Basso rango, grande rarità: le shooting brake introvabili

Basso rango, grande rarità: le shooting brake introvabili

La shooting brake è probabilmente una delle carrozzerie più affascinanti al mondo. Troppo facile innamorarsi di una coupé o una spider, noioso fino al risibile innamorarsi di una suv (Lamborghini LM 002 e pochissimo altro a parte). Innamorarsi di una Ferrari FF? Ci vuole stile, e poi non sono molte le famiglie che possono fare una strisciata di bancomat del genere. La shooting brake, quella vera, con tre porte, riesce nel difficile obbiettivo di dare a una coupé ad alte prestazioni la dimensione della praticità. Gli inglesi riempivano la stiva di un’Aston Martin DB6 Shooting Brake con due o tre beagle per la caccia alla volpe. Gli appassionati di golf preferivano andare al club con la Lynx XJ-S perché la Range Rover MK1 era prenotata dalla moglie per il pomeriggio di Shopping. Ma nel basso di gamma? Negli anni ’70 ce n’erano molte. Si usava il termine Giardinetta e/o Familiare. La filosofia d’acquisto cambiava completamente e virava verso una dimensione del tutto utilitaristica e pratica. Ecco le Shooting brake (rigorosamente tre porte) che negli anni ’70 rappresentavano un’alternativa alle station wagon tradizionali con cinque porte. Con una riflessione: la copiosa ruggine cui erano sottoposte ne ha certamente mandato al macero una quantità enorme. Quelle oggi rimaste, di un’originalità, una rarità e un fascino folli, sono dei gioielli da non perdere. Buona ricerca!

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ALFA ROMEO ALFASUD GIARDINETTA 1975. L’Alfa Romeo Alfasud Giardinetta non era certamente una bellezza atomica, ma è indubbio che quanto a spazio interno e capacità di carico fosse assolutamente all’altezza delle concorrenti. È stata la prima Giardinetta ufficiale dell’Alfa, anticipata molti anni prima dalla Giulietta Promiscua di Boneschi. Presentata nella primavera del ’75 riportava modifiche al pianale, al tetto e alle sospensioni. Il tutto per raggiungere una maggiore rigidità. Il peso si innalzava di un quintale per poco più di 900 kg su 390 cm di lunghezza. All’inizio si poteva acquistare con un milledue da 63 cv. Nel ’78 si aggiungono poi un 1.3 e il 1.4. La dotazione di serie era ricca: quattro freni a disco, poggiatesta anteriori, lunotto termico, specchio destro, vezzoso ripiano posteriore in legno. Ma anche con 1300 litri di carico (a schienali abbattuti) l’Alfasud Giardinetta non costruisce fama di furgoncino e la produzione resta confinata a meno di 6mila esemplari.

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FIAT 128 FAMILIARE 1969. La 128 è la prima Fiat moderna: motore-cambio traversale, sospensioni indipendenti, 55 cavalli, trazione anteriore. Il lancio avviene al Salone di Ginevra del 1969: è proposta con carrozzeria tre volumi con due o quattro porte. Ha subito successo, segno che Dante Giacosa ha creato un’auto giusta. Nell’autunno ’69 il Salone di Torino saluta la 128 Familiare con carrozzeria (diciamo oggi) Shooting brake a tre porte (la pubblicità recita ‘due porte più una posteriore’). La familiare è una 128 massiccia, che, con tutti quei vetri fissi che viaggiano verso la coda, assume la parvenza di un pulmino. Il portellone posteriore inclinato è più gradevole dell’Alfasud Giardinetta. In Argentina è una station wagon pura: versione Rural con addirittura cinque porte. Nel ’72 il restyling offre paraurti senza rostri e nuova calandra; nel ’74, la nuova versione Special non contempla anche la Familiare, che rimane in listino solo Normale. Con il Model Year del 1976 è tutto nuovo, con un design più moderno. Le novità riguardano anche la 128 Familiare, ora 128 Panorama, che presenta un design più piacente. Nel ’78 debuttano la Ritmo e la Fiat si lancia alla conquista del segmento C, ma la 128 resta in listino. La Panorama tiene duro fino alla fine del 1980.

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AUSTIN ALLEGRO ESTATE 1976. Nel 1974 la British Leyland dà licenza all’Innocenti di assemblare qui in Italia la sua Austin Regent: l’Innocenti Regent è una compatta quattro porte con volante quadrato, lunotto fisso e due motori tra cui scegliere (1.3 da quasi 70 cv, 1.5 da 80). Nel ’76 inizia direttamente l’importazione della Austin Allegro, disponibile con tre propulsori: 1100, 1300 e 1500 cc. Oltre alla hatchback con quattro porte si può avere anche come station wagon tre porte (la Estate), ma il risultato in termini di appeal sembra, al pari della berlina (lo dicono gli stessi britannici), tutt’altro che allegro. Poiché francesi, tedeschi e italiani hanno sempre preferito Volkswagen e Fiat, l’Allegro ha fatto bene (sul mercato domestico) solo nell’anno di lancio (’74), ma poi ha iniziato un’inesorabile declino. Le critiche principali: pessimo cambio e motori rumorosi. Alla Estate si rimprovera quel volume così male allungato verso la coda. La pubblicità recita con convinzione: “Non è una Allegro allungata”. Mah…

AUSTIN ALLEGRO ESTATE

VOLKSWAGEN 411/412 1969. In chiusura degli anni ’60 la Volkswagen supera dopo oltre trenta anni il concetto del Maggiolino e con la nuova 411 conclude un ciclo cominciato nel lontano 1938. La 411 (o Type 4) pur mantenendo lo schema del motore posteriore a sbalzo è più grande, comoda e meglio equipaggiata, più raffinata nella costruzione e spaziosa. Presenta scocca portante, motore boxer 4 cilindri ad aria da 1,7 litri (quello della Porsche 914), sospensioni anteriori McPherson e un ampio bagagliaio anteriore da 400 litri (ma l’unità motrice dislocata in coda permette di ricavare ulteriori 170 litri nel vano di carico classico). L’alimentazione a carburatore fornisce 68 cv mentre con il motore a iniezione si sale a quota 80 cv. Ma se l’esigenza del cliente è di avere tanto spazio la 411 è disponibile anche Variant. La versione Shooting Brake con tre porte è ancora più versatile perché al già ampio spazio anteriore abbina tutta la comodità e i benefici di un grande vano chiuso da un ampio portellone. Nel ’71 iniziano le esportazioni in America (il mercato USA farà il 40 percento del totale) e l’anno dopo tutta la gamma viene rinnovata con alcuni ritocchi stilistici e motori più potenti (fino a 85 cv). La produzione termina nel ’74, con oltre 367.700 unità costruite. Non è, a conti fatti, un grande successo di vendita: è sì spaziosa ma complessivamente obsoleta e non così affidabile come vorrebbe l’origine teutonica.

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LANCIA BETA H.P.E 1975. È la regina di questo articolo, perfetta rappresentate del concetto di shooting Brake. Nasce in un momento in cui le berline sono le auto spaziose per antonomasia ma sulle station wagon è difficile porre il proprio interesse se non per peculiari e smodate esigenze di spazio. La Beta H.P.E. (High Performance Estate) viene presentata a Ginevra ‘75 insieme alla Montecarlo ed è il risultato di una collaborazione con Pininfarina, che si occupa del design (senza porre la propria firma) e dell’assemblaggio. È una tre porte su base Beta Berlina che riprende le shooting Brake inglesi e la Volvo P1800 ES. Ha ha un lungo volume posteriore (429 centimetri di lunghezza complessiva), portellone e lo spazio interno supera molte berline concorrenziali. L’abitabilità da station wagon è generosa soprattutto nella zona posteriore: abbattendo lo schienale del divano si ottiene talmente tanto spazio da consentire a due adulti di dormirci. Inizia la commercializzazione con due quattro cilindri: un 1.6 da 109 cv e 1.8 da 119 cv. A pochi mesi arriva già il primo restyling che lancia un nuovo 1.6 da 100 cv e un 2mila da 119 cv. Nel 1978 ecco la terza serie con griglia e cofano motore aggiornati. Nel 1981 la terza serie riceve un restyling: il nome cambia in H.P. Executive i.e. ed è proposta con il 1.6 e un 2.0 a iniezione elettronica da 122 cavalli. Nell’82 l’apice: l’HP Executive i.e. Volumex sfoggia un compressore volumetrico e 136 cavalli per 195 km/h di punta massima. 

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