Mini, 65 anni da superstar nei rally e al cinema
Con un misto di tenerezza e ammirazione chi è cresciuto a pane e rally la ricorda, così piccola e apparentemente indifesa, sgattaiolare a tutta birra tra i tornanti innevati del Rally di Monte Carlo. Era il 1964 e per le più grandi e grosse Ford Falcon e Saab 96 non ci fu nulla da fare: al volante della sua Mini Cooper Paddy Hopkirk, navigato da Henry Liddon, fu il più veloce di tutti, centrando un successo memorabile che la superutilitaria inglese, nata cinque anni prima dal genio di Sir Alec Issigonis, aveva pregustato già nel 1963 con Rauno Aaltonen.
BUON COMPLEANNO, MINI! Sessantancinque anni e non sentirli, come si direbbe di chi ha ormai abbondantemente superato la fatidica mezza età, eppure dentro si sente ancora un ragazzino. Ed è esattamente così per la Mini, una piccola che, con il suo stile intramontabile e i suoi grandi successi, ha fatto innamorare intere generazioni di automobilisti, conquistandosi un posto tra le auto che hanno fatto la storia e varcato i confini della leggenda, accanto a un altro mostro sacro in miniatura come la Fiat Nuova 500, la macchina che negli anni ’50 ha contribuito a rimettere in moto un’Italia con tanta voglia di futuro dopo i disastri della Seconda guerra mondiale.
UNA “TUTTOFARE” AMATA DA TUTTI. Come la “nostra” 500, anche la Mini ha messo in moto un’intero paese, quel Regno Unito in cui, da nord a sud, da est a ovest, l’hanno guidata un po’ tutti, operai, studenti, impiegati, ma anche tanti vip, dalla stilista Mary Quant, l’inventrice della minigonna, ai Beatles e Rolling Stones. Tutti stregati, al di là del conto in banca, dal suo look sbarazzino ed elegante, da quel piglio vivace tra un semaforo e l’altro, dove, così piccola e leggera, consumava meno benzina rispetto alle auto più grandi e scattava come un fulmine.
FENOMENO CULTURALE. Ma a tracciare i contorni del mito Mini è stato anche il cinema, con tanti film che hanno saputo raccontarla con il linguaggio potente della cultura di massa, nella quale è entrata, giocosa e irriverente, nel 1959, con The Italian Job, per non uscirne più. Tre Cooper S, una blu, una bianca e una rossa (non a caso, i colori della Union Jack…), compagne d’avventura di una squadra di irresistibili e scapestrati ladri inglesi che sbarca a Torino per svaligiare un camion carico di lingotti d’oro destinato alla Fiat. E pensare che, appresa la notizia del film, dai piani alti di corso Marconi arrivò un’offerta di 50.000 dollari alla produzione per sostituire le Mini con tre 500. Qualcuno ci aveva visto lungo, a Torino…