Autodelta, 60 anni con il piede giù a tavoletta

Autodelta, 60 anni con il piede giù a tavoletta

Riuscite a immaginarvelo, sperduto in un paesino di poche migliaia di anime, un piccolo e freddo capannone in cui l’aria è perennemente impregnata di olio e benzina e rimbombano senza sosta i rombi di potenti motori da corsa messi a punto per una delle case automobilistiche più famose al mondo? Questa è storia ed è la storia dell’Autodelta, il mitico reparto sportivo dell’Alfa Romeo, nato a Feletto Umberto, in provincia di Udine, nel 1963, e la cui produzione, già a partire dall’anno successivo e fino al 1984, si trasferì a Settimo Milanese, a due passi dagli stabilimenti del Portello e di Arese e anche molto più vicino alla nuova pista prove di Balocco.

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CORRERE PER MESTIERE. Monoposto, vetture da turismo e da rally, prototipi, motori marini: dall’asfalto alla terra, al mare, non c’è disciplina sportiva in cui l’Autodelta non si sia misurata con coraggio e passione. E con risultati spesso eccezionali, raccogliendo enormi successi ai danni di colossi come Ford, BMW e Porsche. La scorsa domenica, 5 marzo 2023, nel giorno esatto dei sessant’anni dalla fondazione della squadra corse dell’Alfa Romeo, al museo di Arese è andata in scena una fantastica giornata revival. L’evento, organizzato dallo staff con la collaborazione dell’Alfa Romeo Club Milano, ha radunato nel Tempio del Biscione moltissimi ex lavoratori e piloti, che con i loro racconti hanno fatto vibrare le corde del cuore dei tanti appassionati accorsi per la grande festa.

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UNA GRANDE FAMIGLIA. Giovanni Arosio oggi sorride sotto i suoi folti baffoni grigi, ma quando entrò all’Autodelta, nel 1967, aveva appena sedici anni: “Mi accompagnò mio padre – racconta – perché non essendo maggiorenne non potevo firmare il mio primo contratto da apprendista. La prima cosa che vidi, il mio primo giorno di lavoro, fu un uomo che con la mano accarezzava il profilo di un’auto da sogno. Quell’uomo era Franco Scaglione e quella macchina il suo più grande capolavoro, la 33 Stradale…”. Per interi decenni, con la testa china dentro il cofano delle Alfa da corsa e un cacciavite in mano ha fatto miracoli anche Giuseppe Callegher: “L’Autodelta è stata una grande famiglia – racconta, commuovendosi appoggiato al suo bastone, l’82enne meccanico: insieme abbiamo condiviso sogni e sacrifici”.

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EROI DEL VOLANTE. Sacrifici il cui prezzo, in tempi in cui la sicurezza nelle corse rivestiva un’importanza a dir poco marginale, a volte veniva pagato nel modo più tragico possibile, col sangue. Tristemente famoso il caso di Ignazio Giunti, che trovò la morte a 29 anni in un tragico incidente con la sua Ferrari 312PB nella 1000 km di Buenos Aires nel 1971. Le imprese al volante delle Giulia GTA e delle 33 prototipo del pilota romano, vero eroe del suo tempo con il suo stile spettacolare e scanzonato, rimarranno scolpite per sempre nei cuori degli alfisti. Come non saranno mai dimenticate quelle di un altro grande pilota ex Autodelta, Andrea De Adamich, che senza perdersi in sterili pruderie definisce “irripetibili” le pagine della sua carriera in Alfa Romeo. “Se si parla di squadra corse, non esistono paragoni con l’Autodelta”, sentenzia l’alfiere del Biscione classe ’41.

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CARLO CHITI, UN MITO NEL MITO. I meccanici dietro le quinte e i piloti sotto le luci dei riflettori hanno contribuito in misura incommensurabile alla creazione della leggenda, ma non si può parlare di Autodelta senza parlare di Carlo Chiti. Toscano fino al midollo, con un brillante passato come progettista in Ferrari e Alfa Romeo, Chiti ha fondato il reparto corse dell’Alfa con Lodovico Chizzola nel 1963 e l’ha diretto per vent’anni. Ingegnere d’immensa cultura e finissima intelligenza, per mestiere si occupava di macchine da corsa, ma coltivava altre due grandi passioni. Quella per il buon cibo è tradita da una mole non comune, e che molto racconta di un uomo che – parola di Dario Luraghi, il figlio dell’allora presidente dell’Alfa Romeo, Giuseppe Luraghi – “a tavola non mangiava, s’ingozzava”.

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GUAI A CHI GLI TOCCAVA I CANI. Le sue scorpacciate fanno parte della memoria collettiva alfista e divertono molto gli appassionati, ma è ricco di aneddoti esilaranti anche il suo smisurato amore per i cani, soprattutto quelli randagi, che raccattava a decine nelle sue passeggiate a piedi o in macchina. “Una volta entrai nell’ufficio di Chiti, che come al solito era pieno di carte – racconta in un videomessaggio il pilota ex Alfa Romeo Toine Hezemans -. Davanti alla sua scrivania c’erano due sedie: una era occupata da due gatti, l’altra da due cani. All’inizio non sapevo cosa fare, poi avanzai lentamente e, un po’ titubante, tentai di spostare uno di quegli animali. ‘Che fai?’, mi rimbrottò Chiti. ‘Non lo vedi che lì c’è seduto un cane?”.

 

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