
Elise: compie trent’anni l’auto che salvò la Lotus
È proprio vero che il tempo passa per tutti. Sono trascorsi ormai tre anni abbondanti da quando la Lotus ha mandato in pensione la Elise, e di anni, anche se a guardarla non si direbbe, ne sono passati addirittura trenta dal lancio della baby supercar che tirò la casa inglese fuori da una delle crisi più profonde della sua storia.
OLD SCHOOL… Accompagnata dal sorriso tenero (e comprensibilmente un po’ spaesato) della piccola Elisa Artioli, che il 12 settembre di trent’anni fa aveva due anni e mezzo e il nonno Romano, all’epoca al timone della casa di Hethel, fece accomodare al volante di quel modello tanto atteso, la Lotus Elise rubò gran parte della scena in un’edizione piuttosto ricca del salone di Francoforte. Del resto, ovviamente senza nulla togliere a quella elegantissima berlina di lusso che era la BMW Serie 5 siglata E39 né al prototipo che anticipava le forme accattivanti della futura Audi TT, in un mondo in cui la passione e l’entusiasmo per l’automobile erano assai più diffusi di oggi, non sorprende che a rubare il cuore dei visitatori più appassionati nel 1995 sia stata una due posti secchi “vecchia maniera”…
… E RAFFINATA. Al salone di Francoforte del 1995 il telaio della Lotus Elise, formato da leggerissimi fogli estrusi di alluminio incollati tra loro, fu esposto con un certo orgoglio a pochi passi di distanza dall’auto. Era la dimostrazione che i progettisti della Lotus avevano fatto loro il credo del fondatore, Colin Chapman, il geniale ingegnere inglese che, con la sua ossessione per la leggerezza e la sua inesauribile sete di progresso, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 cambiò per sempre il mondo delle competizioni.
SCATTO FELINO. Snella e leggera, col pavimento alto un niente da terra e un abitacolo volutamente privo di ogni comfort, la Lotus Elise aveva tutte le caratteristiche di una supercar in miniatura. Con un peso a vuoto di poco superiore ai 700 kg (tanto per fare un confronto con l’unica vera rivale dell’epoca, la Porsche Boxster pesava oltre 500 kg in più…), i 120 CV forniti dal quattro cilindri montato dietro i sedili (lo stesso 1.8 della Land Rover Freelander di quel periodo: un motore non del tutto affidabile, ma con un buon brio) sembravano più del doppio. E non era solo una sensazione: lo “0-100” era questione di sei secondi, decimo più, decimo meno, mentre la punta massima superava i 200 orari.
UNA LOTUS DOC. Ma più che i numeri, a lasciare senza fiato era la guida veloce: la precisione dello sterzo, la rapidità nei cambi di direzione e il grip della Lotus Elise non erano poi così lontani da quelli di un’auto da corsa. E poi c’era lo stile, del tutto originale nel reinterpretare in chiave contemporanea alcuni degli spunti più affascinanti delle Lotus Europa e Ferrari 246 GT degli anni ’60 e ’70. Con un mix di doti così, l’Elise si affiancò senza alcun timore reverenziale a un mostro sacro come la “sorella” maggiore Esprit e impiegò pochissimo a far scivolare nel dimenticatoio la precedente Elan a trazione anteriore (che, a parte la grinta del 1.6 turbo da quasi 170 CV di origine Isuzu, aveva ben poco della sportività dell’omonima antenata che aveva fatto faville nelle corse degli anni ’60).
UNA DEGNA EREDE. Nel corso dei 26, lunghi anni di carriera della Lotus Elise nel mondo dell’auto è cambiato praticamente tutto, e la casa inglese ha fatto i salti mortali per conciliare regole di omologazione sempre più severe con l’evoluzione di un’auto progettata per il puro piacere di guida e con pochissimi compromessi. A conti fatti, lo sforzo è valso la pena: la Elise, negli anni, tutto sommato ha perso poco della purezza del modello originale, e oggi, con una Lotus proiettata con slancio verso l’elettrico, la sua eredità vive ancora con la Emira. Che dire, di questi tempi, non ci si può lamentare…