Lamborghini Calà: da 30 anni, tra sogno e realtà
Al bolide giallo che vedete in queste foto chi scrive è legato da un affettuoso ricordo d’infanzia: la Lamborghini Calà era una delle auto da sogno che popolavano lo strepitoso garage virtuale di Need for Speed II, mitico videogioco del ’97 in cui, non si capiva bene come e perché (ma oggi sì: all’epoca i videogame erano alquanto… surreali), su un monitor a tubo catodico ci si poteva “fumare” un tornante a 200 orari con una sgranatissima McLaren F1 o atterrare dopo un salto lungo due-trecento metri con un’altrettanto sgranatissima Ferrari F355 senza farle nemmeno un graffio.

LA POTENZA… A voler essere precisi, la Lamborghini Calà nella saga di Need for Speed si chiamava solo Italdesign Calà. Questione di licenza d’uso, forse, ma se vogliamo anche di “maternità”: l’auto, in fondo, era nata sui tavoli da disegno dell’azienda fondata da Giorgetto Giugiaro e Aldo Mantovani, e non vide mai le luci della fabbrica di Sant’Agata Bolognese. Ma che auto era la Calà agli occhi di chi rimandava allegramente i compiti per casa con il preciso intento di bastonare la temibile Lotus Esprit V8? I 400 cavalli sprigionati dal suo 4.0 V10 (lo stesso della concept P140 di fine anni ’80) pochi non erano, a maggior ragione trent’anni fa, ma non bastavano certo a farne l’auto più veloce del gioco…


… DELL’IMMAGINAZIONE. La Calà, forse, non era neppure la più bella, ma aveva indubbiamente un potere speciale: le curve generose della sua carrozzeria, con quell’enorme alettone fisso nella coda e i solchi nelle fiancate che facevano “respirare” il motore, mettevano in moto la fantasia. Accendevano la curiosità di quei bambini e di quei ragazzi che, perfettamente ignari degli accordi e dei piani industriali da cui dipendeva il destino delle auto vere, si domandavano se esistesse davvero, da qualche parte, quella 2+2 da far girare la testa che aveva tutta l’aria di essere una Lamborghini, ma in fin dei conti non c’entrava nulla con la Diablo che in tanti all’epoca (e non solo i più piccoli: c’è chi lo ammette e chi mente…) ostentavano sulla mensola in cameretta.

OCCASIONE PERDUTA. In un periodo non certo tra i più sereni, nella travagliata storia della Lamborghini, che all’epoca era da poco passata dalle mani degli americani della Chrysler a quelle degli indonesiani del gruppo finanziario Megatech, la sorte della Calà era già scritta: come la “piccola” P140 di cui sfruttava la meccanica dal primo all’ultimo bullone (compreso il cambio manuale a sei marce; quello della Diablo, che aveva due pistoni e quasi cento cavalli in più, ne aveva solo cinque…), sarebbe finita nell’archivio delle occasioni perdute. E la prima baby Lambo, la Gallardo, sarebbe uscita dai cancelli di via Modena 12 soltanto otto anni dopo…


PIÙ DI UN SOGNO. Ma la Lamborghini Calà esiste davvero, e non solo nella mente di chi l’ha “guidata” per gioco: lontano da sguardi indiscreti, da buona piemontese (anche nel nome, che in dialetto significa “Guarda là”), questa “belva” sonnecchia tra i tanti “gioielli” della Italdesign di Moncalieri, alle porte di Torino. E anche se, per quanto si sa, non ruggisce da tempo, il suo V10 funziona a meraviglia. Che musica sarebbe, sentirlo “cantare” a oltre 7.000 giri, accarezzando i 300 km/h…






























Innanzitutto complimenti all’autore. Me lo vedo proprio il ragazzino che scansa i compiti per giocare a Need for speed. Ma io che sono più vecchietto non ho vissuto questa macchina come un sogno d’infanzia e quindi non la vedo come una bellezza. Troppo tonda e sciapa. I fari col buco sopra sembrano quelli di un’auto incidentata. Le fiancate sono troppo massicce (forse perché è una 2+2?) e le tolgono ogni slancio. E le prese d’aria posticce? Orrore! Ma che cattivo gusto! Giugiaro è un maestro assoluto, indiscusso, ma come in tutte le cose della vita c’è l’eccezione che conferma la regola. E la Calà lo è per Italdesign
Il fatto che non sia slanciata secondo me non giustifica l’accostamento della parola “orrore” a quella che, a mio avviso, è una macchina con un suo fascino. Forse proprio per i difetti di cui parli tu, o per il fatto che ha rappresentato un’idea di baby Lambo comunque originale ben prima che l’azienda si decidesse a fare la Gallardo…
L’orrore sono le prese d’aria posticce. Comunque adesso che ci penso mi ricorda una Toyota MR2, che già non è un esempio di bella macchina. E da Italdesign non mi aspetto che copino i giapponesi.
A me invece, così cicciotta, ricorda un po’ la Mitsubishi Eclipse di fine anni ‘90. Non saprei chi ha copiato chi, ma non ci vedo nulla di scandaloso
Della cala ci erano altri 2 concept uno statico e uno funzionante e marciante si chiamano P147 canto e acosta con lo 5,7 W12 qualcuno ne sa di più ? GRAZIE
Ciao, no, ma sarebbe interessante approfondire, in effetti. Sapevo solo della meccanica con motore V10 derivata dalla P140…