Da racer a stradali: le sporche doppiogiochiste/2

Da racer a stradali: le sporche doppiogiochiste/2

Le auto che corrono, per molti, sono le più belle. Fanno sognare per i loro audaci slanci tecnici e al tempo stesso sanno come incutere timore grazie alla loro ferocia. Non c’è che dire, hanno fascino: un fascino che oggi definiremmo vintage e quindi più iconico che mai. Per questo motivo abbiamo deciso di mettere insieme, ancora una volta, un settebello di vetture nate per le gare e finite per la strada con una targa cucita addosso. Ecco la seconda — qui la prima — ed ultima puntata di ‘Da racer a stradali: le sporche doppiogiochiste‘.

McLaren F1 LM B

MCLAREN F1 LM. Nacque per celebrare la vittoria della F1 GTR alla 24 Ore di Le Mans del 1995 e ne furono realizzate solo cinque unità, tante quante le vetture che riuscirono a terminare la gara sul circuito della Sarthe. Derivata dalla GTR – la versione da competizione della McLaren F1 di Gordon Murray, di cui vi parlammo anche qui – fu modificata quel poco che bastava per diventare omologabile. Cavalli? 680. Peso? 1062 kg. Venne ‘sfornata’ esclusivamente con livrea arancione, lo stesso colore utilizzato dalle McLaren in pista negli Anni ’60. L’aerodinamica fu totalmente rivista e sviluppata in galleria del vento con la collaborazione del team di Formula 1: l’aggiunta di uno spoiler anteriore e di un alettone posteriore permisero di incrementare sensibilmente il già notevole carico aerodinamico. Al momento, tre di questi cinque esemplari sono fanno parte della collezione del Brunei – LM1, LM4 ed LM5 – e un quarto è di proprietà dello stilista/grande collezionista americano Ralph Lauren – LM2 o LM3. Se qualcuno di voi ha in box il quinto, si faccia pure avanti. Ron Dennis, ex direttore sportivo e poi amministratore delegato di McLaren, promise un sesto esemplare, il prototipo della XP LM di proprietà della casa madre, a Lewis Hamilton in caso di vittoria di tre campionati di F1: purtroppo ne portò a casa uno solo e il tuono arancione rimase a Woking.

Porsche 911 GT1 996 D

PORSCHE GT1 STRASSENVERSION. La Casa di Stoccarda sviluppò versioni stradali sia della 993 GT1, sia della 996 GT1 – anche nota come GT1 Evo – per poter ottenere l’omologazione FIA di classe. Della prima versione ne furono costruiti solamente due esemplari — uno di Porsche, uno di Khalid Abdul Rahim, un collezionista del Bahrein – mentre della seconda pare ne esistano 21. All’inizio del 1996 quando una di queste auto fu affidata alle autorità tedesche che, dopo averla ispezionata meticolosamente, diedero il nulla osta per la circolazione su pubblica strada; il suo sei cilindri era stato depotenziato a circa 544 cavalli per rientrare nelle normative europee sulle emissioni. La Straßenversion, pesante solo 1150 kg, vantava prestazioni da capogiro: accelerazione da 0 a 100 km/h in 3″5, velocità massima autolimitata a 310 km/h. Stando ai dati ufficiali l’ultima GT1, quella del 1998, è stata invece prodotta in quattro esemplari, tutti schierati a Le Mans: due con il team ufficiale e due con uno privato. Uno di questi quattro è stato omologato e targato BB GT 198: di colore bianco, peso a secco 960 kg. Un vero e proprio graal, che potete ammirare al Museo Porsche insieme alla prima delle due 993 GT1.

Ferrari 288 GTO A

FERRARI 288 GTO. Basta dire GTO e già vengono i brividi. La prima ‘Gran Turismo Omologata’, la 350 GTO, oggi vale come un Caravaggio, la seconda – la splendida 288 – viene via a molto meno, ma è facile che due milioni di euro tondi non siano sufficienti. Prodotta tra il 1984 e il 1985 in 272 esemplari, era il lasciapassare di Maranello per accedere al famigerato Gruppo B. Esteticamente la 288 GTO appariva come una 308 ‘palestrata’ con alcuni stilemi della GTO del 1963 – vedi le feritoie dietro i passaruota posteriori – dall’altro una turbina con pressione a 0,9 bar: il V8 da 2,8 litri generava 400 cavalli e spingeva la vettura a oltre 300 km/h. I duecento esemplari previsti inizialmente divennero presto 270 — tutti Rosso Corsa — e furono venduti rapidamente su prenotazione ancora prima che la vettura entrasse effettivamente in produzione. Gli ultimi due, richiesti personalmente da Gianni Agnelli al Drake, vennero assemblati un anno dopo la fine della produzione: una fu consegnata a Niki Lauda, l’altra ad un magnate del Medio Oriente. Si narra che quest’ultimo avesse concesso la piazzola d’atterraggio del suo yacht – che era ormeggiato a Montecarlo – all’elicottero dell’Avvocato, in cambio di una 288 GTO nuova fiammante. Chi trova un amico…

Maserati MC12 A

MASERATI MC12. La MC12 rappresenta, ad oggi, il pinnacolo della produzione corsaiola del Tridente. In sostanza era una Ferrari Enzo nata per le corse e l’impresa fruttò alla Casa Modenese – che tornava alle gare dopo 37 anni – sei campionati FIA GT a squadre, sei campionati Piloti e due ‘costruttori’. Adottava il motore F140, un V12 derivato da quello montato sulla Enzo, con una potenza di 630 cavalli a 7500 giri. Il cambio era sequenziale a sei rapporti con comandi al volante, l’impianto frenante della Brembo con dischi da 380 mm all’anteriore e 355 mm al posteriore ‘racchiusi’ da cerchi monodado da 19”. Ne esistono cinquanta esemplari. Nella seconda metà del 2006, partendo dalla vettura vittoriosa nel Campionato GT, venne realizzata una piccola serie di quindici MC12 Corsa, ancora più estreme, ma non omologate per le strade di tutti i giorni.

Mercedes CLK GTR coupé C

MERCEDES-BENZ CLK GTR. La CLK GTR stradale, anch’essa derivata dalla versione che partecipava al Campionato FIA GT, fu prodotta in 25 esemplari. Furono tutti costruiti a mano dal reparto corse di Mercedes-AMG in due varianti di carrozzeria: coupé e roadster. La coupé era la versione più simile al modello da competizione, rispetto al quale montava un motore V12 da 6.9 oppure 7,3 litri  invece del 5987 cc della versione da gara. Con il 6.9 era capace di sviluppare 631 cavalli, di scattare da 0 a 100 km/h in 3″8, da 0 a 200 in 9″8 e di superare i 340 km/h di punta massima; con il 7,3 litri arrivava a 664 cavalli e i tempi d’accelerazione si abbassavano ulteriormente. La roadster, prodotta in soli cinque esemplari, nonostante condividesse la stessa meccanica della versione coupé, era disponibile solo con il 6,9 litri depotenziato a 612 cavalli.

Peugeot 205 T16 A

PEUGEOT 205 T16. Il Gruppo B ritorna in gioco con la Peugeot 205 T16, certamente uno dei Leoni transalpini più amati di sempre. Prodotta in appena 200 esemplari per uso stradale, riportava nel vostro box tutte quelle modifiche estetiche e meccaniche che avevano reso la T16 un mito del Campionato Mondiale Rally – conquistato nel 1985 e nel 1986 con Timo Salonen e Juha Kankkunen rispettivamente – e della Dakar vinta nel 1987 e 1988. La ricetta era molto semplice: una trazione integrale con tre differenziali autobloccanti che prediligeva le ruote posteriori – loro s’accaparravano infatti il 66 percento della coppia disponibile – e un quattro cilindri sovralimentato da 1,8 litri per 200 cavalli sistemato dietro l’abitacolo che come la carrozzeria era in materiali compositi. Raggiungeva una velocità massima di 209 km/h e accelerava da 0 a 100 km/h in sei secondi netti grazie al suo peso di 1145 kg in ordine di marcia. Quanto l’abbiamo sognata…

Porsche 917-030 B

PORSCHE 917-030. C’era una volta la 917, la leggendaria vettura di Stoccarda che vinse le 24 Ore di Le Mans nel 1970 e nel 1971 sbaragliando l’agguerritissima concorrenza delle Ferrari 512 S ed M. Sul circuito delle Sarthe, prima di allora, Porsche non aveva mai vinto. La 917 telaio 030 ha una storia singolare. Prese parte alla 1000 Km di Zeltweg del 1971 con il Martini Racing Team e montava il primo ABS mai portato in corsa. La gara di Gerard Larrousse terminò sfortunatamente prima della bandiera a scacchi per via di una foratura e la vettura finì a Weissach per ulteriori test sul sistema anti-bloccaggio. Il Conte Rossi di Montelera, che insieme al fratello Vittorio era a capo del team Martini, ebbe una idea bizzarra. Chiamò Porsche e chiese di montare sulla 030 degli interni in pelle e un bel silenziatore preso in prestito da una 911. Il Reparto Corse di Porsche non se lo fece dire due volte ed esaudì la richiesta. Il 27 aprile 1975 il Conte si presentò con un amico per il ritiro, la macchina aveva un’improbabile targa dell’Alabama – concessa a patto che il mostro tedesco non approdasse mai sulle strade americane – e dalla Germania arrivò a Parigi in poche ore. Dietro ai due, un dodici cilindri boxer da oltre 630 cavalli, su un missile pesante circa 820 kg.

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Un commento su “Da racer a stradali: le sporche doppiogiochiste/2”
  • t5457925 ha scritto:

    be dal articolo che ho visto niente da dire ma ci sono altre fuori serie dimenticate anche se prodotte in piccolissima parte sperando che qualcuno mi stia leggendo il mio commento: cara redazione che fine ha fatto la Porsche 959 ? e la nissan r390 gt1 ? e la toyota gt-one ? o la mercedes GT one ?

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