Velocissime fastback: 5 prototipi tra Anni ’60 e ’70

Velocissime fastback: 5 prototipi tra Anni ’60 e ’70

Il periodo magico delle fastback, delle superfici tese, dell’iconica Fiat Dino e dell’Audi 100 della famiglia ‘C1’ ha visto l’avvicendarsi di numerosi prototipi tesi a portare sul mercato qualcosa di fresco e seducente. Abbiamo scelto, tra queste icone, cinque prototipi mai entrati in produzione e, nostro vanto, notiamo con malcelato orgoglio che c’è genio italiano in ognuna di esse, vuoi per il designer, vuoi, per il carrozziere, vuoi per il marchio costruttore.

De Tomaso Mustela

De Tomaso Mustela

DE TOMASO MUSTELA 1969. Nel 1967 De Tomaso porta in strada una belva di carattere maiuscolo. Dopo la piccola Vallelunga nata nel ’64 la possente Mangusta lancia il guanto di sfida a Carroll Shelby, animatore del mito delle Cobra, che decide di non partecipare al progetto di una super-erede della piccola coupé con ‘motorino’ Ford 160). Mentre Shelby viene coinvolto nel progetto GT40 per Ford, De Tomaso costruisce il prototipo ‘P70’ (che, però, non ha seguito). In seguito sviluppa la possente coupé con V8 Boss 302 da 5 litri e quasi 310 cv. Il Salone di Torino ’66 tiene a battesimo la conturbante coupé con cofano motore ‘ad ali di gabbiano’ ma l’irrefrenabile argentino è già oltre. Nel cassetto ci sono varie idee da valutare. Poco prima della Pantera stilizzata da Tom Tjaarda, regina del Salone di New York 1970, De Tomaso ipotizza una fastback quattro posti per una clientela ampia. Per la realizzazione pratica dell’idea è coinvolto Tom Tjaarda, architetto e designer, già autore di affascinanti creazioni come l’Innocenti 950, le Ferrari 330 GT 2+2 e 365 California, la Fiat 124 Sport Spider e la Pininfarina Rondine. Tjaarda sviluppa per De Tomaso la Mustela, un coupé con due porte snello, spazioso e arioso, simile all’Iso Rivolta Lele e alla Lamborghini Espada. Il frontale riprende il design della Mangusta, la fiancata propone alcune caratteristiche viste poi sulla Pantera. Il motore è un sei cilindri a V di tre litri Ford Essex con trazione posteriore e cambio a quattro marce. La Mustela partecipa al Salone di Torino del ’69 per raccogliere consensi ma l’accoglienza non è quella sperata. Nel 1973 ricompare con una nuova identità: la nuova Ford Mustela II Concept avrebbe potuto diventare l’erede della Ford Capri ma nuovamente il progetto non incontra il favore della Casa Madre.

De Tomaso Zonda

De Tomaso Zonda

DE TOMASO ZONDA 1971. Il progetto della Mustela non finisce nel cestino e Tom Tjaarda, nel 1971, traccia le forme della De Tomaso Zonda, allestita presso la Ghia. La forma a cuneo è il design dominante di quegli anni perciò il designer americano-olandese traccia le forme di un grande coupé Gran Turismo espressione dei desideri del pubblico (a Stoccarda, in questo periodo, è iniziato il progetto della 928 che, è opinione della Direzione, andrà a sostituire la 911 perché questa non durerà a lungo). La Zonda (l’inconsueto riferimento al ‘mostro’ di Pagani crea una certa sensazione di straniamento) è grande e affilata, basata sul telaio della Deauville, con parabrezza molto inclinato, sottile calandra anteriore (nella parte centrale ricorda l’Alfa Romeo Iguana di Giugiaro). Il profilo è molto filante, con il parabrezza molto inclinato e in coda, dominata dalla grande superficie vetrata del lunotto, un evidente richiamo alla stessa Mangusta. L’abitacolo è ampio e slanciato, con voluminoso  tunnel centrale dominato dalla grande leva del cambio. Sotto il cofano della Zonda pulsa un corposo V8 mono-albero della famiglia Cleveland da 5,7 litri. Il destino di questo prototipo dopo la presentazione ufficiale a Ginevra ’71 è ignoto: non ha mai ricevuto il via libera alla produzione, probabilmente per i dubbi della Ford, ed è scomparsa dalla circolazione: forse nascosta, forse venduta.

Fiat Dino Parigi Pininfarina

Fiat Dino Parigi Pininfarina

DINO GINEVRA BERLINETTA SPECIALE PININFARINA 1968. La Ferrari Modulo di Pininfarina del 1970 può considerarsi l’apice dello studio aerodinamico condotto dal designer Paolo Martin, un esito lontano anni luce dalle applicazioni pratiche sviluppate sul tema della Fiat Dino. La sportiva torinese nasce nel 1966 nella versione spider carrozzata dal marchio torinese e nell’autunno 1967 la gamma si allarga alla versione coupé con carrozzeria Bertone e passo leggermente allungato. Nello stesso periodo si avvicendano una serie di prototipi firmati Pininfarina con altrettante interpretazioni dei volumi di coda. Al Salone di Parigi Pininfarina presenta uno ‘Studio di Linea’ su meccanica Dino. È una proposta così estrema in tema di fastback da risultare in pratica una shooting Brake in cui il tetto ‘sollevato’ determina la presenza di due lunotti: uno quasi orizzontale, l’altro in configurazione ‘Breadvan’ come altre creazioni di Ferrari o Maserati proposte qualche anno prima. Al successivo Salone di Torino appare una Dino Berlinetta Speciale caratterizzata da volumi leggermente più ‘morbidi’ rispetto alle linee tese di Bertone. La Dino Parigi mostra lunotto curvo e fianchi posteriori molto sinuosi, così da perdere quell’immediata personalità fastback cui saremo abituati a vedere a fine decade. All’evento di Ginevra del mese di marzo ‘68 gli esiti dello studio stilistico tornano a essere sconcertanti ma decisamente più concreti (si dice che questo prototipo fosse il risultato di una semplice politica aziendale: Pininfarina non aveva grandi novità da proporre al pubblico): abbassando il tetto ed eliminando il lunotto si ottiene una forma fastback senza dubbio coraggiosa ma certamente meno esotica dello Studio di linea di qualche mese prima. La maggiore adesione alla realtà di questa proposta si coglie anche nell’utilizzo di una fanaleria posteriore omologata.

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VOLVO 2000 GTZ. Nel 1965 la Motauto di Bologna, importatore Volvo in Italia, commissiona alla Fissore uno studio su base P1800 con finalità di ‘stuzzicare’ la Casa Madre (le vendite non sono soddisfacenti, nel nostro Paese poiché il motore manca di brio). Ne nasce un coupé spigoloso simile alla Mustang ma che non ha alcun seguito poiché la sede svedese preferisce spingere sui modelli per famiglia (la stessa P1800 vende bene). Ci riprova nel 1969 con una nuova proposta sulla piattaforma della 140. La Volvo 2000 GTZ viene presentata al Salone di Torino del 1969 (sullo stand ci sono anche la Lancia Fulvia Sport e l’Alfa Romeo Junior). È una coupé fastback compatta e leggera nella tradizione del carrozziere milanese. Nella zona anteriore Zagato decide di dividere la calandra in due parti con un listello cromato centrale, idealmente raccordato con il fascione paraurti; questo avvolge i fianchetti come sull’Alfa Romeo Junior 1600. Sul cofano motore la sportività è esaltata dalla grande presa d’aria. Il design complessivo si discosta nettamente dalla coupé del Biscione e acquisisce una personalità differente.
Sulla fiancata una vistosa fascia arancione fa il giro della carrozzeria, verniciata in blu Navy. Il lunotto molto inclinato termina nel piccolo volume della coda che ripropone un motivo a coda tronca, classico di Zagato. Monta un quattro cilindri due litri potenziato grazie a una specifica preparazione del motore. Alla rassegna torinese il concept di Zagato ottiene una visibilità molto buona ma i piani alti di Goteborg non restano pienamente soddisfatti: individuano la soluzione in una ipotetica nuova proposta equipaggiata con un motore più potente. Nascerà, perciò, una seconda Volvo Zagato con propulsore tre litri.

BMW 2002 Ti Frua

BMW 2002 Ti Frua

BMW 2002 TI COUPÉ FRUA. La storia di questo coupé Fastback di fattura italo-teutonica prende le mosse dal progetto della Monteverdi 2000 GT, un’alternativa più accessibile rispetto alla possente e opulenta High Speed con motore americano Chrysler da oltre sette litri. Il costruttore di Basilea realizza questo prototipo con l’obbiettivo di presentarlo ufficialmente al Salone di Ginevra 1968. Il programma, tuttavia, va incontro a una brusca frenata ma manca una versione ufficiale: secondo alcune fonti il prototipo si danneggia gravemente nel viaggio tra Torino e il lago Lemano. Secondo altre nell’imminenza della presentazione la collaborazione tra Frua e il marchio svizzero si interrompe bruscamente. Secondo una terza versione BMW non appoggia l’idea e, anzi, si rifiuta di concedere supporto ed un endorsement al progetto (sarcasticamente ribattezzato ‘Volks-Monteverdi’) poiché vede la Monteverdi 2 litri come un pericoloso competitor. Nell’autunno ’68 Frua la espone al Salone di Parigi e le fa ‘indossare’ loghi BMW. Il motore 4 cilindri due litri eroga 130 cv e la spinge a 210 km/h. Oggi la Monteverdi 2000 GT è esposta al Museo ufficiale dell’azienda a Binningen.

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