Confronti impossibili/2: qual è la migliore auto da rally di sempre?

Confronti impossibili/2: qual è la migliore auto da rally di sempre?

Nelle settimane precedenti al Rallye Monte-Carlo abbiamo incontrato numerosi rallisti del passato con una lunga carriera all’attivo. E così è stato quasi inevitabile chiedere a loro di confrontare le vetture con cui hanno corso nel corso degli anni. Da queste appassionanti chiacchierate nasce “Confronti impossibili”, mini-rubrica di interviste che finora ha visto protagonisti Jean-Claude Andruet e Stig Blomqvist. In questa terza puntata invece intervistiamo Luigi “Lucky” Battistolli e Bruno Saby

LUIGI “LUCKY” BATTISTOLLI. Classe 1949 (è nato a Vicenza il 7 luglio), Luigi Battistolli, in arte “Lucky”, è un imprenditore nel settore dei trasporti e soprattutto un pilota da rally che ha vinto tanto con i bolidi d’epoca e si è tolto qualche soddisfazione anche con le auto da corsa moderne. Nel Mondiale ha corso le edizioni 1976 (8° assoluto), ’77 e ’78 del Sanremo su Opel Kadett GTE, quella del 1981 su Opel Ascona 400 (5° assoluto)  e quella del 1983 su Opel Manta 400 (8° assoluto). Nel 1980 ha disputato il RAC Rally su Fiat Abarth 131 Rally in coppia con Fabrizia Pons che è attualmente la sua navigatrice nelle gare storiche.

Luigi “Lucky” Battistolli

Luigi “Lucky” Battistolli

Motore anteriore, trazione posteriore. Hai corso e vinto con la Fiat Abarth 131 Rally e con la Opel Ascona 400: quali particolari differenziavano le due berline da rally apparse tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80?
“La 131 Abarth è stata sviluppata dalla Fiat per ragioni commerciali, pensionando la Lancia Stratos. È stata portata fino a 230-240 CV, ed era molto competitiva grazie a un assetto efficace ovunque per via del retrotreno a ruote indipendenti. Grazie al suo peso contenuto riusciva a competere e prevalere sulla Ford Escort RS Gruppo 4 e anche sulla Opel Ascona 400, che era più potente ma ancora dotata del ponte rigido. Ne derivava una complessiva superiorità della 131 sulla terra, mentre sull’asfalto la Opel aveva un qualcosa in più. Entrambe sono parte di un’epoca e hanno tratto beneficio dallo stop dato allo sviluppo della Stratos a livello di team ufficiale, un’auto basilarmente più potente e veloce di entrambe, come hanno dimostrato Tony Fassina, vincendo il Sanremo 1979, e Bernard Darniche, primo al Tour de Corse 1981 con un’auto che fermava l’ago della bilancia a 880 kg ed esprimeva più di 300 CV”.

E tra Lancia Rally 037 e Delta HF Integrale 16v, le auto con cui ti sei imposto negli ultimi campionati rally per auto storiche?
“La 037, derivata dalla Lancia Beta Montecarlo, evolveva il concetto della Stratos, con motore centrale, trazione posteriore, peso leggero (950 kg) e tanta potenza (350 CV) espressa dal motore con compressore volumetrico. Aveva tanta trazione, come la Stratos, e il passo più lungo della sua imbattibile progenitrice, così da renderla più efficace e veloce anche sulla terra, dove a volte riusciva persino a battere una regina dello sterrato e del fango come l’Audi quattro. La Delta 4×4 fu una scommessa degli ingegneri Lancia, in sostanza costretti a sviluppare una vettura derivata dalla serie dopo la messa al bando delle Gruppo B alla fine della stagione 1986. La base di partenza era una macchina tutt’altro che adatta alle corse, per via della ripartizione dei pesi sbilanciata sull’asse anteriore e delle masse distribuite in modo disomogeneo anche tra lato destro e sinistro. Eppure la Delta ha rappresentato un’opera straordinaria dell’ingegneria italiana, complice anche l’eccezionale lavoro di sviluppo condotto da Miki Biasion, che ne ha fatto un’auto vincente nel rally, capace di imporsi anche in gare-tabù per la Lancia, come il Safari, vinto per due anni di seguito nel 1988 e 1989”. 

Lancia Delta Integrale

Lancia Delta Integrale

Lancia 037

Lancia 037

Perché sei passato dalla 037 alla Delta?
“Confrontandole, la Delta è più efficace della 037 sul bagnato, sulla neve e in qualche situazione di sterrato, mentre la 037 è più veloce in tutte le altre situazioni. Io ho lasciato la 037 per la Delta soprattutto per una questione di comfort: la mia HF Integrale 16v ha un abitacolo più ampio, dove c’è spazio per i caschi, e poi ha l’idroguida. Un’auto ancora vincente pur senza alcun lavoro di sviluppo, mentre le rivali più insidiose, le Porsche 911, possono ancora contare su parti in materiali speciali, più resistenti”.

BRUNO SABY. Classe 1949 (è nato a Grenoble il 23 febbraio), Bruno Saby è stato Campione francese Rally nel 1981 su Renault 5 Turbo. Ha corso per i team ufficiali di Renault, Peugeot e Lancia nel Mondiale Rally, vincendo il Tour de Corse 1986 con la 205 Turbo 16 Evoluzione 2 Gruppo B e il Monte-Carlo 1988 con la Delta HF4WD Gruppo A. Saby ha anche vinto il Campionato Francese Rallycross 1978 con un’Alpine Renault A110. Ha corso nei raid marathon dal 1992 al 2008, vincendo l’edizione 1993 della Dakar su Mitsubishi Pajero Evolution e il Mondiale FIA Cross-Country 2005 su Volkswagen.

Bruno Saby

Bruno Saby

Sei passato con una certa disinvoltura dalle Renault 5 Alpine e Turbo alla Peugeot 205 Turbo 16 Evoluzione 2 e poi alla Lancia Delta HF4WD Gruppo A. Quali sono le principali differenze che hai notato tra queste tre vetture?
“Il compito di noi piloti professionisti da rally è quello di adattarci non solo alle mutevoli condizioni ambientali, basti pensare al Rallye Monte-Carlo, ma anche alle vetture che ci vengono fornite per correre. La 5 Turbo è stata per me la prima auto ufficiale o quasi e con lei ho corso anche nel Mondiale, al Tour de Corse e allo stesso Monte-Carlo. Tanta potenza per l’epoca e una ripartizione dei pesi prevalentemente sul posteriore, con gomme molto diverse per misura tra davanti e dietro. Un buon potenziale, ma raramente vincente. La 205 Turbo 16 Evoluzione 2, invece, era una vera belva: ci ho corso nel 1986 e ho vinto quel disgraziato Tour de Corse in cui sono scomparsi Henri Toivonen e Sergio Cresto. Quattro ruote motrici, una sovralimentazione esagerata che portava la potenza alla soglia dei 500 CV, difficilmente gestibili tanto sull’asfalto della Corsica quanto sulla terra del Sanremo. E in più un’aerodinamica che stava diventando molto incisiva, con una deportanza ben percettibile all’aumentare della velocità”.

Peugeot 205 T16

E poi la Delta 4×4…
“Scendere dalla 205 T16 Evo2 e salire sulla Lancia, che aveva 240 CV, a inizio stagione è stato come ricevere una punizione. Ma, come dicevo, è solo questione di adattamento. E la Delta HF 4WD è stata un’auto vincente, che con me ha ottenuto l’ultimo successo con il team ufficiale Martini Racing prima che venisse soppiantata dalla HF Integrale che vinse subito con Biasion in Portogallo. Questa era un’auto tutta da sgrezzare nel 1987, che è diventata sempre più competitiva correggendo via via i suoi difetti di gioventù, la base di un successo durato sei anni consecutivi”.

Cosa puoi dirci, infine, della Mitsubishi Pajero con cui hai vinto la Dakar?
“Gran macchina, quella Pajero, un mezzo completamente diverso dalle auto da rally, che a quei tempi erano davvero derivate dalla serie. La Mitsubishi era invece un prototipo, concepito per resistere a due settimane di gara sui terreni più ostici, come il deserto, non ai tre, quattro giorni di un rally mondiale. Posizione di guida molto più alta, visibilità più profonda, di conseguenza. E un motore, quello sì molto potente, all’altezza delle migliori Gruppo B dell’epoca nelle sue caratteristiche complessive”.

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