Tributo Veloce: Dallara a ruota libera sull’auto

Tributo Veloce: Dallara a ruota libera sull’auto

26 settembre, Milano AutoClassica. L’appuntamento è con Veloce, ospite di ACI Storico. Sale sul palco Giampaolo Dallara ed è il momento di ascoltare. Ascoltare un ingegnere che ha vinto tant(issim)o perché s’è preso la briga di provare a capire. Le cose. A forma di auto, prima di tutto. E da corsa, soprattutto. Più passano i minuti, più diventa chiaro che il passaggio del pubblico che freneticamente si sposta da uno stand all’altro viene rapito dai modi pacati ma decisi di Dallara. Lui racconta fatti, cose vere. Si parla delle sue passioni, dei suoi sogni (anche a forma di Stradale, la sua prima Dallara targata) e, dato che a 84 anni non ha ancora smesso di prendersi la di imparare, gli domandiamo quale futuro dovremo immaginare per i nostri spostamenti. Già che la sua ‘Dallara’ è un polo d’eccellenza mondiale per la ricerca e lo sviluppo. Elettrico vs motore termico: anche questo tema viene sviscerato davanti a un pubblico che ancora ama le nonne a quattro ruote, quello di Milano AutoClassica. In punta di piedi, grazie all’intervento di un personaggio tanto importante, abbiamo provato a infilare il seme di una nuova carculture in quei padiglioni che, al contrario certo, ospitavano la cultura automobilistica classica. Ecco un estratto del suo intervento.   

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Cosa l’ha spinta a pensare di costruire una vettura come la Dallara Stradale? Cosa non ha trovato nelle sportive in vendita oggi?
Volevo creare un’automobile ludica, uno strumento per divertirsi in sicurezza su strada. Che avesse lo spirito che anima i motociclisti, che di sabato non usano la moto per necessità ma per piacere. Ecco, lo stesso vale per la Stradale: è un’auto fatta per la gioia di guidare. Ha una funzione ben diversa dall’automobile di tutti i giorni, utile agli spostamenti. Il nostro obiettivo era proprio quello di creare un’auto che fosse fonte di divertimento su strada e su pista e, naturalmente, anche piacevole da guardare. Da quando l’abbiamo presentata al pubblico è stata un’auto molto apprezzata, perciò penso che abbiamo centrato l’obiettivo. Sicuramente si può fare sempre meglio ma siamo contenti del risultato ottenuto. 

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Stradale certo, lo dice il nome, ma è una grande protagonista dei trackday dove sfruttare appieno gli straordinari 800 (e passa) kg di carico aerodinamico…
C’è persino una versione che supera anche i valori dichiarati alla presentazione (qui per saperne di più). La Stradale è un’auto in continua evoluzione, anche grazie ai nostri clienti che – dopo averla utilizzata – ci chiedono delle modifiche per andare ancora più forte tra i cordoli. Col tempo è naturale che si voglia qualche cavallo in più o più carico. Lo spirito della Stradale è proprio quello di partire da casa la mattina, arrivare in autodromo e mettersi a girare in pista, il tutto con una sola auto e in sicurezza; un fattore sempre più importante sulle auto moderne. Una volta era molto diverso: quando ho iniziato a lavorare nessuno parlava di sicurezza nel mondo automobilistico. E quando se n’è iniziato a parlare, la sicurezza è stata quasi subita da chi lavorava alla progettazione delle auto. Adesso è molto diverso: arriva prima di tutto e non ce n’è mai a sufficienza. 

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Con la sua esperienza e i suoi successi ci ha stupito quando ha detto: “Nella Stradale ho messo tutti i miei errori”. Quali sono gli errori che compie Giampaolo Dallara?
Tutti i giorni ce n’è uno nuovo (sorride, ndr). Sebbene ci siano aree di lavoro dove non bisogna permettersi di rischiare errori e dove essere super prudenti, in molti altri campi bisogna trovare soluzioni nuove e cercare di fare qualcosa di diverso, che non è stato fatto prima. Quando ero giovane mi veniva più facile sbagliare perché avevo più coraggio e perché non c’erano tutti i mezzi di simulazione oggi a disposizione. Adesso per esempio nella progettazione di una sospensione puoi sapere subito quale sarà la sua rigidezza e ne puoi testare il comportamento al simulatore, anche se tuttavia ci sono sempre delle aree dove si può ancora sperimentare; come nella ricerca e nell’utilizzo di nuovi materiali. L’errore spesso deriva dalla voglia di superarsi, cosa che ci spinge ad andare oltre. A questo punto ci sono due modi di considerare l’errore: può essere visto solo come una colpa oppure può diventare una conquista se capisci dove hai sbagliato e non lo commetti più. Purtroppo però ci sono sempre dei peccati capitali che uno continua a fare: per me è la presunzione, ovvero il pensare di essere bravo quando anche gli altri sono molto bravi. Nel motorsport, per esempio, c’è sempre una sorta di ‘rincorsa’ tra i vari team: in inverno si progetta la nuova auto da corsa, e magari – dopo essere stati battuti nella passata stagione – guardando la nuova auto da corsa ti convinci di essere diventato più forte e di essere più bravo degli avversari per la stagione a venire; ma anche gli altri sono bravi e anche loro hanno lavorato duramente in inverno riuscendo a superarsi. Per questo ricordo sempre ai miei collaboratori di farmi ‘ragionare’ con oggettività.

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Qual è la visione di un centro di ricerca come quello della Dallara sulla mobilità di domani?
Il nostro mondo deve diventare più sostenibile. L’automobile è identificata come l’esempio principe dell’inquinamento. Non è vero, perché in totale l’emissione di anidride carbonica del parco auto non supera il 15 percento e, prendendo in considerazione tutte le forme di trasporto inclusi aerei e navi, non si parla di più del 40 percento. Ma il fatto che l’auto sia vista come l’inquinatore ha dato l’obbligo e il privilegio all’automobile di essere quel pezzo di mondo destinato a cambiare più in fretta. Penso che questo aspetto sia una fortuna perché sprona tutta l’industria automobilistica a mutare e migliorarsi per inquinare meno. Forse l’automobile sarà elettrica: dovremo quindi imparare come fare l’elettricità in modo sostenibile e come costruire automobili che siano riciclabili una volta terminato il loro ciclo di vita. Ma al tempo stesso non è detto che il motore termico sia giunto alla fine: ad esempio in Indycar si corre con auto alimentate a etanolo, un biocarburante che non è di origine fossile. Molti invece sostengono che le vetture saranno elettriche, ma alimentate dall’idrogeno; oppure c’è chi dice che si potrà utilizzare l’idrogeno allo stesso modo in cui il metano viene utilizzato per alimentare il motore termico. Quello che è sicuro è che l’automobile cambierà molto, ma quello che non cambierà sarà l’esistenza dell’auto come strumento di mobilità individuale. Credo che non avrei problemi a muovermi con un’auto a guida autonoma per andare da Parma a Milano, ma quella volta che voglio muovermi in fretta per andare a trovare mia nipote o soltanto perché voglio guidare per godermi il viaggio devo poterlo fare. Non dimentichiamo che l’automobile ci ha fatto conquistare la libertà individuale nel secolo scorso. Senza l’automobile e la mobilità individuale non ci sarebbe il mondo di adesso: siamo arrivati a un livello dove le auto inquinano meno, ma non ancora abbastanza, e sono più sicure. In futuro saranno ancora meno inquinanti e più sicure ma ciò che è certo è che esisteranno. Non possiamo essere condannati a non avere più lo strumento con cui possiamo spostarci liberamente da una parte all’altra. 

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Lei è a stretto contatto con i giovani grazie alla Dallara Academy. Qual è la passione di un ragazzo di oggi per il mondo dell’auto?
Le dò subito un esempio: venerdì scorso c’erano dei corsi universitari solo da remoto e non ci siamo preoccupati di organizzare i trasporti degli studenti verso l’Academy. Ma giovedì sera i miei collaboratori mi hanno chiamato preoccupati dicendomi che occorreva organizzare in fretta gli spostamenti del giorno dopo perché i ragazzi volevamo andare lo stesso in aula a seguire la lezione per sentirsi parte della comunità. La passione insomma c’è ancora e questo mondo incanta ancora. L’idea di costruire automobili più veloci, sicure ed ecologiche c’è sempre e i ragazzi hanno voglia di imparare e portare idee nuove.

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Che cosa sarà la Motor Valley in questo mondo che cambia?
Io spero che non ci si voglia arroccare al passato, ma pensare a come evolversi in un mondo in continuo cambiamento. Bisogna cercare di capire questi cambiamenti perché tutto sarà diverso. Si è sempre parlato di formazione continua anche una volta entrati nel mondo del lavoro, ma io per i primi trent’anni della mia carriera ho studiato sempre sugli stessi libri. Ora quello che sembrava una certezza cinque anni fa è già da mettere in discussione e niente sarà esattamente come lo immaginavamo. Anche le nostre università devono guardare al futuro e immaginare come sarà. Per continuare a essere protagonisti nell’automotive dobbiamo comprendere tutte le funzioni dell’auto, anche quelle nuove come possono essere quelle più tecnologiche. Questo per non rimanere indietro ed essere coinvolti. L’industria dell’automobile emiliana lo sta già facendo perché non vuole essere utente del cambiamento ma protagonista

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Sono passati tanti anni da quando progettò la Lamborghini Miura e da qualche anno ne ha finalmente acquistata una. È stato emozionante tornare a guidarla?  
Era una vita che volevo prendere una Miura, ma non sapevo dove metterla e costava tanto. Poi sono arrivato a ottant’anni e ho pensato che non avevo ancora tanto tempo (…), così mi sono messo a cercarne una e ho trovato un esemplare in Svezia da restaurare. Alla Lamborghini è stata ricostruita con passione, in modo certosino. Mentre veniva restaurata ragionavo con mia figlia sul colore che avrei scelto. Ma quando è stato il momento di prendere una decisione con il Polo Storico della Lamborghini ho scoperto che sono dei fondamentalisti (ride): non era neanche in discussione rifarla di un colore diverso dall’originale. Se proprio avessi voluto avrei dovuto portarla da un altro carrozziere. Così ora la mia Miura è bianca, esattamente come quando uscì dalla fabbrica… quando me l’hanno presentata ho fatto un giro lì attorno a Sant’Agata dove i collaudatori testano le nuove supercar.

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Cos’ha pensato guidandola? 
Ho pensato che non sarei più in grado di farla perché ci vorrebbe molta più fantasia di quella che ho ora. Era figlia della giovinezza e del coraggio, che ora non ho più come una volta. Ho anche pensato che è bellissima, tutto merito di Marcello Gandini (questa è la prima auto che ha disegnato). Infine ho pensato a quanto la sicurezza non fosse presa neanche in considerazione a quei tempi nella progettazione delle auto.

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