Segni particolari: nate nell’anno 1

Segni particolari: nate nell’anno 1

Scorre il placido 2021 e, come ogni anno automotive che si rispetti, sbocciano qua e là anniversari da festeggiare; se siete lettori assidui di Veloce, saprete bene che non ci perdiamo mai i compleanni dei modelli o delle Case che più ci stanno a cuore. Negli anni 1, dal dopoguerra ad oggi, sono arrivate sul mercato anche i sette gioielli che vi presentiamo oggi: vetture molto diverse tra loro, sognate (quasi) da chiunque, scelte da target molto differenti ed utilizzate in contesti oltremodo eterogenei.

Ferrari 212 Inter

Ferrari 212 Inter

1951 – FERRARI 212 INTER. La collaborazione tra il Cavallino Rampante e Pininfarina iniziò proprio con lei, la 212 Inter. Enzo Ferrari e Battista Farina, infatti, si conobbero nell 1922, ma solo nel 1951 il Commendatore capì l’importanza dell’avere un legame saldo e duraturo con almeno una carrozzeria. Il V12 dell’ing. Colombo, su questa filante berlinetta granturismo erogava tra i 150 e i 170 cavalli a seconda della tipologia di alimentazione; non molti, è vero, ma comunque in grado di spingere la vettura fino a 200 km/h. Su questo modello si cimentarono anche Vignale, Ghia e Touring, sia in versione coupé, sia cabriolet.

Alpine A110

Alpine A110

1961 – ALPINE A110. L’Alpine più famosa e vincente di sempre è senza dubbio lei, la A110. Nacque nel 1961, come rimpiazzo della A108, e iniziò ad essere commercializzata solo qualche anno dopo. La sua carrozzeria bassa e filante – opera di Giovanni Michelotti – era realizzata in vetroresina. Grazie al peso ridotto, inferiore ai 650 kg, riusciva a sfiorare i 160 km/h nonostante sotto al cofano ci fosse un modesto quattro cilindri da 956 cc e 50 cavalli. Da qui a qualche anno la cubatura e la potenza salirono di livello e la coupé transalpina divenne star indiscussa del primo Campionato Mondiale Rally, agguantando anche la corona iridata a fine stagione. A distanza di sessant’anni, l’Alpine, non smette di stupire.

Mercedes SL R107

Mercedes SL R107

1971 – MERCEDES-BENZ SL (R107). Alla R107 spettò un compito alquanto arduo ovvero rimpiazzare l’elegante e super apprezzata W113, la celeberrima Pagoda. I tecnici di Stoccarda, però, avevano un asso nella manica: trovare una soluzione telaistica alternativa al ponte posteriore con bracci oscillanti che rendeva le precedenti SL pesanti e ostiche da gestire su asfalto scivoloso. Si scelse così, oltre ad un moderno avantreno a ruote indipendenti con quadrilateri articolati, un retrotreno a bracci diagonali, anch’esso – come l’anteriore – dotato di molle elicoidali e barra stabilizzatrice. La 350 SL era equipaggiata con un V8 da 3499 cc capace di 205 cavalli e poteva avere, in alternativa al cambio manuale a quattro marce, un cambio automatico a tre rapporti. Tra il 1971 e il 1989 se ne vendettero più di 230mila unità.

Maserati Biturbo

Maserati Biturbo

1981 – MASERATI BITURBO. Voluta da Alejandro de Tomaso, che aveva rilevato Maserati nel 1976 da Citroën, la Biturbo doveva essere la molla del rilancio tridentino: prezzo competitivo – ma nemmeno troppo – e produzione di almeno cinquemila esemplari all’anno. L’obiettivo, come molti di voi sapranno, non fu raggiunto, principalmente a causa di problemi d’affidabilità dovuti allo sviluppo incompleto della vettura; ci furono anche Biturbo che andarono a fuoco per colpa degli anelli di gomma sintetica che sostenevano lo scarico. Per accelerarne la commercializzazione, motore e sospensioni venivano assemblate a Modena, mentre il resto della vettura a Milano presso la Innocenti. Nonostante tutto, però, il V6 sovralimentato da 2 litri erogava 180 cavalli — 192 per il 2,5 litri destinato alle vetture per il mercato statunitense — sufficienti a far viaggiare la vettura fino a 215 km/h e a scattare da 0 a 100 km/h in poco più di 7″. Dell’epopea Biturbo, che avrebbe poi portato Maserati ad finire sotto l’egida Fiat, avevamo parlato in dettaglio qui.

Bugatti EB110

Bugatti EB110

1991 – BUGATTI EB 110. La EB 110 è stata l’incarnazione del più grande sogno di Romano Artioli: ridare al glorioso marchio Bugatti quel prestigio che, anche solo per tradizione, avrebbe meritato. Nel 1990 venne inaugurata la Fabbrica Blu di Campogalliano e un anno dopo fu sfornata quella che, al momento, era la supercar delle supercar. Paolo Stanzani e Nicola Materazzi ‘partorirono’ un missile a quattro ruote motrici con scocca in carbonio, mosso da un V12 quadri-turbo da 650 cavalli che poteva spingerlo fino a 350 km/h; la linea fu stilizzata inizialmente da Marcello Gandini e poi da Paolo Benedini. Nonostante i grandi contenuti tecnici, nettamente avanti rispetto ai tempi, i risultati in termini di vendita non furono eclatanti: tra GT ed SS – con 610 cavalli – ne vennero prodotte appena 139 unità, vendute ad un prezzo decisamente proibitivo.

Lamborghini Murciélago

Lamborghini Murciélago

2001 – LAMBORGHINI MURCIÉLAGO. La prima Lamborghini del nuovo millennio e dell’era Audi, non ha perso niente quanto a fascino, potenza ed esotismo: alta 114 cm, larga oltre 200, 580 cavalli scalpitanti, una velocità massima di 330 km/h e quelle portiere a forbice che trasformano chiunque la guidi in una superstar. È l’ultima a montare un’evoluzione del V12 di Giotto Bizzarrini, l’ultima con tre pedali e una fantastica leva del cambio che opera in un selettore a griglia, ma anche la prima Lambo ad utilizzare l’aerodinamica attiva, con delle prese d’aria che si aprono e chiudono a seconda del fabbisogno d’ossigeno del propulsore. Un vero cardine tra passato e futuro per Sant’Agata Bolognese, una supercar a cui, nonostante gli ausili elettronici e la trazione integrale, bisogna ancora dare del lei o si finisce gambe all’aria. Esemplari prodotti in nove anni, 4099.

Pagani Huayra

Pagani Huayra

2011 – PAGANI HUAYRA. Dopo la fortunata Zonda, Horacio Pagani punta su di lei. Telaio realizzato in carbonio e titanio, un V12 biturbo by Mercedes-AMG da 5980 cc, oltre 700 cavalli e 1000 Nm di coppia per 370 km/h di velocità massima. Da 0 a 100 km/h? Meno di tre secondi. Il cambio è un sette marce sequenziale Xtrac montato trasversalmente: niente doppia frizione, perché avrebbe comportato un aumento del peso di circa 70 kg a fronte di una velocità di cambiata di poco superiore. E poi aerodinamica raffinata, ma anche finiture interne così ricercate da lasciare di stucco chiunque non si possa permettere una Huayra ovvero il 99,99 percento di noi. Una vera e propria hypercar, che ha richiesto otto anni di progettazione e sviluppo, ancora oggi in auge sebbene i fulmini dell’elettrificazione inizino a serpeggiare anche a San Cesario sul Panaro.

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