Tutti pazzi della Lancia Aurelia
L’ultima Lancia di Lancia, l’Aurelia nasce come berlina di lusso (deve sostituire la mitica Aprilia), ma poi diventa una cabrio da grande schermo (Il sorpasso) e una coupé per gentleman e driver (come il principe di Monaco e Mike Hawthorn). Arriva nel 1950, in pieno boom e sopravvive al terremoto finanziario che vede uscire di scena Gianni dalla sua Lancia e entrare i Pesenti di Bergamo. In otto anni di produzione, diventa il sogno proibito di molti. Come di questo signore, che scrive direttamente all’ingegner De Virgilio (il papà dell’Aurelia), “in data 18 giugno, scrissi all’Ing. Gianni Lancia esprimendo il mio vivo desiderio di venire in possesso di una Aurelia Gran Turismo con guida a sinistra… mi spiace di apprendere la di Lei conferma della impossibilità da parte della Sua Casa di accogliere questo mio desiderio…”. Signore pacato, ma deciso, a tal punto che nella lettera dice anche che era quasi tentato di comprarne due, una con guida a destra e l’altra a sinistra, per cavarne fuori quella giusta. Distinti saluti, Modena, 1952, firmato Enzo Ferrari. Già, proprio lui.
Immagine: RM Sotheby’s
Il segreto dell’Aurelia? Che era una vera Lancia, classe da vendere e piacere di guida da condividere con famiglie, amanti. E il pubblico (se eri un pilota). La clientela tipo andava dal pianista prodigio Benedetti Michelangeli a Brigitte Bardot (entrambi con la B24, la spider), per non parlare dei campionissimi Fangio, Bonetto, Castellotti e… Coppi. Pure lui. Per non parlare dell’immancabile americano, che volava in Italia ufficialmente per andare a trovare gli amici di Udine, ma in realtà andava a prendersi la loro ‘bella Lancia’, come la chiamava lui, per vedere la corrida: in Spagna. Hai indovinato, è Ernest Hemingway. L’Aurelia è un mito che, a 70 anni di distanza, non si è minimamente sbiadito. A tal punto che pure uno rock come il Duca di Richmond, fa l’apripista alle gare più giuste di Goodwood a bordo della sua B20 nera.
