La Lancia ‘non Lancia’ col motore al posto giusto

La Lancia ‘non Lancia’ col motore al posto giusto

DOVEVA ESSERE UNA FIAT. «Che bella che è. Ma starebbe tanto meglio con un marchio Lancia sulla calandra». Quando, nell’estate 1974, gli presentano in anteprima la Fiat X1/20, pronta a debuttare al Salone di Torino in autunno, Gianni Agnelli si lascia scappare questa battuta. Lo yesman di turno coglie la palla al balzo e, pur di compiacere l’Avvocato, trasforma la sorella maggiore della X1/9 nella Lancia Beta Montecarlo. Così almeno vuole la leggenda. In realtà l’abdicazione al marchio Lancia di un modello nato per essere Fiat obbedisce a logiche meno caricaturali e non prive di coerenza: è il marchio di Chivasso, in quegli anni, a dettar legge nei rally, avendo vinto il mondiale nel ’72 con la Fulvia e nel ’74 con la Stratos. La X1/20 è una GT a motore centrale, dunque tanto vale presentarla come un elemento di continuità con la Stratos che condivide lo stesso layout. Per farla vedere al pubblico, la Lancia adotta una strategia assolutamente inusuale: cancella la presentazione a Torino Esposizioni e, fatti dopare i primi due esemplari montandoci un V6 3.5 di derivazione Fiat 130 al posto del bialbero 4 cilindri 2 litri, li iscrive al Giro Automobilistico d’Italia a ottobre 1974. La vettura, che doveva essere una Fiat e diventare una Lancia, si trasforma per l’ennesima volta – in questa insolita anteprima – in una Abarth, la SE 030 – e, ai comandi di Giorgio Pianta, finisce seconda assoluta, giusto dietro una Stratos. Sembra il preludio di una carriera iridata e invece è un fuoco di paglia: la futura Lancia a motore centrale correrà tuttalpiù in autostrada, se il guidatore ha il piede pesante. Sarebbe esistita, più avanti, una Montecarlo Turbo, è vero: ma quella era una silhouette che conservava solo gli sportelli della vettura da cui, per ragioni di marketing, prendeva il nome.

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COSTRUITA DALLA PININFARINA. A marzo 1975 è dunque il Salone di Ginevra che, finalmente, toglie i veli alla Lancia Beta Montecarlo di serie, con carrozzeria coupé e targa. Se la seconda metà del nome è un doveroso omaggio alle imprese sportive di Sandro Munari di qualche anno prima, resta capire che c’entri Beta, visto la famiglia Beta è composta da vetture a trazione anteriore, e perdipiù già abbonda di varianti sportive (Coupé, HPE, Spider). Se lo chiedono anche alla Lancia, prova ne sia che la seconda serie del 1980 (quella con le pinne posteriori vetrate) si chiamerà Montecarlo tout court. Disegnata per Pininfarina da Paolo Martin, la Montecarlo è anche la prima vettura non solo disegnata, ma anche interamente costruita dal carrozziere. Alla fine un ruolo da apripista ce l’ha, ma più sul piano industriale che sportivo. Che poi, anche qui: la parte centrale della scocca della successiva Lancia 037, campione del mondo di rally 1983, arriva dritta dritta dalla Montecarlo. Vettura-laboratorio su molti versanti, la Lancia Montecarlo (che negli USA si chiama Scorpion perché Montecarlo era un nome registrato dalla Chevrolet) si accontenta per tutta la sua esistenza (sei anni e neppure 8mila esemplari) del duemila aspirato da 118 cv. Eppure viene studiata la possibilità di trapiantarle il boxer 2.5 litri 140 cv della Gamma che, abbassando parecchio il baricentro, l’avrebbe resa decisamente più performante.

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