Saab PhoeniX, la fenice svedese che non ha mai spiccato il volo

Saab PhoeniX, la fenice svedese che non ha mai spiccato il volo

Con il piano di ibernazione per lo stabilimento di Trollhättan annunciato qualche settimana fa dalla NEVS (National Electric Vehicle Sweden), la società che aveva rilevato le attività della divisione automobilistica della Saab nel 2012, le nubi d’incertezza intorno al futuro della casa del grifone rosso, già in bilico, si fanno ancora più fitte e scure. E pensare che un segnale incoraggiante di ripresa c’era pur stato: le luci della catena di montaggio si erano riaccese nel 2017 per produrre la 9-3EV, reincarnazione a pile della berlina 9-3, ma il baratro in cui era sprofondata la nuova Saab era ormai troppo profondo per consentirle di uscirne con le sole sue forze. 

UNA FABBRICA DIVERSA DA TUTTE LE ALTRE. Nel 2019 nel capitale dell’azienda sono entrati i cinesi di Evergande, gigante del settore immobiliare, a sua volta finito in pessime acque dopo il crollo in Borsa nell’ottobre del 2021. Insomma, sono cambiati i rapporti di forza nel CdA, ma sulla ex Saab continua ad aleggiare minaccioso lo spettro del fallimento. Ed è superfluo dire che sarebbe un peccato colossale, perché nel corso della sua lunga storia la casa svedese, con le sue automobili tecnologicamente all’avanguardia e mai banali, ha sempre rappresentato un punto di vista altro da cui scrutare il mondo dei motori. È stato così sin dal primo prototipo, quella Ursaab che, nel 1946, prefigurava il modello che tre anni dopo sarebbe diventato la prima automobile della Saab, fino a quel momento specializzata nella costruzione di aeroplani. E proprio alla carlinga di un velivolo s’ispirava il disegno della Saab 92, che grazie a un Cx di 0,30 si faceva bastare e avanzare gli appena 25 CV forniti dal suo piccolo motore bicilindrico da 764 cc, superando di slancio i 100 km/h. 

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UN PROTOTIPO PER CONTINUARE A SOGNARE. Ironia della sorte, la storia della Saab, costellata di auto rimaste famose per la loro solidità e le loro elevate prestazioni, soprattutto con l’avvento dei modelli turbo, a partire dalla fine degli Anni ’70, oggi rischia di finire proprio com’è cominciata: con un prototipo in netto anticipo sui tempi. Tecnicamente il domani della casa di Trollhättan è ancora in stand-by, perché non è ancora detta l’ultima parola e la PhoeniX, la concept car di quella rinascita che ancora non si è concretizzata, non hai mai smesso di tenere vivo il fuoco della speranza nei tantissimi appassionati che farebbero letteralmente i salti di gioia nel rivedere l’emblema del grifone di nuovo al suo posto nella mappa dei grandi costruttori di automobili. Ma bisogna essere realisti: il programma di licenziamenti previsto dalla NEVS provocherà una riduzione di circa il 95% della forza lavoro della ex Saab, il che significa che andrebbero a casa 320 dei 340 lavoratori attuali. Difficile pensare a un piano di rilancio più o meno imminente, in una situazione così complicata.

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UNO STILE SORPRENDENTE. Su una cosa, però, non c’è il minimo dubbio: se mai qualcuno riprenderà per mano la Saab, aiutandola a risollevarsi e spronandola a risorgere dalle sue ceneri, nella PhoeniX troverebbe esattamente tutto ciò che serve per centrare l’obiettivo. Presentata nel 2011 al salone di Ginevra, quella audace coupé 2+2 a tre porte, modellata per farsi accarezzare dal vento, porta la firma dell’allora boss dello stile della casa svedese, Jason Castriota. Americano, classe ’74, Castriota ha studiato anche in Italia, a Torino, e vanta un trascorso in Pininfarina, dove ha contribuito a definire le forme della Maserati GranTurismo e della Ferrari 599 GTB Fiorano. Per la Phoenix, nel passato della Saab lo stilista newyorkese aveva individuato due potenti muse ispiratrici: dalla 92 derivava l’attenzione diffusa all’efficienza aerodinamica, pilastro portante della casa svedese; dalla Sonnet di seconda generazione, quella costruita dal 1966 al 1974, lo sviluppo della zona posteriore, contraddistinto da una coda tronca dall’andamento ondulato. 

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AVANTI ANCHE SOTTO PELLE. Sorprendente nello stile, la Saab PhoeniX spiccava anche sul piano della meccanica e delle tecnologie di bordo: questa “svedese fenice” che purtroppo non hai mai spiccato il volo, infatti, va senz’altro ricordata per il suo sistema di propulsione ibrido (a un 1.6 turbo a benzina di origine BMW da 200 CV era accoppiato un motore posteriore elettrico da 34 CV) e per il display touch-screen da cui si gestivano tutti i servizi di bordo con Android Auto. Tecnologie che oggi sono la norma, ma che allora erano una rivoluzione. Forse piccola, ma grande abbastanza per condurre la Saab fuori dalla notte buia in cui giace ancora addormentata

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