Maserati 250 F, il Tridente sul tetto del mondo

Maserati 250 F, il Tridente sul tetto del mondo

Nella storia dell’automobilismo sportivo c’è stata un’era che gli storici non hanno mai esitato a definire eroica. Un’epoca fatta di rischi e pericoli oggi impensabili, di drammi inaccettabili e assurdi, ma anche di sogni e imprese inscalfibili, i cui confini oscilleranno per sempre tra leggenda e realtà. Un tempo che oggi ci viene restituito, per fortuna o purtroppo in dosi omeopatiche, con il solo esercizio della memoria. Attraverso immagini in bianco e nero e dalle colonne dei quotidiani di allora, fotografi e giornalisti hanno magistralmente delineato per i posteri quei fuoriclasse del volante quasi mitologici che oggi, abusando un po’ del termine, abbiamo imparato a definire ‘cavalieri del rischio’. Piloti professionisti e non che si prendevano beffa della morte a ogni curva, lanciati a velocità folli su strade sconnesse e polverose, senza casco in testa né cinture di sicurezza, al massimo un paio d’occhialoni sul viso che oggi fanno quasi tenerezza, ma all’epoca erano fondamentali per proteggersi da sassi e detriti.

Maserati vs Mercedes

LE CORSE, CHE PASSIONE! Dagli albori ai leggendari Anni ’50 del Novecento, che salutano la nascita della Formula 1, in Italia e all’estero costruttori grandi e piccoli hanno pressoché tutti tentato l’avventura dell’automobile da corsa, da sempre vista come una rotta insidiosa ma indispensabile per il progresso della tecnologia. Una sfida meccanica e umana resa possibile da una passione difficile da spiegare e che, spesso, si riassume in storie di uomini straordinari, il cui successo va unicamente ricercato nella caparbietà con cui hanno saputo inseguire i propri sogni fino all’ultimo respiro. È stato così per il modenese Enzo Ferrari, considerato a buon diritto il padre dello sport automobilistico, ed è stato così anche per i fratelli Alfieri, Ettore ed Ernesto Maserati (anch’essi emiliani ma d’adozione, erano nati tutti a Voghera), che iniziarono a far correre automobili costruite con il proprio nome quando la Scuderia Ferrari non era ancora la Ferrari ma il fortissimo braccio sportivo dell’Alfa Romeo.

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TRIDENTE E CAVALLINO, UN DERBY INFINITO. La rivalità tra la Maserati e la Ferrari, due eccellenze che rappresentano agli occhi del mondo uno degli esempi più illustri dell’ingegno e della creatività italiana, ha quindi origini molto più lontane di quanto si potrebbe pensare. Se nel recente passato, infatti, abbiamo conosciuto due aziende di grande prestigio che hanno compiuto passi da gigante una accanto all’altra sotto l’ala protettrice della Fiat, a cavallo degli Anni ’20 e ’50 le due case emiliane sono state protagoniste di una lotta tra le più appassionanti nella storia delle corse. Duelli che si ripetevano di domenica in domenica e che, il lunedì mattina, dai circuiti di mezzo mondo si trasferivano nei bar di Modena e dintorni, dove i tifosi del Cavallino e del Tridente si esibivano in maratone di sfottò degne dei migliori derby calcistici. Una sfida ideologica in cui ogni fazione aveva i suoi beniamini e le sue beniamine, piloti e macchine che il verdetto della pista poteva portare da una settimana con l’altra in Paradiso o all’inferno. Archiviate con i trionfi delle imprendibili Alfetta 158 e 159 le stagioni 1950 e 1951, le due successive sono appannaggio di Alberto Ascari e della sua Ferrari. La Maserati, che nei primi due anni di Formula 1 non è andata al di là di qualche sporadica apparizione – almeno in veste ufficiale – incassa ma non sta certo a guardare.

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LA SQUADRA DEI SOGNI. La squadra del Tridente si presenta ai nastri di partenza della stagione 1954 con una nuova freccia nel proprio arco. Il bolide nato sui tavoli da disegno degli ingegneri della Maserati si chiama 250 F e ha l’ambizione di fare meglio della A6 GCM, che nel biennio precedente ha permesso alla casa modenese (che conserva a Bologna, dov’era stata fondata nel 1914, il proprio reparto sportivo) di affacciarsi tra i protagonisti della massima serie dello sport automobilistico mondiale. Alla monoposto, sulle quale daranno prova di tutto il loro talento campioni del calibro di Stirling Moss e Juan Manuel Fangio, lavorano tecnici di primissimo piano. Lo studio del motore, un sei cilindri in linea di 2,5 litri con potenze che oscillano tra i 240 e i 270 cavalli, è impostato da Gioacchino Colombo, approdato in Maserati nel 1953 dopo aver lavorato per l’Alfa Romeo e per Enzo Ferrari. In seguito al passaggio del tecnico legnanese alla Bugatti, concretizzatosi prima del debutto ufficiale della 250 F, l’ingegner Vittorio Bellentani affida lo sviluppo del propulsore al giovane collega Giulio Alfieri. Nel frattempo, Valerio Colotti riceve carta bianca per tutto ciò che riguarda trasmissione, telaio, sospensioni e freni. Come da tradizione per la casa del Tridente, la progettazione della carrozzeria spetta all’ingegner Medardo Fantuzzi, che insieme al fratello Gino ha dato vita ad altre Maserati leggendarie come la A6 GCS, la 350 S e la 200 S.

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CAMPIONI DEL MONDO. Per la 250 F il buongiorno si vede dal mattino. E non è solo un modo di dire. Prima passare alla Mercedes, per la quale avrebbe corso una volta ultimato lo sviluppo della nuova freccia d’argento di Stoccarda, Fangio regala alla Maserati le prime due prove del mondiale 1954, trionfando nel gran premio d’Argentina e in quello del Belgio. Le successive sei gare vedono il campione argentino ancora protagonista, ma questa al volante della sua imprendibile W196, con la quale conquista quattro vittorie e si laurea campione del mondo per la seconda volta. Pur essendo competitiva, la nuova monoposto del Tridente non è esente da difetti di gioventù. A preoccupare è soprattutto l’eccessivo riscaldamento dell’olio, un problema cui i tecnici riescono a ovviare praticando aperture in diversi punti della carrozzeria e aggiungendo un radiatore supplementare dietro alla ruota anteriore destra. Modifica dopo modifica, la 250 F diventa un laboratorio viaggiante: parallelamente alla sperimentazione di un comando desmodromico della distribuzione, si mettono a punto addirittura due sistemi d’iniezione. Sarà l’ingegner Alfieri, che dal 1955 aveva cominciato a lavorare a un più potente motore 12 cilindri, a proporre quest’opzione a Fangio, che preferirà il più collaudato sei cilindri a carburatori assicurando che i cavalli persi… li avrebbe messi lui. Il fuoriclasse argentino manterrà la parola data e nel campionato 1957, dopo aver lasciato la Ferrari tra le polemiche, coi colori del Tridente si aggiudicherà quattro gare su otto, conquistando il suo quinto e ultimo titolo mondiale. Per la Maserati, che negli Anni ’50 fa man bassa di vittorie in tutte le categorie del motorsport, è la classica ciliegina sulla torta, ma è anche l’ultimo ballo del suo modello da corsa rimasto più famoso. Nel frattempo, infatti, la crisi scaturita dal mancato accordo milionario per la fornitura di macchine utensili al governo argentino di Juan Perón, deposto in seguito al golpe del 1955, costringe la Maserati ad abbandonare le corse. Alcuni dei meccanici e degli operai specializzati che avevano reso vincenti le vetture da corsa del Tridente troveranno un posto di lavoro alla Ferrari, mentre la 250 F resterà competitiva nelle mani di tanti piloti privati fino al 1960, guadagnandosi il soprannome di ‘Formula 1 intramontabile’.   

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