Porsche, VW e quell’inno alla leggerezza che ci manca tanto

Piccole e snelle, rapide come ghepardi, precise come un rasoio nel disegnare le curve. Una volta, era questo l’identikit della vera macchina sportiva. Per mutate “convenzioni”, oggi questa categoria di vetture abbraccia modelli che col passare del tempo sono diventati sempre più grandi, grossi e pesanti: questione di esigenze di comfort un tempo non contemplate, ma anche e sopratutto di sicurezza. Fortuna che sia così, da un lato, ma ovviamente il rovescio della medaglia esiste: filtrata dall’elettronica e dai chili extra delle scocche, la guida è diventata meno rude e appagante, almeno per i piloti più esigenti. Eppure, in linea teorica, l’odierna industria dell’auto disporrebbe di tutte le tecnologie per tornare a sfornare qualche bel bolide ispirato al credo della leggerezza e del puro piacere di guidare.

RITORNO AGLI ANNI ’60. Sulle nostre strade, per esempio, tecnicamente potrebbero tornare macchine come la Porsche 904 degli anni ’60, con le ovvie modifiche del caso rispetto a quella mini-belva sottile come una sogliola, che fermava l’ago della bilancia a 650 chili e grazie ai 180 CV forniti dal suo quattro cilindri boxer raffreddato ad aria schizzava come una saponetta, con allunghi oltre i 260 km/h. Chi avesse la tentazione di credere che si tratti di una speculazione campata un po’ per aria o di un divertissement fine a se stesso, deve sapere che l’idea di riproporre in chiave moderna quell’auto leggendaria, una decina di anni fa, era venuta proprio alla casa di Zuffenhausen.

FILOSOFIA IMMUTATA. Guidati dalla ricerca dell’equilibrio perfetto tra leggerezza ed efficienza aerodinamica, il tutto in nome di un rapporto peso-potenza da record, i progettisti della Porsche si erano ispirati alla Carrera GTS da corsa, sulla quale, per risparmiare chili preziosi, si era rinunciato all’alluminio, preferendo imbullonare e incollare al telaio scatolato in lamiera d’acciaio una leggerissima carrozzeria in vetroresina. Mezzo secolo dopo sono cambiati i materiali, non la filosofia: battezzata Living Legend (“leggenda vivente”, dall’inglese), la Porsche 904 dei giorni nostri unisce forma e struttura in una raffinatissima monoscocca in fibra di carbonio. Per dovere di cronaca, bisogna ricordare che quel progetto non partiva da un foglio completamente bianco: l’idea era stata mutuata dalla Volkswagen XL1, super affusolata berlinetta diesel ibrida ricaricabile prodotta in 250 esemplari tra il 2013 e il 2016 e con la quale a Wolfsburg puntavano a percorrere 100 chilometri con un litro di gasolio.

Volkswagen XL1

CUORE ITALIANO. Quello che cambiava sulla Porsche, avvicinandola in una maniera assai suggestiva alla sua leggendaria antenata, era il motore: l’accoppiata tra il bicilindrico diesel da 800 cc e 48 CV e un motore elettrico da 27 CV fu accantonata in favore di un motore motociclistico assai più potente e sportivo, quello della Ducati Superleggera, un V2 da 200 CV in grado di allungare fino a 12.000 giri e di spingere i poco più di 900 kg del corpo vettura alla soglia dei 270 km/h. L’idea, di quelle che portano gli ingegneri con il sacro fuoco delle corse a non dormire la notte, pur di vederla realizzata, piacque così tanto ai piani alti di Wolfsburg che fu deciso di realizzare una vettura gemella marchiata Volkswagen, la XL Sport, diversa nello stile della carrozzeria ma identica alla cugina Porsche “sotto la pelle”. Macchine da perderci la testa, macchine che forse non torneranno mai più, eppure stiamo parlando di appena dieci anni fa. Ma perchè?