Alfa Romeo, i progetti attenti all’ambiente

Alfa Romeo, i progetti attenti all’ambiente

L’Alfa Romeo è un marchio glorioso e vincente (che abbiamo celebrato anche attraverso questa #weekveloce), conosciuto in tutto il mondo per la bellezza e il fascino latino delle proprie automobili, rosse e velocissime sia nelle corse sia sulle strade di tutti i giorni. Sotto il segno del Biscione, però, non sono nate soltanto belve da competizione ed eleganti granturismo griffate dai più abili maestri della carrozzeria italiana: accanto ai leggendari bolidi di Ascari e Nuvolari e alle esclusive creazioni di Bertone e Pininfarina, in 110 anni di storia si sono avvicendati modelli di grande produzione capaci di far sognare intere generazioni di automobilisti. Al di là del mito dei loro motori e delle loro prestazioni, macchine come Giulietta, Giulia, Alfasud e Alfetta, solo per citare le più famose, rappresentano – per gli appassionati di motori e non solo – un’interessante chiave di lettura per riafferrare pezzi importanti del nostro passato. Dal boom economico agli anni di piombo, dall’asfalto dei circuiti di Formula 1 a quello delle nostre città, le Alfa Romeo, sempre più moderne e sempre più evolute, sono state protagoniste di alcune pagine memorabili della storia industriale, politica e sociale del nostro paese. Non abdicando mai, di fatto, a quel mix unico di raffinatezza meccanica e piacere di guida che ha reso il marchio del Biscione famoso in tutto il mondo.

alfa romeo 33 Ibrida 2

RIVOLUZIONE ELETTRONICA. Sul finire degli Anni ’70, la casa milanese decide di avventurarsi nella progettazione di vetture a propulsione ibrida e di motori a cicli modulari, raccogliendo non senza una buona dose di coraggio – vista e considerata la sempre più problematica situazione finanziaria del Biscione – la sfida globale per la riduzione delle emissioni inquinanti. Se per un colosso come la Fiat investire ingenti capitali in quella che sarà l’auto del domani non rappresenta un grosso problema, per l’Alfa Romeo, messa a dura prova dagli scontri sempre più aspri con la politica e i sindacati, in gioco c’è la sopravvivenza stessa di una fabbrica che, nonostante mille difficoltà, rimane il fiore all’occhiello dell’industria pubblica. Superati gli iniziali e comprensibili dubbi avanzati da una parte della dirigenza, il programma parte da un progetto che, in realtà, aveva cominciato a ‘ballare’ sui tavoli da disegno del Portello già nel decennio precedente. Mossa dalla consapevolezza che, presto o tardi, i brillanti ma assetati motori a carburatori non sarebbero riusciti a rispettare norme antinquinamento sempre più severe, l’idea dei progettisti è quella di dare un forte impulso allo sviluppo dei sistemi di iniezione. Con il progetto CEM (Controllo elettronico motore), l’Alfa Romeo si prepara al passaggio dall’iniezione meccanica a quella elettronica. Nel mettere a punto quest’ingegnosa tecnologia, che attraverso una centralina elettronica e una serie di attuatori regola gli afflussi di carburante per migliorare l’efficienza del motore, gli ingegneri dell’Alfa Romeo non perdono mai di vista il fattore prestazioni. Per ottenere la coppia ai bassi regimi e la potenza tipiche dei propulsori ad alimentazione singola, vengono previste quattro farfalle e quattro elettro-iniettori, uno per cilindro. I risultati sono a dir poco sorprendenti, tant’è che si arriverà addirittura a ottenere un’unica mappatura per l’accensione e l’alimentazione del motore. Se l’Alfa Romeo non va oltre una piccola serie di Alfetta e di Alfa 90 CEM, è solo per ragioni di costi.

alfa romeo Alfetta CEM 1

LA SPERIMENTAZIONE CONTINUA. Al di là della modesta applicazione su scala industriale, il CEM è un’innovazione clamorosa e rappresenta una tappa fondamentale nel nuovo corso di progettazione intrapreso dall’Alfa Romeo, che all’alba degli Anni ’80 non può più prescindere dal tema della riduzione dei consumi e delle emissioni. Le caratteristiche dell’auto del futuro secondo il Biscione vengono riassunte nei due prototipi di Alfasud presentati nel 1982 a Kyoto, in occasione della IX Conferenza Internazionale sui veicoli sperimentali di sicurezza. La ESVAR (Energy Saving Vehicle Alfa Romeo) beneficia di tutte le innovazioni del sistema CEM, incluso il sofisticato sistema di funzionamento modulare: quando non è richiesta potenza, due dei quattro cilindri del motore boxer vengono disattivati. L’efficienza energetica è ulteriormente migliorata da un accurato studio aerodinamico (specifiche appendici permettono di ottenere un Cx inferiore a 0,33) e da un alleggerimento della scocca di 76 chilogrammi. Identica, a livello meccanico, la ESVAR, sviluppata con una particolare attenzione alla sicurezza attiva e passiva e, quindi, dotata di una struttura irrobustita. Su quest’ultima vengono inoltre montate le sospensioni e i freni che equipaggeranno la 33, il modello che nel 1983 raccoglierà il testimone dell’Alfasud.

alfa romeo Alfasud ESVAR

SINERGIA VINCENTE. Sul finire degli Anni ’80 è proprio la nuova compatta di Pomigliano d’Arco, per la quale l’Alfa Romeo aveva investito la cifra record di 154 miliardi, il modello prescelto dagli ingegneri per sperimentare nuovi studi mirati, ancora una volta, alla riduzione delle emissioni inquinanti. In un periodo in cui i sistemi alternativi al petrolio sono ancora lontani dall’influenzare i piani industriali dei grandi costruttori, il Centro Ricerche Alfa Romeo mette in cantiere il progetto di un veicolo con due motori che possono funzionare da soli o in sinergia. Al collaudatissimo 1.5 boxer da 95 CV di origine Alfasud – reso più efficiente dal sistema CEM, che gestisce in modo integrato iniezione e accensione – è accoppiato un motore elettrico asincrono trifase da 16 CV fornito dalla Ansaldo di Genova, regolato da un inverter e collegato al cambio tramite una cinghia dentata. L’albero motore è separato dal volano per mezzo di una frizione elettromagnetica. Il pacco batterie, formato da 80 elementi al nichel-cadmio, è alloggiato sul fondo del vano bagagli. Rispetto al modello tradizionale, la scocca pesa soltanto 150 kg in più: 110 di batterie, 20 di motore elettrico e 10 per l’elettronica di potenza. Di tutto rispetto i dati relativi alla velocità e all’autonomia in modalità elettrica: fino a 60 km/h per un massimo di 5 chilometri. A conti fatti, il progetto era certamente molto innovativo ma anche molto realistico e, almeno da un punto di vista tecnico, non così difficile da industrializzare. La stessa scelta della giardinetta, la versione probabilmente più trendy e sicuramente più pratica del modello, non era stata casuale: i bassi consumi in città e la grande capacità di carico avrebbero fatto della 33 Ibrida un taxi perfetto. Ma l’azienda, reduce da una fase di transizione assai complicata, quella del controverso passaggio dall’Iri alla Fiat, aveva già stanziato una grossa fetta del proprio budget per la 164, e al sogno dell’elettrificazione fu staccata la spina proprio sul più bello.

alfa romeo 33 Ibrida 7

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2 commenti su “Alfa Romeo, i progetti attenti all’ambiente”
  • Dave67_GT ha scritto:

    Bravi, bell’articolo ! Sono quelle storie passate, di un periodo non proprio roseo per l’Alfa, ma che danno l’idea che le “menti”, l’ingegno e la visione del futuro c’erano e ci sono sempre state…..

  • Cesare Nebbia ha scritto:

    Grazie Dave, cerchiamo di tenere viva la memoria di questi fatti perché possano essere utili a reimmaginare il nostro futuro

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