Rider Mania, la Woodstock al curry di Royal Enfield

Rider Mania, la Woodstock al curry di Royal Enfield

Pur fregiandosi di un marchio storico, fino a qualche anno, fa le Royal Enfield erano motociclette conosciute da pochi in Italia e guidate da ancor meno persone. Questo nonostante 118 anni e un modello, la Bullet, che vanta il primato di moto in produzione continuativa da più tempo senza interruzioni. La storia di questa casa motociclistica è affascinante: una fabbrica di armi nel cuore dell’Inghilterra che inizia a produrre moto nel 1901 e vive da protagonista i decenni successivi, conquistando appassionati in patria e anche in India, dove trapianta una fabbrica per servire la polizia di quella che al tempo era una colonia dell’impero.

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LA RINASCITA A MADRAS. Alla fine degli anni sessanta però l’industria motociclistica britannica si disgrega quasi completamente e anche la fabbrica RE chiude i battenti, nel 1971. In India però fanno finta di niente e a Madras – oggi Chennai – continuano a sfornare motociclette fino ai giorni nostri. Da metà anni ’90, nel frattempo, il marchio entra nell’orbita del costruttore di mezzi pesanti Eicher che inizia a investire in ricerca, sviluppo e rafforzamento dei team di ingegneri; un nuovo corso scritto da progettisti di primario standing arrivati da case italiane, inglesi e giapponesi, un centro di R&D nel Regno Unito a cui è affiancata da poco una struttura ancora più grande a Chennai. Il resto è storia recente: al modello leggendario ne vengono infatti affiancati altri più moderni, figli del nuovo corso del marchio.

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LA GAMMA SI AMPLIA. Evergreen e novità, rimanendo sempre sul classico. Accanto all’iconica Bullet e alla quasi gemella Classic ci sono infatti la crossover di piccola cilindrata Himalayan, pensata per le strade dissestate dell’omonima montagna ma ben attrezzata anche per il traffico e le buche cittadine. e le nuove bicilindriche da 650 cc Interceptor e Continental GT, riedizioni moderne di due mattatrici rispettivamente della cultura Surf americana e di quella Cafe Racer britannica. Le ultime arrivate sono motociclette pensate per un pubblico occidentale, moderne e tecnologicamente al passo con i tempi pur preferendo, quando possibile, soluzioni largamente collaudate.

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L’INDIA SU RUOTE. Se l’impronta Made in England è ancora forte in tanti dettagli delle Royal Enfield, lo stesso vale anche per l’anima indiana delle moto della casa. Il suono cadenzato del motore monocilindrico si può sentire in ogni strada, in mezzo al traffico, in ogni sentiero fuori mano del subcontinente indiano. La Bullet fa parte dell’immaginario collettivo così come i vestiti colorati delle donne indiane, le bandierine tibetane e le spezie dall’odore così penetrante. Fa lo stesso effetto del bicilindrico di una vecchia Fiat 500 tra i sanpietrini di Roma o nei carruggi di Genova, è fenomeno di costume. Per gli indiani infatti Royal Enfield è più di un marchio motociclistico, è una religione. Per decenni i suoi mono 350 e 500 hanno rappresentato l’alternativa di mobilità più diffusa quasi ovunque nel paese, tanto che possedere il modello con la cubatura più grande rappresentava addirittura quasi uno status symbol.

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RIDER MANIA. Questo attaccamento è ancor più evidente nel lungo weekend di Rider Mania, il raduno mondiale Royal Enfield che si tiene ogni anno, a novembre, a Goa. Una festa coloratissima ed esagerata, difficile da replicare in un contesto europeo come le Giornate Mondiali Guzzi di Mandello, i BMW Motorrad Days di Garmisch o il World Ducati Weekend al circuito di Misano. A parte le 8mila Royal Enfield parcheggiate una accanto all’altra (per dare un riferimento, il raduno annuale del club nazionale italiano ne riunisce circa centocinquanta), è la varietà delle attività a lasciare a bocca aperta. Tour in off road o nelle strade della vecchia Goa al sorgere del sole, gare di hill-climbing e flat track, fettucciati e poi ancora contest per la moto più pulita, il monta-e-smonta, il sollevamento moto, i corsi di enduro e molto altro. Senza tralasciare le manifestazioni più esuberanti come le gare di beer-drinking o il torneo di braccio di ferro.

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LUNA PARK.Una specie di parco a tema, in cui tutti possono cimentarsi in tutto, impossibile da replicare a casa nostra dove ormai vige la ‘civiltà dello scarico di responsabilità’. In India, un paese bellissimo nelle sue contraddizioni, ci sono ancora dei romantici hooligan del marchio che viaggiano per giorni – qualcuno anche settimane – fino ad arrivare a Goa, gareggiando in qualche disciplina dando il tutto per tutto e senza risparmiare la moto che, in un modo o nell’altro, li dovrà riportare a casa. Come i cavalieri medioevali o gli artisti futuristi, ma in un’ambientazione in cui il tempo sembra scorrere a un ritmo più lento. Senza contare il fascino di certe ‘cavalcature’: non solo le special più curate o semplicemente le moto più recenti tenute in maniera impeccabile, sono state quelle più vecchie e vissute a farci innamorare, con la loro ruggine, i parafanghi spaiati e quei giri di filo di ferro a tenere tutto insieme. Romantiche, inarrivabili e, a loro modo, tremendamente veloci.

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