Bigger is better: le auto dal motore esagerato

Bigger is better: le auto dal motore esagerato

C’è voluta l’Aston Martin, insomma non una casa automobilistica qualunque, per riaccendere il dibattito intorno a una questione che non smetterà mai di far discutere l’agorà degli appassionati di motori. Suggerito dalla notizia che dal prossimo anno il costruttore di supercar britannico proporrà il suo modello più piccolo, la Vantage, anche con un enorme propulsore V12 (salvo sorprese, dovrebbe trattarsi della stessa unità bi-turbo da 5,2 litri e 600 cavalli delle sorelle maggiori DB11 e DBS, ndr), l’eterno dilemma è: si o no al sovradimensionamento – o al sottodimensionamento? Dipende tutto da che punto si sceglie di affrontare la faccenda, perché sono tante le implicazioni dirette sull’organizzazione e sui costi della produzione. La scelta migliore? Non è detto che esista, anche se ormai da diversi anni le auto di larga diffusione (ma pure quelle più esclusive) si sono praticamente convertite in massa al cosiddetto downsizing: motori più piccoli, con meno cilindri, ma più efficienti e potenti grazie all’aiuto del turbo e dell’elettrico. Ovviamente, non mancano le eccezioni che confermano la regola, come dimostrano le auto che stiamo per raccontarvi. Potentissime voci fuori dal coro con motori esagerati, lontani anni luce da ogni logica e da ogni scelta di buonsenso, che emozionano ancora.

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VOLKSWAGEN PASSAT W8. Non sono tantissimi, ma qualcuno a cui piace complicarsi la vita, nel mondo dell’auto, c’è stato, c’è e sempre ci sarà. Tra gli ingegneri innamorati delle più folli stravaganze tecniche brilla il nome di Ferdinand Piech, una carriera sfolgorante tra la Porsche e la Volkswagen lunga oltre mezzo secolo e culminata, dal 2002 al 2015, con la presidenza del consiglio di controllo del colosso di Wolfsburg. A una delle tante visionarie e apparentemente scriteriate idee del celebre ingegnere austriaco si deve la realizzazione di quella che, seppure sottotraccia, è passata alla storia come una vera impresa ingegneristica: il primo motore a W prodotto in serie. A montarlo per una manciata d’anni scarsa, dal 2001 al 2004, fu la Volkswagen Passat (qui per saperne di più), un’auto da famiglia che ovviamente nulla aveva a che spartire con quel complicatissimo otto cilindri a W da quattro litri e 275 cavalli ottenuto dall’unione di due blocchi cilindri del motore VR4 ad angolo stretto (15°). Numeri alla mano, i valori di potenza e coppia del W8 Volkswagen erano assai lontani dai migliori V8 della concorrenza, ma la fluidità di funzionamento era invidiabile.

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MG ZT 260. Le Rover dell’era BMW, esauritasi nel breve arco temporale che va dal 1994 al 2000, non sono memorabili, anche se ce n’è una che ancora oggi si distingue per fascino e qualità costruttiva. È la berlina 75, che con il passaggio del marchio a un consorzio di imprenditori britannici, la Phoenix, si sdoppiò e, con il marchio MG in bella mostra sul cofano, cambiò nome in ZT. Seppur rivista nel look in chiave sportiva, l’auto rimase la stessa, fino a quando, nel 2003, sotto il cofano spuntò un 4.6 V8 di derivazione Ford Mustang. I 260 cv erogati dall’otto cilindri americano non erano molti, ma bastarono a suggerire ai progettisti una modifica radicale, di cui si fececarico la Prodrive: l’abbandono del tradizionale layout a trazione anteriore e motore trasversale in favore di un ben più raffinato schema con il motore longitudinale e le ruote motrici posteriori (qui per saperne di più). Una follia come purtroppo non se ne vedono più.

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MG MGB GT V8. Le vecchie MG di certo non mancavano di grinta e potenza, ma nel 1973 gli ingegneri della casa britannica decisero di alzare l’asticella e rendere ancora più veloce la già scatenatissima MGB. Per farlo, al posto del tradizionale motore a quattro cilindri in ghisa gli ingegneri installarono un V8 in alluminio da tre litri e mezzo derivato da un progetto Buick degli Anni ’50 e già montato su alcune berline Rover. Riducendo il rapporto di compressione e aumentando la coppia, i 137 cv erogati dall’otto cilindri a V di origine americana lavoravano senza sforzo, assicurando prestazioni di tutto rispetto (da 0 a 100 km/h in meno di otto secondi, 200 km/h di velocità massima) e consumi sorprendentemente contenuti. Certa delle enormi potenzialità della sua nuova creatura, la MG la promosse con una campagna pubblicitaria scandita da messaggi taglienti all’indirizzo delle concorrenti più agguerrite. Uno dei più celebri recitava: “Se hai appena comprato una Reliant Scimitar GTE, una Datsun 240Z o un’Alfa Romeo 2000 GTV, questa rovinerà la tua giornata”.

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AUDI Q7 V12 TDI QUATTRO. Immaginate di accomodarvi su un’auto di lusso tedesca, con davanti una distesa sconfinata di asfalto, e di scattare da 0 a 100 km/h in meno di cinque secondi e mezzo. No, non siete su una una Porsche 911, ma su una gigantesca suv griffata Audi. E, per giunta, con un motore a gasolio a suonare la carica. Per la Q7 più folle di tutte, sul finire dello scorso decennio i tecnici della casa di Ingolstadt misero a frutto ogni singolo granello d’esperienza accumulato nello sviluppo del motore della R10 TDI da corsa. Risultato? Un V12 bi-turbodiesel da sei litri con una potenza di 500 cv e una coppia di 1000 Nm. Esagerato persino su un’auto così gigantesca.

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MERCEDES-BENZ SLK 55 AMG. Correva l’anno 1996 quando la Mercedes lanciò la prima SLK. Compatta, bassa, con due posti secchi e il tettuccio rigido ripiegabile elettricamente: fu una sventagliata di modernità senza precedenti, decisiva nel processo di svecchiamento di un marchio che con il 2000 alle porte aveva fretta di rinnovare la propria immagine e attrarre una platea di clienti più giovane e giovanile rispetto al solito. Sulla prima serie, nella messa a punto della versione più sportiva, i tecnici della AMG si limitarono ad aggiungere un compressore volumetrico al V6 da 3,2 litri della 320. Risultato? Da 218 a 354 cavalli. Decisamente più carica di testosterone fu la 55 AMG basata sul modello di seconda generazione: aveva un motore 5.4 V8 da 360 cavalli, che nell’esclusiva edizione Black Series (line-up speciale di Mercedes ad alte prestazioni inaugurata proprio dalla SLK nel 2006) salivano addirittura a 400. Un’enormità per una roadster in formato tascabile. 

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ALFA ROMEO 147 GTA. Duecentocinquanta cavalli imbizzarriti come quelli sprigionati dal V6 Busso più potente di sempre non s’incontrano certo tutt’i giorni. Sulla compatta Alfa Romeo 147, poi, a ogni affondo dell’acceleratore l’ultima evoluzione del leggendario ‘violino di Arese’ provoca un vuoto nello stomaco da montagne russe. Provare per credere, ma con un doveroso avvertimento: è fondamentale dosare con saggezza il gas, specie nelle curve più strette, perché la potenza scaricata sulle sole anteriori è enorme. E a tenerla a bada non c’è nessun differenziale autobloccante…

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VOLKSWAGEN BEETLE RSI. Che cosa ci fa un grosso e potente motore V6 sotto il cofano di un simpatico Maggiolino? Se lo chiedono ancora in molti, oggi, osservando la Beetle del Ventunesimo secolo più pazza del mondo. In Volkswagen le stravaganze e gli eccessi, in tema di motori, non mancano di certo, ma con la Beetle RSi si raggiunge davvero l’apice del non sense. E che goduria, visto che il motore, salvo una ventina scarsa di cavalli in meno, è lo stesso 3.2 V6 che nel 2002 equipaggerà la Golf R32. La casa di Wolfsburg, un po’ per sciccheria, un po’ perché venderne tante sarebbe stato impossibile, ne ha prodotte solo 250. E senza lasciare nulla al caso, facendo tutto per bene: ancor più dei 224 cavalli, che certo pochi non sono, forse sorprendono la trazione integrale con giunto Haldex, i sedili sportivi Recaro, la carrozzeria con più muscoli di Big Jim e il doppio terminale di scarico Remus. Un mix a dir poco esplosivo.

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JAGUAR XE PROJECT 8. La sua missione era colmare nel migliore dei modi il vuoto nella gamma lasciato dalla X-Type, uscita di produzione nel 2009 e rimpiazzata dal nuovo modello solo sei anni più tardi. Doveva quindi essere la più piccola della famiglia, con motori a quattro cilindri senza eccessive pretese, pensati per consumare poco più che per andare forte. E invece un bel giorno, nell’estate del 2018, la Jaguar pensò bene di trasformarla nella sua berlina più veloce di sempre. I 600 cavalli erogati dal motore V8 da cinque litri sovralimentato lo rendono il più potente mai realizzato dalla casa del giaguaro per un modello di serie. Le prestazioni dichiarate, da 0 a 100 km/h in 3″7 e 322 km/h di velocità massima, tre anni fa furono suggellate dalla prova del nove per eccellenza: il giro secco al Nürburgring. Quei 7 minuti e 21,2 secondi ne fecero la quattro porte più veloce del mondo. E indubbiamente anche una delle più folli.

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