Paolo Martin sulla Montecarlo Concept (e molto altro…)

Paolo Martin sulla Montecarlo Concept (e molto altro…)

Continuano a far discutere, nel mondo dei motori, i rendering di una Lancia Beta Montecarlo ‘rivisitata’ diffusi in rete un paio di settimane fa dal designer ungherese David Obendorfer. Il suo, in Italia, non è certo un nome nuovo: per chi non lo sapesse, nel nostro paese Obendorfer ha lavorato per i Cantieri Riva, anche se è la sua personale interpretazione in chiave moderna della Fiat 127 (guardala qui) ad avergli fatto conquistare i riflettori dei media specializzati e l’attenzione di appassionati e addetti ai lavori. A differenza di quanto fatto con l’opera massima del geniale Pio Manzù, però, nel suo nuovo progetto Obendorfer non si è limitato a dare una rinfrescata alla linea. Se infatti il remake della popolarissima utilitaria di casa Fiat non ha restituito un risultato finale poi così dissimile dal modello originale, lo stesso non si può dire della Beta Montecarlo 2.0, che – va sottolineato – non ha coinvolto in alcun modo la Lancia e altro non è che un esercizio di stile con cui Obendorfer ha provato a immaginare un modello futuribile basato sulla piattaforma Emp2 del gruppo Stellantis (la stessa architettura, per intenderci, delle attuali vetture di medie dimensioni dei marchi Citroën, Peugeot e Opel). Una buona idea, o no? L’abbiamo chiesto direttamente a Paolo Martin, designer ex Pininfarina e creativo libero, papà della Lancia Beta Montecarlo e di tanti altri modelli entrati nella storia (sue, per esempio, la Fiat 130 Coupé e la Rolls-Royce Camargue) e nella leggenda (basta citare la Ferrari Modulo).

È solo un rendering, ma c’è chi dice che la Montecarlo Concept, come tanti altri remake di automobili d’epoca radicate nell’immaginario degli appassionati, ha avuto il merito di riportare in auge il modello a cui s’ispira. Paolo Martin, è d’accordo?

“Direi di no. Occorrerebbe, prima di tutto, definire con precisione il perimetro dell’immaginario degli appassionati. Mi spiego: la maggior parte di loro, se deve acquistare un’automobile nuova, sceglie quella che funziona meglio, non certo quella che gli ricorda un vecchio modello. E poi, francamente, a parte il frontale con la calandra e i fari incastonati nella fascia in plastica nera, nel disegno di Obendorfer non vedo alcun punto di contatto con la macchina che disegnai ormai più di quarantacinque anni fa”.

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Nel 2021 la Beta Montecarlo, di anni, ne fa 46, eppure sembra ancora una ragazzina. Corre da ferma. Come nacque quel progetto?

“In origine, nell’ambito di un’operazione di marketing della Fiat, doveva essere una piccola sportiva per un pubblico giovane, basata sulla meccanica della 128, e infatti conservo ancora i primi schizzi che eseguii intorno a un layout con trazione e motore anteriori. Poi un bel sabato, non mi chieda quando, l’Avvocato Agnelli entrò nei magazzini della Pininfarina con una calandra marchiata Lancia. Quando il lunedì rientrai in ufficio, venni a sapere del cambio d’identità. Del quale, peraltro, rimase un segno inequivocabile”.

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Quale?

“Non sono in molti a saperlo, ma osservando con attenzione il muso in pianta, si nota che la mascherina ai lati sporge di alcuni millimetri rispetto al bordo del cofano. D’altronde, è stata incastrata alla bell’e meglio, all’ultimo minuto. Io, sulla mia Beta Montecarlo, la calandra me la sono costruita come l’avevo progettata: ho fatto il modello, il calco e poi l’ho stampata a resina. Adesso è perfettamente a filo”.

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Oggi problemi di questo tipo non ce ne sono. A livello costruttivo, si può fare praticamente tutto. Eppure, a volte sembra che le auto nuove si somiglino un po’ tutte, non trova?

“Purtroppo è innegabile. Credo che il motivo sia legato a ragioni di marketing, più che di creatività pura. Gli anni d’oro del design se ne sono andati da un pezzo, e io ho avuto la fortuna di viverli. C’era un entusiasmo incredibile, in tutti gli ambiti, oggi invece tutto è più piatto e standardizzato e chi si avvicina alla professione di creativo deve mettere in conto di non essere completamente libero di creare”.

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Torniamo alla Montecarlo Concept: compiendo un salto immaginario di quasi cinquant’anni, è diventata una specie di suv. Anche qui “colpa” del marketing?

“Il marketing studia i mercati globali e le case automobilistiche hanno capito ormai da un pezzo che le suv sono di gran lunga la categoria di automobile più apprezzata. Ricordo quando negli Anni ’80 uscì la prima Renault Espace: la gente corse a comprarla perché si stava seduti più in alto, provando una sorta di senso di dominio sulla strada. Oggi è lo stesso con le Sport Utility, peccato che sono sempre più grandi e costose. E non entrano nei garage. A volte le guardo e penso che servano solo a salire sulle aiuole dei parcheggi dei supermercati”.

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A quanto sembra di capire, Obendorfer immagina la sua Beta Montecarlo a ruote rialzate con una motorizzazione elettrificata. Qual è il suo punto di vista sulle auto elettriche? Sono davvero il futuro?

“Non sono molto informato sugli ultimi sviluppi della mobilità elettrica, ma parto da un assunto: il combustibile con il più alto rendimento è il gasolio. Se il rapporto energetico tra il gasolio e l’elettricità è di 1 a 10, allora è evidente che qualcosa non va. Soprattutto se per produrre l’energia elettrica si continuano a bruciare idrocarburi”.

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Meglio l’ibrido, quindi?

“Senz’altro. È la soluzione che adotterei se dovessi fare un’automobile oggi. E infatti ho previsto un sistema di questo tipo per il mio ultimo progetto”.

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Di cosa si tratta? Siamo curiosi.

“Sembrerà uno scherzo, ma da alcuni mesi sto lavorando proprio a un rifacimento della Lancia Beta Montecarlo”.

Dice sul serio?

“Certo. Sono risalito alle origini del concept e ne ho studiato uno nuovo, basato sugli stessi punti cardine, ovvero semplicità ed efficienza. Ho disegnato le sospensioni, che sono speculari, il telaio e la cellula dell’abitacolo, tenendo conto delle ultime tecnologie produttive. Il motore è sempre collocato dietro, in posizione trasversale, il peso complessivo intorno ai 700 kg. Potrebbe essere qualcosa di rivoluzionario. Non dico un’altra Modulo, ma sicuramente qualcosa di molto innovativo. Per il momento, però, non posso dire altro”.

Ma esiste qualche disegno? Qualcuno la farà?

“Ho fatto il modello del telaio e alcuni rendering, il resto si vedrà. Di sicuro c’è che mi sono divertito un sacco”.

Un ringraziamento particolare a Paolo Martin per averci concesso l’uso dei suoi bozzetti 

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