Subaru Legacy RS Turbo: la genesi di un mito

Ci fu un tempo in cui le sigle WRX e STI non erano ancora erano sulla bocca di tutti; ma in quel tempo, una semplice berlina giapponese, stava cominciando a muovere i primi passi. Passi che sarebbero diventati mito. Se oggi Subaru è considerato un marchio di nicchia, negli Anni ’80 questa nicchia lo era ancora di più. Dopo la Leone serviva un modello che fosse altamente tecnologico, ma allo stesso tempo solido e robusto, come da tradizione, e d’animo sportivo.

LA SCELTA NON MANCA. Una serie di variabili da mandare al manicomio, ma non i giapponesi delle Pleiadi. Così, sul finire di quel decennio, arriva la Legacy sia in versione berlina sia station wagon. Di quest’ultima ce ne furono varianti a ‘tetto alto’ e ‘tetto basso’, ma non tutti i modelli vennero commercializzati nei vari mercati di riferimento. Il tipo di motorizzazioni disponibili era tale da soddisfare la clientela dell’epoca, ma per arrivare alla versione RS Turbo. Serve tempo, quello per un aneddoto.

STRESS TEST EPICO. È cosa nota che i giapponesi amino mostrare il proprio valore esibendosi in imprese titaniche. Così, nel 1989, una neonata STi, il reparto designato di elaborare i modelli Subaru e di gestire l’attività sportiva, portò in Arizona quattro Legacy RS Turbo, opportunamente irrobustite, per un test di durata insolito. Lungo un’ovale nei pressi di Phoenix, in mezzo al deserto, le quattro giapponesi macinarono interrottamente chilometri (oppure miglia per essere geograficamente allineati) per 18 giorni consecutivi senza sosta. Alla fine di questa prova di durata certificata dalla FIA, le Legacy avevano percorso oltre 60mila miglia (più di 96.000 km) alla velocità media di 138,78 miglia orarie (poco più di 223 km/h). Ecco, in sintesi, come si arrivò al debuttò della Legacy stradale più sportiva, la RS Type RA.

ACCESSORI CHE CONTANO. Una variante in tiratura limitata, che riproponeva su strada – e quindi nella guida di tutti i giorni – molte delle modifiche impiegate sui modelli del test in Arizona; non mancava la mitica presa d’aria sul cofano anteriore perché, queste RS Type RA, montavano la versione sovralimentata dell’unità EJ20. Quella boxer, quella in cui i pistoni si prendono ‘a pugni’ per manifestare le prestazioni del motore, capace nello specifico di 220 cavalli di potenza. Sulle portiere era riportata la dicitura Handcrafted tuning by STi. La vettura era equipaggiata con un cambio manuale a cinque marce, aveva un giunto centrale viscoso e sull’asse posteriore montava un differenziale di tipo LSD. C’era l’abs, il volante Momo e i cerchi in lega erano da 15 pollici. I giochi erano fatti: era il momento giusto di scendere in pista, pardon in strada.

ANTE-IMPREZA. Dopo la Legacy RS Type RA, limitata nella produzione a 100 unità (tutte rigorosamente bianche), arrivarono le GT e RS Type R. La prima era leggermente depotenziata (200 cv), la seconda faceva da base all’auto che avrebbe affrontato rally. Una specialità che dalla Legacy in avanti cominciò a accendere i riflettori sul brand nipponico. A credere nel progetto fu la Prodrive di David Richards che, dopo l’esperienza con Bmw, intravide nella berlina giapponese il potenziale per la vittoria. Così le prime Legacy da Rally erano elaborate dal team britannico. O più precisamente: il gruppo di lavoro di STi costruì le sue auto in Giappone, mentre la Prodrive le preparò in Inghilterra per gli eventi europei. Nel 1990 inizio l’avventura nel mondiale. Nel 1991 il leggendario Colin McRae salì a bordo della Legacy al RAC Rally. Vinse il campionato britannico e divenne pilota ufficiale Subaru, portando al successo l’auto in una sola gara del WRC, il Rally della Nuova Zelanda del 1993. L’unica vittoria mondiale per la Legacy. Poco importa, era giunto il momento della Impreza.