Discrezione zero/3: gli alettonazzi da corsa

Discrezione zero/3: gli alettonazzi da corsa

È senza dubbio nelle corse che l’argomento alettonazzi raggiunge l’apoteosi. Perché le competizioni sono l’ambito in cui la tecnica raggiunge la sua massima espressione ma il gioco deve essere reso emozionante senza diventare pericoloso. A questo sono sempre servititi i regolamenti sportivi delle formule competitive. Tuttavia si sa: fatta la legge trovato l’inganno. Ne sa qualcosa Jim Hall, che ha dovuto combattere aspre battaglie per riuscire a schierare le sue Chaparral alla partenza. Ecco la nostra scelta degli alettoni da competizione più estremi.

CHAPARRAL 2E. Jim Hall, texano con il petrolio nel sangue, fonda la Chaparral nel 1960. Insieme al socio Hap Sharp vuole competere nei campionati nazionali. La prima nata, la 1, è una barchetta con telaio tubolare, V8 Chevrolet e carrozzeria in alluminio, derivata da una concorrente del periodo, la Scarab. Ottiene buoni risultati, tra cui il successo di classe a Sebring, in più occasioni ma lascia presto il testimone alla Chaparral 2 sulla quale Jim Hall inizia uno studio accurato su aerodinamica e materiali strutturali (la fibra di vetro rinforzata per la scocca è una soluzione molto innovativa). Chaparral 2, 2B, 2C e 2D fanno parte di una strategia evolutiva senza sosta verso soluzioni sempre più i audaci, specie sul piano del design. Ma sulla 2E gli esiti delle sperimentazioni di Jim Hall arrivano a essere quantomeno singolari. La 2E è una barchetta con telaio in alluminio, motore V8 Chevrolet 5300 cc e carrozzeria in fibra di vetro. Tutto normale se non fosse che a metà corpo vettura, sopra la testa del pilota, si alza maestosa una grande ala posteriore con due enormi supporti che poggiano sulle sospensioni. Viene controllata mediante un pedale a lato del freno che ne modifica l’incidenza e variando, perciò, il carico. Lo stesso pedale comanda anche il passaggio d’aria sotto il musetto e la conseguente uscita dal piccolo cofano per un ulteriore modifica dell’aerodinamica nteriore. La 2E, inoltre, ha i radiatori sui lati e questo permette la disposizione più razionale della meccanica.

Chaparral_2E_veloce

CHAPARRAL 2F, UNA STUPENDA GULLWING FRAGILE. L’erede della 2E viene iscritta al Mondiale Sport ’67. Jim Hall torna al telaio in fibra di vetro abbinato alla grande ala posteriore regolabile appoggiata sulle sospensioni posteriori. Viene motorizzata con un nuovo V8 Chevrolet portato a sette litri con cambio automatico a tre marce. Jim Hall sceglie per lei una carrozzeria chiusa con porte ad ali di gabbiano. Non è una stagione positiva, contrassegnata da continui ritiri: in tutte le gare in cui partecipa la 2F è velocissima in qualifica e nelle prime fasi di corsa. Salvo poi doversi ritirare per cedimento strutturale. Si consola con la vittoria alla BOAC 500 di Brands Hatch. Il modello successivo, la 2G, è un’evoluzione della 2E ma con soluzioni della 2F. Monta un motore GM da 427 pollici e gomme più larghe. Partecipa al Campionato Ca-Am ’68 e vince due gare.

chaparral_2f_7

CHAPARRAL 2H, LABALENA BIANCA. Partecipa al campionato Can-Am ’69. Viene soprannominata dalla concorrenza ‘balena bianca’ e presenta una nuova forma molto allungata e affilata. La scocca in fibra di vetro è rinforzata con un subtelaio in acciaio mentre il design varia con l’applicazione di svariati alettoni. Viene inoltre equipaggiata con un sistema automatico di controllo dell’assetto con l’obbiettivo di mantenere costante l’altezza da terra in funzione della velocità. Durante un test a Las Vegas Jim Hall subisce un grave incidente che lo incoraggia a concludere la carriera di pilota.

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PEUGEOT T16 E IL MITO PIKES PEAK: RECORD E… ALETTONAZZI. Dopo i successi nei rally (due Mondiali) e nei grandi raid africani, nell’87 la Peugeot 205 T16 vuole anche la vetta del Pikes Peak. Alla cronoscalata nel Colorado si presenta con motore da 600 cv e carrozzeria modificata, dotata di superfici alari imbarazzanti. Ma non si può nulla contro una belva del calibro di Walter Röhrl , che vince con l’Audi Quattro. Le leonesse conquistano 2°, 3° e 4° posto. All’edizione ’88 il Leone ritorna con la nuova 405 Turbo 16, allestita con un nuovo telaio, quattro ruote sterzanti, 600 cavalli. Il design non lascia spazio a giudizi moderati, specie l’immensa ala posteriore. Ari Vatanen giunge in vetta con il miglior tempo e nell’89 trionfa ancora con Bobby Unser. La casa francese torna nel 2013 con la 208 T16: telaio tubolare, V6 2.5 turbo, trazione integrale, 0-100 all’ora in meno di 2″, 0-200 in meno di 5″. Monta un’ala larga due metri per piantarla a terra. Sebastien Loeb arriva in cima in 8’13″9; ovvero 48 secondi d’anticipo sul secondo e oltre un minuto e mezzo in meno del precedente record.

peugeot_205_t16_pikes_peak_2_3

LOLA T260, ‘LO SCANSAPIETRE’. Nel 1966 nasce il nuovo campionato Ca-Am. È un piccolo paradiso per aziende e progettisti: i limiti sono minimi, la libertà progettuale è molto ampia per garantire successo e bagarre: si chiedono, a malapena, abitacolo per due, portiere, chiave d’accensione, ruote coperte, roll-bar e poco altro. Nei primi tempi la Can-Am è il dominio pressoché totale della McLaren ma per la stagione ’71 si profila una forte opposizione della Lola T260 musetto a forma di… ‘badile rovesciato’. Al nono appuntamento di stagione a Laguna Seca la macchina monta un alettone anteriore a dir poco originale, soprannominato ‘scansapietre’. La superficie convessa è sorretta da due braccetti che penetrano nelle due aperture del muso. Stewart si qualifica solo quinto in partenza ma conclude con un ottimo secondo posto nel finale.

lola_t260_chevrolet_2

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Un commento su “Discrezione zero/3: gli alettonazzi da corsa”
  • Alberto Spriano ha scritto:

    Omaggio a Jim Hall

    Per chi non lo conoscesse Jim Hall, oggi ottuagenario, fu uno dei più geniali progettisti e costruttori di auto assolutamente anticonvenzionali. Un genio aerodinamico, un figlio del Texas con il pensiero laterale.

    Insieme all’amico James R. “Hap” Sharp, un ingegnere petrolifero proprietario di due aziende di perforazione, fondò nel ’61 la Chaparral Cars.

    Stabilirono il quartier generale a 6 miglia a sud della città di Midland Texas.

    I due non si limitarono a sviluppare auto da competizione, fecero di più, praticarono una ricerca aerodinamica superiore a quella di Colin Chapman e di Gordon Murray.

    Con la 2J, inventarono il filone di ricerca fan car. Le prove si svolsero sul tracciato (due chilometri di lunghezza, molto tecnico e dotato anche di un impianto di irrigazione per la simulazione dell’asfalto bagnato) di Chapparal, la marca da loro fondata, in omaggio al bip-bip del deserto texano.

    L’innovativa 2J partecipò al campionato Can-Am, il campionato per prototipi dalle ruote coperte finanziato dai petrolieri texani dove si vincevano negli anni ‘70 milioni di dollari ad ogni corsa.

    Per lei, Jim Hall si superò, applicò i concetti del suo aspirapolvere al suo prototipo fan car, per creare la maggior forza verticale nell’avanzamento aspirando aria, indipendentemente dalla velocità della 2J.

    In coda, il doppio aspirapolvere, costituito da un piccolo e leggerissimo motore 2 cilindri a due tempi, indipendente dal motore principale, che con 55 Cv azionava due grandi ventole che aspiravano aria dal fondo vettura e creavano una depressione sotto la 2J che restava incollata all’asfalto, grazie alle minigonne scorrevoli in Lexan che, assieme al sistema di regolazione idraulica dell’assetto, mantenevano sempre una costante distanza dal suolo.

    La 2J non aveva rivali, mediamente più veloce di 2 secondi rispetto ai concorrenti Ferrari, McLaren, Shadow, venne messa fuori gioco dalle proteste dei piloti che mangiavano la sua polvere.

    La 2J fu giudicata rea colpevole di sparare contro i loro caschi tutto quello che aspirava dall’asfalto. Fu squalificata dal campionato con la motivazione che le minigonne violavano le regole dei dispositivi aerodinamici mobili.

    Gordon Murray riprese la geniale intuizione di Jim Hall ed applicò il principio delle ventole aerodinamiche in coda alla Brabham Alfa Romeo BT46.

    La BT46B con gomme di legno e molle durissime vinse subito il Gran Premio di Svezia del 1978, ma venne subito eliminata per le accese proteste dei team concorrenti, nonostante la Lotus 79 con i due semitubi di Venturi nelle fiancate, impiegasse le minigonne laterali flessibili.

    Ma questa è un’altra storia…

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