Nuova Super Diesel non ottenne il successo commerciale sperato e fu prodotta in circa 6.500 esemplari. Questa versione, la più rara nella storia della Giulia ma anche la meno desiderata oggi dai collezionisti, ebbe però un primato: fu la prima autovettura con motore Diesel a entrare ufficialmente nel listino Alfa Romeo.

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OCCHIO ALLE QUOTAZIONI IN SALITA. Per i collezionisti Alfa Romeo e, più in generale, per gli appassionati di vetture degli Anni 60-70, la Giulia rappresenta un’ottima opportunità di mettersi in garage un pezzo di storia. Le quotazioni, come per tutte le Alfa Romeo di quell’epoca, iniziano a diventare impegnative, specie per esemplari in ottime condizioni o restaurati (prestare attenzione alla ruggine sulla carrozzeria e all’autenticità di meccanica e interni!): per vetture in buono stato si parte da 4.000 euro per la Nuova Super Diesel (e 7000-8000 euro per le Nuova Super 1300 e 1600) per arrivare ai 18-20.000 euro della Giulia 1600 Super del periodo 1965-1967, fino ai 100.000 euro della Giulia TI Super. Tra gli 8.000 e i 9.000 euro le Giulia Super 1300 e 1600 “unificate” del 1972-1974, forse il miglior cocktail tra fruibilità quotidiana e collezionabilità. Per esemplari in condizioni da concorso o freschi di un restauro professionale si considerino quotazioni pari al doppio di quanto indicato sopra.

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