Signorina buonasera. E già che c’è, dica 33

Signorina buonasera. E già che c’è, dica 33

Nicoletta Orsomando ha presentato tutto. E tutti: Baudo, Buongiorno, Carrà e Corrado. Granpremi di F1 compresi. Campana, è stata una delle donne più veloci di sempre. Anche di una supercar: per questo la potevi vedere contemporaneamente a Roma e a Torino. O a Milano. In men che non si dica raggiungeva i punti più remoti dello stivale, valli bresciane a prova di camuni comprese. 

TUTTO DA RIFARE. Editori, industriali, politici. Nel dopoguerra il futuro andava inventato velocemente e così tutti furono chiamati a fare la propria parte. Chi si occupò di autostrade che collegassero la penisola, chi di antenne che la irradiassero, chi di macchine che la percorressero. E così la televisione impose il proprio linguaggio, dalle Alpi alle piramidi (quasi), da Mazzarino al Reno (che passa a Casalecchio). Ma c’era un regola da seguire: per entrare nelle case della gente, bisognava essere educati, eleganti. Parlare correttamente un italiano da scuola di dizione. Comprensibile, quindi, ma soprattutto replicabile dai telespettatori che dovevano sostituirlo ai propri dialetti. Ognuno poi nasce con un destino. Quello di conquistare il mondo, i podi, la borsa, il cuore di una donna. O quello di diventare pietre miliari come la Orsomando. Volti familiari che ti salutano quando torni a casa la sera. Tutte le sere. 

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SI VA IN ONDA. In Italia, auto e televisione nascono sostanzialmente insieme. La prima trasmissione della RAI è del 1954, mentre la 500, la macchina che mise al volante il Bel Paese, arriva giusto tre anni dopo. Se l’idea della TV era quella di unire, di incollare tutti, belli e brutti, davanti a uno schermo (al bar, o a casa del parente benestante), la missione della macchina era diversa. Anzi, addirittura opposta. Dopo anni di regime, di regole e direzioni obbligate, si sognava la libertà di andare dove si voleva. Come di arrivare in fabbrica con la propria ‘bella’ per far sapere a tutto il reparto di essere degli ‘auto muniti’. E poi le domeniche al mare, i sabati danzanti e le sere in camporella. Passano gli anni e i due mezzi di comunicazione (perché alla fine, anche la motorizzazione del Paese permise comunicazioni, anche commerciali, altrimenti impensabili) viaggiano mano nella mano. E le giornate finivano sempre alla stessa maniera, tornavi a casa e trovavi sempre lei e (quasi) solo lei, la Orsomando. Signorina, buonasera. 

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E 70 ANNI DOPO… Ma poi il tempo passa e si arriva a questi Anni ’20. Quelli dello streaming, dei podcast, dei Netflix vari e eventuali. Insomma oggi che la televisione, meglio, l’intrattenimento, è diventata un prodotto da consumare da soli, abbiamo detto basta ai salotti affollati. E visto che ognuno col proprio smartphone può vedersi tutto il cinema del mondo, ormai si condivide più volentieri un post a tavola che il divano. In differita, in diretta, in loop. In lingua originale, in serie, a pagamento o gratis, in HD o 4K. Le trasmissioni sono incontenibili e le signorine hanno nomi esotici come Alexa, Siri, Hey Google! Bene, concetto capito. E alle macchine, cos’è capitato nel frattempo alle nostre macchine? Ecco, mentre la TV si è trasformava in un fatto personale, coi navigatori, le guide assistite, gli autovelox, i viaggi in auto sono diventati chilometri in serie, spostamenti omogeneizzati dal punto A al punto B. E così alla fine ci ritroviamo rinchiusi in scompartimenti semoventi, tutti per andare dalla stessa parte, rigorosamente in fila indiana. E quando arriviamo a casa la sera, con la faccia ingrigita da questi chilometri insipidi, non troviamo più manco una signorina a dirci buonasera… 

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LA ORSOMANDO, IL CANONE E LA 33. Emma Danieli, Lidia Pera, Nataniela De Micheli, la lista delle signorine buonasera è lunga (molto più lunga di così). Eppure, per gli alfisti, ce n’è soltanto una. La Orsomando. Perché? Anno del Signore 1986, e lei che si presenta, con l’indeformabile permanente e il sorriso da eurovisione, con una proposta quasi indecente. “Quaranta vetture Alfa 33. E una potrebbe essere la vostra…“. Già, perché quelli erano ancora gli anni in cui per essere sicuri che pagassimo il canone, la RAI non aveva bisogno di mettertelo nella bolletta. Perché sapeva come prenderti per la gola… 

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