Sulle strade di San Francisco. Ma in Vespa

Dai, facciamo un test. Roba facile. Intanto ti do qualche indizio. Primo: la compri nei grandi magazzini, ma non è una lavatrice. Secondo: la guidava pure la polizia di New York. Ultimo: Oltreoceano la aggiustano quelli che di solito si occupano di motoseghe. Ah, ovviamente ha due ruote, un motore due tempi e un vitino da… Vespa. Già, proprio lei (e sì, è proprio vero che negli anni d’oro in USA la vendevano addirittura nei mall, angolo outdoor. La davano col pieno. Ma finita la miscela, l’americano che ragiona a V8, metteva dentro benzina pura. E grippava. “Oggi si trovano ancora Vespe inchiodate dopo le prime 200 miglia. E mi viene sempre da ridere”, mi racconta Joe, il mio meccanico di SF).

PIÙ SCOOTER PER TUTTI. E allora? Dirai tu, che magari ne hai una parcheggiata sotto casa (quattro tempi e monomarcia). Allora questa è l’America. Non il Testaccio, o i Navigli, bello mio. Certo gli hipster che vedi nelle foto sembrano sempre gli stessi esuberanti che girano anche da noi, ma se guardi meglio, capisci che invece è San Francisco con le sue belle strade rubate agli inseguimenti polizieschi. E tutto questo perché una volta all’anno, quei saliscendi mozzafiato vengono letteralmente presi d’assalto da quest’invasione pacifica di harleysti mancati, che sfoggiano scooter addobbati da chili di cromo e quintali di fanali. Per non parlare dell’abuso dell’aerografo. Ma com’è possibile che questi mezzi nati per scorrazzare sulla costiera amalfitana o nei tortuosi centri storici nostrani siano finiti quaggiù, in pieno Far West? Bella domanda.

STORIA DI UNA MODA A DUE RUOTE. Ti ricordi la guerra che ti raccontava tuo nonno? Che poi sono arrivati gli americani con la Coca Cola, le sigarette e il cioccolato? Ecco, ognuno impesta il mondo come può. E quando c’è stata la guerra fredda e gli americani che avevano appena lasciato un’Italia distrutta vengono rispediti nel Bel Paese della Dolce Vita non capiscono più niente. È gente che viene dal ridente Kansas (nome di fantasia), caro mio, e che quando è costretta a tornarci, in quel Kansas lì, è ovvio che caccia nei container più Italia che può: vetri di Murano, ceramiche di Capodimonte e, soprattutto, lei. La Vespa. Faro basso, faro alto, freni a bacchetta. Tutto dentro. Scoprendo solo poi che al caldo di Sorrento una passeggiata in sella è tutta un’altra cosa rispetto al vento ghiacciato di Detroit. O su una strada qualsiasi nel bel mezzo del deserto del Nevada. Ecco perché quella che sembrava una moda pret-a-partire, be’, si è infranta contro lo scoglio dell’inutilità. E così, oltre che per i noti problemi di miscelazione di cui sopra, gli scooter sono stati pressoché dimenticati in garage.

ARRIVANO GLI HIPSTER. Almeno fino a quando, sulle coste americane cominciano a fiorire gli hipsters di cui sai già tutto. Circondati come sono da città a misura di scooter, il barbuto modaiolo realizza che al suo guardaroba manca qualcosa che Uber non può rimpiazzare. E si fa una Vespa (o una Lambretta). E così, gente che aborre le Harley, trasforma le due ruotine italiane in alberi di Natale al cromo, tutto luci e addobbi. Ma a San Francisco, la comunità di vespaioli è più forte che nell’est. Perché qui si affacciano sull’Asia, gente cresciuta a teriyaki e bajaj, che è più sensibile a questo ritorno di fiamma che a questo punto è solo un Amarcord. Cosa succede nei raduni, lo vedi da te, ma quello che non senti sono le sfollate, le sfrizionate e, soprattutto, le scalate di gente abituata a cinquemila V8 che si aspetta di poter contare sui cavalli appena fuori dalla curva. O all’imbocco di una salita. Ma l’hipster mi è sportivo: scende e spinge. E vedi Vespe portate a passeggio come cagnolini. Cosa non si fa per seguire la moda…