Supercar Alfa Romeo: 33 Stradale, sogno infinito

Supercar Alfa Romeo: 33 Stradale, sogno infinito

Ancor più che una macchina resa memorabile dalla matita di Franco Scaglione, l’Alfa Romeo 33 Stradale è un luogo della mente – vasto, suggestivo, magico, sognante. La supercar che ne raccoglierà il testimone 56 anni dopo si mostrerà al pubblico il prossimo 30 agosto al Museo Storico Alfa Romeo e per ingannare l’attesa abbiamo scelto come protagonista della prima puntata della nostra rassegna dedicata alle più belle auto da sogno del Biscione quella che è considerata a buon diritto come la “madre” di tutte le successive fuoriserie della casa milanese.

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TRA SOGNO E REALTÀ. Se avesse una coscienza (e al di là di quel “gioiello” a otto cilindri che nasconde al centro della sua splendida carrozzeria, c’è chi è pronto a giurare che ce l’abbia davvero…), l’Alfa Romeo 33 Stradale si sentirebbe senz’altro responsabile degli “straordinari” ai quali ogni giorno condanna gli smartphone e le fotocamere dei visitatori del museo di Arese. La supercar per eccellenza della casa del Biscione attira sguardi ammirati di grandi e piccini e flash come un barattolo scoperchiato di miele attira le api: praticamente impossibile resistere alla tentazione di toccarla, di assaporarne la sconfinata bellezza con le mani, sfiorando lentamente con i polpastrelli i vuoti e i pieni di quelle superfici di metallo che sembrano fatte apposta per fermare il tempo, portarlo in avanti per vivere un sogno e poi di nuovo indietro, per ricordare.

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UNA SUPERSTAR CHE NON CONOSCE ETÀ. Nessuna grande vita può essere vissuta senza passato e questo vale anche per un’automobile, a patto che essa sia così fuori dall’ordinario da rappresentare un concetto, una visione che esula dalla sua semplice funzione di mezzo di trasporto. E la vita dell’Alfa Romeo 33 Stradale, a più di mezzo secolo dalla sua nascita, continua a svilupparsi, a crescere, a diventare più forte nell’immaginario degli appassionati. Un po’ per il fascino eterno delle sue forme morbide e avvolgenti che la fantasia sconfinata, il gusto sopraffino e l’estro creativo di Scaglione hanno trasformato in una vera e indiscussa opera d’arte su ruote che, da sola, vale il prezzo del biglietto (e non è un modo di dire…). Un po’ per il filo invisibile che la lega a tutta una generazione di bolidi da corsa che, avendo ereditato la sua nobile e vincente meccanica, a cavallo tra gli Anni 60 e 70 hanno portato l’Alfa Romeo nell’Olimpo dello sport automobilistico. Per questo tutti ci auguriamo che nel Dna della nuova supercar del Biscione ci sia almeno un po’ dello stile e tutto lo “spirito” di quest’auto che tutto il mondo ci invidia…    

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2 commenti su “Supercar Alfa Romeo: 33 Stradale, sogno infinito”
  • gbvalli ha scritto:

    Sogno infinito, sì, e chiodo piantato nella coscienza e nella memoria dura di manager e politici che non hanno saputo fare tesoro delle capacità e dello spirito della vera Alfa Romeo. Quanto talento sprecato! E quanta economia, quanto mercato, quanti posti di lavoro! Adesso ne faranno 200, o 300, o 1000, non si sa, di questa nuova Milano, nome iconico ed azzeccato, secondo me. Ma una GT da 40000 euro per i comuni mortali, no ?

  • Alberto Spriano ha scritto:

    Alfa Romeo, la madre della Ferrari, l’Alfa rossa di Nuvolari, passion start here, la meccanica delle emozioni, cuore sportivo, la bellezza non basta, per chi guida senza lasciarsi guidare, only Alfa, l’auto disegnata dal vento e tanto altro ancora.

    Non c’è dubbio, la mitologia Alfa Romeo è ricca e internazionale e i veri Alfisti sono dei veri e propri seguaci, si tramandano il loro credo di padre in figlio, generazione dopo generazione.

    Alfa Romeo si distinse copiando il motore a 8 cilindri in linea di Bugatti. Uno schema che era stato esplorato da Bugatti sin dal 1913, accoppiando in linea 2 motori della Tipo 13. L’Alfa Romeo 8C progettata da Vittorio Jano nel 1930 fu l’Alfa Romeo più ammirata negli anni ‘30.

    La mitologia Alfa iniziò con l’8 cilindri in linea bialbero con distribuzione a ingranaggi in cascata e compressori volumetrici, il cuore sportivo della più famosa Alfa Romeo di tutti i tempi, la P3 di Jano, l’Alfa rossa di Nuvolari.

    Con la P3 Alfa Romeo superò la stirpe delle Type 35, Type 37 e Type 39 di Ettore Bugatti e con Nuvolari divenne celebre per la rocambolesca vittoria del Gran Premio di Germania del 1935. E che dire della 512 Grand Prix di Wifredo Pelayo Ricart y Medina.

    Dopo la guerra iniziarono le imprese vittoriose delle Alfa Romeo da corsa più celeberrime dopo la P3 di Tazio, l’Alfetta 158 e la 159 di Gioachino Colombo la GTA Autodelta, le 33 Prototipo del Mondiale Marche di Carlo Chiti.

    Affascinante fu la Disco Volante, l’Alfa Romeo che mai fu, voluta nel ‘53 da Rudolph Hruska con la carrozzeria Touring disegnata a due mani da Carlo Felice Bianchi Anderloni e da Federico Formenti che fu la base delle fortune di Jaguar con la fantastica E ispirata alla Disco Volante che rese celebre Malcolm Sayer.

    La GTA rappresentò l’essenza Alfa Romeo mentre la serie 33 Autodelta di Carlo Chiti dominò due edizioni sport prototipi nella loro classe senza avversari, non sfidando Ferrari, Porsche, Ford e Matra.

    Le 33 ispirarono Scaglione che realizzò l’ammirata 33/2 Stradale, caratterizzata dalla famosa apertura delle portiere butterfly, dalla continuità della curvatura delle superfici vetrate fino a tetto della cupola a goccia che si immerge nel corpo vettura, dalle curve formose dei parafanghi con le prese e gli sfoghi dell’aria e dai grandi fari che diventano aerodinamici grazie all’estesa carenatura trasparente in armonia con le linee curve. Meravigliosa perché Franco Scaglione, genio solitario del design di carrozzeria, oltre ad essere studioso di aerodinamica era creatore d’eleganza.

    Deludente fu l’esperienza in Formula 1 con Carlo Chiti, neanche con il “Duca” e la 182, Alfa Romeo riuscì a tornare ai fasti della P3 e delle 158 e 159.

    Poi, per onor di cronaca ci furono le delusioni e le sconfitte dell’ultima Alfa Romeo, la 75 turbo evoluzione ad opera delle M3. La prima volta che la vidi a Monza doveva dominare, alla guida avevano messo il figlio di Mario Andretti, Michael. Arrivò BMW Motorsport, tirò giù le M3 aspirate dalla bisarca, le scaldò e quando si videro a Lesmo ed alla Variante Ascari si capì che erano di un’altro pianeta.

    Con l’acquisizione di Fiat si stabilì la frattura tra i veri Alfisti e le Alfa Fiat: lo scandalo della piattaforma condivisa. Dopo la 75 venne il tempo di progettare le berline Fiat, Lancia e Alfa Romeo. Fiat introdusse per contenere i costi di produzione la logica della standardizzazione e della semplificazione. Il paradigma Fiat della semplificazione era il 128, tuttoavanti, tutto semplificato, tutto Dante Giacosa.

    Un’unica piattaforma in comune per tre diversi marchi.

    Lo spirito sportivo Alfa Romeo scompare e ricompare: 8C, 4C, Giulia Quadrifoglio GTAm e in Formula 1 pintato su una Sauber.

    Oggi l’emblema Alfa Romeo è la vecchia Giulia Quadrifoglio del 2016, piattaforma Giorgio e V6 90* biturbo a scoppi irregolari 90*-150*-90* dell’ing. Pivetti che non è mai stato in grado di uguagliare le prestazioni del V6 della Nissan GTR.

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