Honda VFR750R ‘RC30’: restauro a lieto fine

Honda VFR750R ‘RC30’: restauro a lieto fine

Sai quella cosa che facevano nei rally che per far correre un mostro sanguinario dovevano immatricolare una manciata di versioni stradali? Ecco, l’hanno fatta anche i giappVFR750Ronesi della Honda: con una superbike. Risultato? La VFR750R, nome in codice RC30. Carena coi colori della HRC, rigorosamente monoposto (da quando in pista si va in due?), dal 1987 al 1990 ne hanno prodotte 5000 (non proprio una manciata). Quattro cilindri a V di 90 gradi, 16 valvole, quasi 120 cv a 11000 giri era la versione urbana, si fa per dire, del bolide con cui Fred Merkel ha vinto due mondiali SBK e Carl Fogarty un TT sull’isola di Man. 

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DALLA PISTA AI MUSEI. Come sai, animali da circuito come questo hanno una serie di problemi. Vuoi perché tra i cordoli tutto viene spremuto sempre al massimo, vuoi perché qualche volta si torna ai box con la carena tutta a brandelli (e vai a sapere perché). Insomma, per un motivo o per l’altro i mezzi da corsa sono integri solo quando escono dalla fabbrica. Per questo a più di trent’anni di distanza non è facile trovarne una a posto. Se non nei musei, come quello della Honda per esempio. Almeno fino al 2017, quando un guardiano segnala alla direzione la sua improvvisa sparizione. Ma la telefonata viene liquidata con un ‘no problem’ e la storia finisce lì. Ma solo apparentemente. 

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QUANDO I SOGNI SI AVVERANO. La verità è che per festeggiare il trentennale del vittorioso modello, Honda aveva deciso di rimettere in produzione una serie di pezzi di ricambio per la gioia di collezionisti e manici della porta accanto. Il catalogo ‘RC30 Forever’ avrebbe dovuto contenere circa 150 pezzi, dall’elettronica alla meccanica, passando per la carenatura. Ma c’era un ma: grosso come quello scaffale vuoto, giù agli archivi storici. E così quando il responsabile del progetto si presenta fortemente scosso alla riunione d’inizio lavori, i partecipanti hanno cominciato a preoccuparsi. Ma il vero e proprio panico è scoppiato solo alla dichiarazione “gli stampi sono spariti”. Solo la puntualizzazione “ma ho trovato i progetti” è riuscita a suscitare una qualche euforia, almeno fino a quando non ci si è resi conto che nel lontano ’87 si progettava ancora su carta. Poteva essere il colpo di grazia, ma siamo in Giappone per fortuna. E oltre a banzai nella stanza cominciano a urlare anche “che si digitalizzino le cianografie”. Ma ci si rende subito conto che le informazioni sono meno dettagliate di quelle di un documento Autocad. Bisogna fare di più, tipo recuperare una RC30 da smontare (e guarda caso i tempi di sparizione di quella del museo coincidono). Ma non basta ancora, per questo viene ingaggiato un investigatore privato: “trovi i tecnici che hanno sviluppato il progetto originario. E li riporti qui”. Vuoi sapere come finisce? Fai una bella cosa, metti giù la chiave inglese, chiudi il garage e vai dal tuo concessionario Honda: digli che hai bisogno di un pezzo per la tua RC30 e aspetta. Vedrai che a un certo punto ti chiederà che nome deve mettere sull’ordine. È allora che capirai che questa è una storia a lieto fine. 

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